Recensione: Revelation

Di Fabio Vellata - 20 Agosto 2017 - 0:01
Revelation
Band: Wraith
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2017
Nazione:
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80

Rovistando tra le uscite minori, può spesso capitare d’imbattersi in qualche piccola sorpresa nascosta. Un album che colpisce in modo inaspettato. Una release che si prende in considerazione quale distratto riempitivo e poi si rivela essere, invece, migliore di molte novità di maggior richiamo.

Che poi, “uscita minore” si fa per dire. 
Soprattutto quando entra in gioco il nome di una band che ha alle spalle quasi trent’anni di carriera ed un dignitoso curriculum, costruito su esordi di buon spessore ed un percorso speso con ragionevole coerenza a cavallo tra suggestioni hard rock-sleaze ed irruenza heavy. 
Seppure privo di una schiera particolarmente nutrita di pubblicazioni.

Sarà forse l’essere originari del Regno Unito piuttosto che del colorato Sunset Boulevard, sarà a causa delle solite sfighe che accompagnano il cammino di molti gruppi nell’arco degli anni con annessi cambi di line up, fatto sta che i Wraith non hanno praticamente mai ottenuto il successo di ampio respiro che magari si sarebbero augurati.
A dirla tutta, c’è da nutrire qualche serio dubbio sul fatto che questa consacrazione possa arrivare proprio ora, nel bel mezzo di un’epoca che – musicalmente come in tanti altri ambiti – fagocita tutto quanto alla velocità della luce e lo risputa fuori senza nemmeno averne gustato più di tanto i sapori e le sfumature.
Tant’è, se la pazienza per qualcuno ha ancora un minimo di valore, non sarà assolutamente spiacevole dedicare un po’ di tempo alla ricerca di questa nuova uscita del gruppo britannico. “Revelation”, infatti, è come suggerisce il titolo, una interessante rivelazione che si nutre di chitarrone tonanti e ritmi serrati, con una voce abrasiva e qualche spunto melodico che ne amplifica la potenza.
In pratica, il manuale ”modernizzato” dell’hard n’heavy tradizionale, rispolverato ad una decina d’anni di distanza dal precedente “Evolution” dal leader ed unico membro originario del gruppo, il chitarrista Gregg Russell.

Assecondato dall’ugola selvaggia dello sconosciuto Ryan Coggin (una bella sorpresa) e da una formazione ancora una volta rinnovata, “Revelation” rischia seriamente di essere il disco migliore prodotto dai Wraith in tanti anni di militanza.
Per motivi facili da identificare: una qualità dei suoni eccellente (come potrebbe essere altrimenti, quando ad occuparsene sono due vecchi marpioni come Neil Kernon ed Andy Sneap) ed un songwriting ricco, “gustoso” e con numerose buone idee. Ma soprattutto grazie ad alcuni brani che centrano davvero l’obiettivo, mettendo in fila la tetragona ruvidità dell’heavy metal americano dei Metal Church, con l’assalto melodico e selvaggio dei Tigertailz (non a caso band di cui Russell ha fatto parte).

Un mix che produce pezzi ad effetto come le scalcianti “Lifeline” e “Under The Hammer” (scritta con Pete Way degli UFO), basate su chitarre robustissime e sprazzi di melodia accattivanti, o come la ballad “Leaving Me Again”, frammento ottantiano che sembra uscire da un disco dei Ratt o dei Silent Rage.
E ancora, la feroce distorsione di “Invasion” (che un po’ ci ha ricordato la celebre “Kickstart My Heart” dei Crüe), e la velocità di “Humanhater”, ennesimo episodio di violentissimo hard rock con un ritornello straripante ed un lavoro alla sei corde degno del miglior US Metal d’annata.

Il pezzo più riuscito tuttavia, è paradossalmente anche quello che dovrebbe essere un puro filler, utilizzato per rimpolpare la scaletta
L’eccellente bonus “Hunted” ha, in effetti, davvero tutto per essere definita una killer track: un autentico muro di chitarre, suonate con un tiro mostruoso, ed un coro, improvviso e letale, in pieno stile hard rock. La perfetta sintesi del connubio tra US Metal e Sleaze Rock che alimenta, pulsa ed innerva l’intero disco.

Non sappiamo quanto pubblico ci sia ancora per i Wraith, band ormai divenuta molto underground e letteralmente sconosciuta ai più. La concretezza ad ogni modo, ci parla di un gruppo dalle doti di primissima fascia e di un album che non potrà non sorprendere in positivo chiunque volesse mettersi al suo ascolto.

“Capolavoro”, “pietra miliare”, “roba da leggenda”, “musica che segnerà la storia”… macché, lasciamo perdere definizioni sdilinquite e sbrodolanti.
Tantissima sostanza, un tiro micidiale ed un bel po’ di canzoni che soddisfano la voglia di hard metal roboante e cazzuto…

Ecco, quello sì!

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