Recensione: Rock n’Roll Machine

Di Federico Reale - 6 Marzo 2011 - 0:00
Rock n’Roll Machine
Band: Triumph
Etichetta:
Genere:
Anno: 1977
Nazione:
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85

Dopo un breve tour a supporto dell’ottimo esordio omonimo, i Triumph entrano in studio nel 1977 per registrare il secondo disco. Il risultato è “Rock’n’Roll Machine”, l’album che apre al gruppo le porte del successo internazionale.
La band lascia in parte il sound violento ed esplosivo del debutto a favore di uno stile più maturo e personale, ulteriormente raffinato nel successivo “Just A Game”, edito nel 1979.

Il platter è aperto dall’Hard Rock potente di “Takes Time”, cantata dal drummer Gil Moore, come ogni altra opening track confezionata del trio canadese. Già da questa traccia si percepisce il parziale abbandono della componente più classicamente Rock’n’Roll (che caratterizzava fortemente il primo capitolo), ripresa poi in “Progressions Of Power” del 1980, per essere definitivamente accantonata in seguito.
“Bringing It On Home” e specialmente “Little Texas Shaker”, sono fortemente influenzate dai Led Zeppelin più bluesy-oriented di fine anni ’60, mentre “New York City Streets”, composto da due parti, mette in mostra le due facce dei Triumph: quella più raffinata e delicata nel primo frammento (in alcuni tratti si riscontrano addirittura influenze Jazz), quella più classicamente Hard Rock nel secondo.

“The City”, che apre il secondo lato di questo ottimo “Rock & Roll Machine” rappresenta l’anima Progressive Rock della band. Diviso in tre capitoli, è un brano estremamente complesso: il primo movimento, “War March”, è una delle composizioni più potenti e furiose scritte dal gruppo in circa 20 anni di carriera. “El Duende Agonizante” è un intricatissimo assolo di chitarra classica (ce ne sarà uno in ogni disco dei Triumph), il cui tema verrà in parte ripreso da “Embrujo”, canzone contenuta in “The Sport Of Kings” (1986), mentre la terza ed ultima sezione “Minstrel’s Lament”, mette in mostra le doti di Rik Emmett anche come cantante, qui protagonista di una prova da applausi. Decisamente uno dei migliori brani dei Triumph questa “The City”, traccia destinata a divenire uno degli ultimi esperimenti in campo Progressive del combo canadese.

Il Blues elettrico e distorto di “Rocky Mountain Way” rappresenta uno dei più grandi successi del gruppo, mentre la chiusura è affidata ad un pezzo storico, un classico della band che verrà sempre riproposto fedelmente dal vivo: ovvero la monumentale “Rock & Roll Machine”. Potente, veloce, incalzante, la song in questione contiene uno dei migliori assolo della storia del Rock, lungo circa tre minuti, durante i quali Emmett si prodiga in esperimenti funambolici con la sua chitarra.

“Rock’n’Roll Machine” rappresenta il primo lavoro di altissima qualità (la parola capolavoro risulta un po’ azzardata, nonostante questo disco ci si avvicini non di poco) dei Triumph, che, come già detto in precedenza, dopo quest’album iniziarono a godere di un buon successo in tutto il mondo, consolidato poi dal grandioso “Just A Game” uscito due anni dopo.

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Tracklist:

01. Takes Time
02. Bringing It On Home
03. Little Texas Shaker
04. New York City Streets Pt. I
05. New York City Streets Pt. II
06. The City:
     – War March
     – El Duende Agonizante
     – Minstrel’s Lament
07. Rocky Mountain Way
08. Rock & Roll Machine

Line-up:

Rik Emmett – Chitarra / Voce
Gil Moore – Batteria / Voce
Mike Levine – Basso / Cori
 

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