Recensione: Riflessioni: Idea D’Infinito

Di La Fenice - 17 Ottobre 2007 - 0:00
Riflessioni: Idea D’Infinito
Band: Dalton
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1973
Nazione:
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80

“E pensare che siamo nati
per fare cose più grandi…”

Questa strofa, estratta da “Dimensione lavoro” – ultima traccia dell’album dei Dalton “Riflessioni: Idead’infinito” – ben riflette le aspirazioni che animano le composizione artistiche ed intellettuali del Progressive italiano ed internazionale degli anni Settanta, aspirazioni che nascono dal bisogno di dare un senso alle lotte per i diritti dei lavoratori che fanno da sfondo al decennio. 1973: anno ricco di contraddizioni, che sui giornali vede apparire titoli apparentemente stridenti, che vanno dalle cronache italiane della storica epidemia di colera di Napoli, alla notizia di ampio respiro e valore scientifico dell’invio di quattro sonde su Marte, fino ad arrivare alle conseguenze geopolitiche provocate dalla fine della guerra del Vietnam.

E’ in questa atmosfera che i Dalton, gruppo lombardo nato alla fine degli anni sessanta da un’idea di quattro ragazzi brianzoli – Mimmo Saponaro (voce, basso) Rolando Belli (chitarra, voce), Lino Cornali (organo) e Angiolino Bergamini (batteria), vedono sbocciare il loro progetto, che da’ i suoi primi frutti nella pubblicazione di quattro singoli: “Monia” (’67) –“Era qui” (’68) – “ Da cinque anni” e “Venus” (’69).
Tra i componenti storici fondatori della band figura anche il polistrumentista Mauro Pagani (flauto, violino), che i piu’ ricorderanno come una delle colonne portanti della Premiata Forneria Marconi. Lasciato il gruppo nel ’70, i suoi membri si riorganizzano nei due anni successivi dando vita ad una nuova formazione, che si lascia alle spalle l’iniziale matrice pop-beat, per dilettarsi nella sperimentazione delle possibilita’ espressive offerte dal genere Progressive, con un occhio di riguardo alle sonorita’ innovative dei Jethro Tull e dei Gentle Giants (ampio utilizzo di sintetizzatori quali Moog e Mellotron; di tastiere elettroniche; organi hammond, e la riscoperta di tutta la gamma degli strumenti della cultura folk) . E’ il tastierista Temi Reduzzi a tenere le fila del gruppo e lanciare la nuova formazione – che vede i suoi membri provenienti in gran parte dalle fila del gruppo Pop italiano dei Puritani: Aronne Cereda alla chitarra, Alex Chiesa al flauto traverso, Rino Limonta al basso e Walter “Tati” Locatelli alla batteria. Il quintetto consacra il nuovo sodalizio con l’uscita nel 1973 dell’album “Riflessioni: Idea d’Infinito”, il primo LP della produzione storica dei Dalton, con il quale si conquisteranno la targa d’oro al Festival della Musica Pop di Zurigo.

Il gruppo, che produsse nel ’74 il lavoro “Argitari”, si sciolse poi nel 1977. E’ stato il recente lavorio di ritessitura del chitarrista Aronne Cereda ad alzare di nuovo il velo che li aveva eclissati alla vista del pubblico per quasi trent’anni, riportando sulle scene lombarde il nucleo originario del progetto “Idea d’Infinito”, con il contributo straordinario di Giancarlo Brambilla, tastierista del gruppo nel 75′.

L’album – disponibile anche in versione papersleeve cartonata a doppia anta e in vinile – è stato stampato dall’ etichetta VM 2000 Records, nata dalle ceneri della storica Vinyl Magic (etichetta attiva a Milano nei primi anni Novanta) per mezzo del distributore indipendente BTF, specializzato in musica progressive-rock.

Ma ora mettiamo la logica a tacere e diamo spazio alla voce della Musica, traccia per traccia:

IDEA D’ INFINITO
La prima sensazione che percepiamo ascoltando questo brano d’apertura, ci giunge dalle note molleggiate del Mellotron di Temistocle Reduzzi, seguita dalle melodie ipnotiche del flauto traverso di Alex Chiesa, che plasma l’aria di risvolti onirici, legati in maniera alchemica alle parole del testo:

La luna riflessa
in fondo allo stagno..
Nel silenzio un pezzo d’uomo
in fondo alla strada..

L’odore dell’alba
un’idea d’infinito….

La bravura del flautista emerge con tutta la forza da questo pezzo, evocandoci assonanze con le atmosfere delle ballad insuperabili di Ian Anderson del periodo fecondo di Boarée ed Aqualong: notevole!

STAGIONE CHE MUORE
E’una canzone legata ai problemi delle battaglie ecologiste contro l’inquinamento provocato dalla rivoluzione industriale e tecnologica che affligge l’uomo contemporaneo, sottraendolo ad un rapporto vitale con Madre Natura. E sono proprio gli strumenti a dare voce alle due anime contrapposte che convivono nel brano: un duello tra la il suono ruvido ed incalzante della batteria (che incarna il senso di oppressione delle architetture di cemento) e le forze della Natura, ricreate con le note leggere come farfalle del flauto di Alex:

Grattacieli bianchi e grigi
hanno chiuso la mia città.

Dove sono le farfalle?
Non me lo ricordo più.
Sono almeno dieci anni
che non ce ne sono più

CARA EMILY
Una serie di morbidi e melanconici arpeggi di chitarra acustica intrecciati alle note sinfoniche delle tastiere elettroniche ci traghettano sulle sponde di questa poetica ballad, dove la batteria si riduce a sottofondo impalpabile come le nuvole del cielo che sottraggono l’amata al protagonista della storia, la cui anima è rimasta prigioniera del fiume nel quale si immergevano da bambini. Ma lasciamo che sia il testo a trasmetterci le sue suggestioni e risuonarci dentro con potenza:

Ma la mia Anima non c’era
camminava insieme a te..

ti sei offerta all’ Infinito..
cara Emily, perché,
preferivi il Cielo a me?

E ti ricordi di noi due bambini
e quella corsa lungo il fiume..
In quale fiore, in quale onda
ti troverò?

RIFLESSIONI
“Riflessioni” riveste il ruolo di benefica pausa strumentale all’interno del disco, dando respiro all’intero lavoro. Nel brano sono le percussioni le indiscusse protagoniste, passando dai suoni cristallini e vibranti del Triangolo ad effetti che ricordano i Gong giapponesi, per sfumare infine in coinvolgenti assoli di basso che rendono intrigante e godibile l’atmosfera.

UN BAMBINO, UN UOMO, UN VECCHIO
La canzone, dal ritmo cadenzato e volutamente ripetitivo scandito dall’ alternarsi di colpi di batteria ed accordi di organo hammond, ripercorre la parabola della vita dell’uomo con la lente d’ingradimento delle lotte operaie dell’epoca, con un testo che ci colpisce con la forza di una secchiata d’acqua che risveglia bruscamente da un sogno: “lottare, faticare, per quattro mosche in mano ..”. E’ il “lato oscuro” degli anni settanta, l’altra faccia della medaglia, il cui lato luminoso è rappresentato dal grande spazio che riveste la Fantasia e la ricerca dei valori epici della Mitologia che anima la produzione creativa del Progressive.

DIMENSIONE LAVORO / IDEA D’INFINITO (versione live)
L’album si conclude con due registrazioni tratte da un’esibizione live della band, con tanto di voce fuori campo del vocalist che presenta la prima traccia dell’ LP, regalandoci cosi’ per i dodici minuti dell’esecuzione la sensazione di essere catapultati per un momento nella magica atmosfera della stagione musicale degli anni ’70: un momento da gustare a pieno, concedendosi per un attimo il piacere di sognare ad occhi aperti…

A mio parere questo è un album da ricercare per arricchire le collezioni degli appassionati del Progressive di matrice tutta italiana, che amano riscoprire progetti di nicchia dall’alto valore strumentale.

Tracklist:

1) Idea d’Infinito (4.46)
2) Stagione che muore (4.20)
3) Cara Emily (4.55)
4) Riflessioni (3.59)
5) Un bambino, un uomo, un vecchio (3.33)
6) Dimensione lavoro / Idea d’infinito – LIVE (12.29)

Line Up:
Temistocle Reduzzi: PIano, Organo Hammond, Mellotron, Moog, Synth, Vocals
Aronne Cereda: Chitarra acustica a 6 e 12 corde, Chitarra elettrica, Vocals
Rino Limonta: Basso, Vocals
Tati locatelli: Batteria, Vocals
Alex Chiesa: Flauto traverso, Vocals

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