Recensione: Rising in the East [Dvd]

Di Alessandro Zaccarini - 27 Gennaio 2006 - 0:00
Rising in the East [Dvd]
Band: Judas Priest
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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75

A distanza di tre anni dal mediocre ‘Live in London’ e due dal sublime ‘Electric Eye’ (al confronto del quale il live della capitale inglese sembra la prestazione di una cover band) i Judas Priest tornano a pubblicare un Dvd.

Quando si parla dei Judas Priest, ovvero del più grande gruppo della storia del metal, si tira in ballo un patrimonio immenso di valori musicali e non. Una grandezza passata inconfutabile, fatta di cavalcate pionieristiche essenziali, ma anche un presente che comincia a fare i conti con l’inesorabile passare delle primavere. Se Tipton appare in una forma diabolicamente esaltante e il buon Downing sembra accusare gli anni soltanto esteticamente, il tempo scalfisce senza pietà l’ugola di Rob Halford – e qui ci sarebbe da rammaricarsi non poco per i dodici anni buttati alle ortiche con lo split tra la band e il singer – costretto a cambiare non poche linee vocali fin dall’inossidabile accoppiata iniziale Electric Eye / Metal Gods, per poi a cedere visibilmente in alcuni preziosi, inestimabili momenti dello show nipponico come The Ripper o Exciter.

Diciamocelo chiaramente, meglio un Halford arrancante che un qualsiasi altro comune mortale, che si chiami Tim Owens o meno. Quel posto appartiene a lui e a lui soltanto, e nonostante una forma vocale che lentamente scema verso l’inesorabile declino, è sempre un piacere rivedere l’unico vero cantante dei Judas Priest mimare l’avanzata meccanica dei Metal Gods o entrare a bordo di un Harley Davidson nell’ormai immancabile siparietto di Hell Bent for Leather. Chi tiene banco senza alcun tipo di problema è, oltre alla coppia di asce, la sezione ritmica. Ian Hill è perennemente alle prese con il solito caratteristico movimento, in una presenza quasi artistica; Scott Travis è impeccabile dietro le pelli ma sempre emotivamente assente, incapace di esaltarsi nemmeno sulle scorribande di Exciter o quando i fari si puntano su di lui per l’intro di Painkiller. Insomma, come sempre, sono gli altri tre a dettare legge.

Forti anche di questi presupposti, non si può soprassedere alla mancanza di un qualsivoglia estratto di ‘Defenders of the Faith’: uno degli album più fondamentali di sempre, probabilmente il più eclettico e qualitativamente devastante che il combo di Birmingham abbia mai partorito. Se poi, tra i classicissimi vittime di questa tracklist, annotiamo The Green Manalishi, Sinner e Heading Out to the Highway, i presupposti non si fanno di certo entusiasmanti. Il rammarico viene almeno in parte spazzato via da un paio di brani non esattamente ordinari come l’impagabile Exciter e una Riding in the Wind in cui Downing e Tipton si passano l’assolo alla loro inimitabile maniera. Brani di cui non si può non sottolineare la presenza e che probabilmente sono il maggior punto di forza di questo live multimediale.

Da ‘Sin After Sin’ arriva l’ormai immancabile Diamonds and Rust, celebre cover semi-acustica del pezzo di Joan Baez; mentre ‘Point of Entry’ getta nella mischia una mezza sorpresa chiamata Hot Rockin’. Al solito, ‘Turbo’ manda come ambasciatore Turbo Lover, mentre ‘British Steel’ offre alla causa il rodato trittico Metal Gods / Living After Midnight / Breaking the Law, sul quale intro si forma l’usuale groviglio di braccia, con i quattro della front-line a suonarsi gli strumenti a vicenda. A ‘Screaming for Vengeance’ sono affidati genesi ed epilogo, ovviamente attraverso Electric Eye e You’ve got another Thing Comin’, i quali si vanno aggiungere alla già citata sorpresa Riding in the Wind.

Dal nuovo ‘Angel of Retribution’ la band pesca due brani assolutamente convincenti, ovvero Deal with the Devil e Hellrider, e purtroppo un paio che invece subiscono e non poco l’impatto con i cugini d’annata: Worth Fighting For e Revolution. A metà di questi due poli si piazza una più che discreta Judas Rising.

Per concludere la panoramica, ci sono The Ripper e Victim of Changes dall’ormai trentenne ‘Sad Wings of Destiny’, Beyond the Realms of Death e la graditissima Exciter da ‘Stained Class’, I’m a Rocker da ‘Ram it Down’ e la solita coppia Painkiller / A Touch of Evil dal platter del 1991 (ma una bella Hell Patrol ogni tanto, giusto per rompere la monotonia?).

The Priest is Back, non ci sono dubbi, ma come? Sicuramente in maniera abbastanza altalenante, non assolutamente nella forma impeccabile a cui Downing e soci ci hanno più volte abituato. È già stato giustamente sottolineato come la band si trovi ormai abbondantemente negli –anta, ma questo non può pesare più di tanto sul giudizio di un prodotto che – almeno a mio avviso – non raggiunge nessuna vetta degna del monicker che porta. Concerto piacevole, senza alcun dubbio ben oltre quanto il 95% delle band possa anche soltanto permettersi di immaginare, ma c’è sempre da soppesare la totale assenza di contenuti extra, un gioco di luci non sempre adatto alle riprese, un pubblico giapponese troppo mansueto e soprattutto quel nome sulla copertina che amplifica all’ennesima potenza ogni cosa, buona o brutta che sia, e dal quale è ovviamente più che lecito (se non doveroso) attendersi qualcosa di più.

I fan sfegatati non se lo faranno scappare, questo è certo. Gli altri valutino molto bene l’acquisto, specialmente se nella loro videoteca manca una prova trascendentale come quella racchiusa in ‘Electric Eye’. Qui ci sono i Judas Priest, vero, ma non sono i Judas Priest che guardano tutti dall’alto in basso, seduti meritatamente sul loro trono di metallo. Quelli sono altrove…

Tracklist:
01. The Hellion / Electric Eye
02. Metal Gods
03. Riding on the Wind
04. The Ripper
05. A Touch of Evil
06. Judas Rising
07. Revolution
08. Hot Rockin’
09. Breaking the Law
10. I’m a Rocker
11. Diamonds and Rust
12. Worth Fighting For
13. Deal with the Devil
14. Beyond the Realms of Death
15. Turbo Lover
16. Hellrider
17. Victim of Changes
18. Exciter
19. Painkiller
20. Hell Bent for Leather 
21. Living after Midnight
22. You’ve got another Thing Comin’

Durata totale: 01:59:55

 

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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