Recensione: Rock ‘n’ Roll Up Your Ass

Di Andrea Bacigalupo - 10 Ottobre 2019 - 22:36
Rock ‘n’ Roll Up Your Ass
Band: Mean Machine
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2019
Nazione:
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60

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Un trio travolgente, irruente e grezzo la cui musica è un misto del Rock ‘n’ Roll più pazzo, tirato allo sfinimento, e del punk più irriverente. Sono …. No, non sono i Motorhead, ma gli spagnoli Mean Machine, giunti al loro terzo album dallo schietto titolo ‘Rock ‘n’ Roll Up Your Ass’, disponibile via Lengua Armada dal 23 febbraio 2019.

Un album al limite del plagio, con le anime di Lemmy, Fast Eddie, Wurzel e Phil che sprizzano fuori dagli amplificatori della band. Un attitudine da Rockers di strada, ribelli e selvaggi, con quel tanto di sporco Speed/Thrash alla Exciter nel sangue per aumentare il tasso adrenalico, questi sono i Mean Machine … e basta.

Niente originalità, niente strutture complesse (anche se si sente che sanno suonare) ma solo un ruvido Rock ‘n’ Roll che ricopia, con minime variazioni giusto perché all’epoca il Thrash doveva ancora essere inventato, il lavoro iniziato nel 1975 dai già citati Motorhead.

Solo la voce non è rauca come quella di Lemmy, pur se abrasiva e caustica.

Per il resto è praticamente tutto uguale: l’attacco di basso in alcune tracce (la Title Track, ‘Speed Patrol’, ‘Maniac’)  le schitarrate sfrenate alla ‘Ace of Spades’  che seguono le melodie (‘Nitrobitch’, ‘Right Between The Eyes’, ‘Powder’, ‘Hell of a Crossfire’ …), i riff, lo stile degli assoli, i cori anthemici, l’andamento della sezione ritmica… Ci sono stati periodi in cui i Motorhead sono stati meno Motorhead dei Mean Machine.

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Niente intro o brani lenti, niente mid tempo o pause di qualsiasi tipo; solo brani tirati a stecca, eccetto ‘Steamroll the Hammer’ inserita poco dopo la metà del platter, lievemente più lenta ma comunque potente, un album diretto, senza fronzoli, di quelli che, se lo ascolti in macchina, ti ritrovi ad andare a cento all’ora dove il minimo è di trenta e non ti schianti alla prima curva solo perché è la strada di casa (o per il tuo pub preferito) e la conosci a memoria.

Di più non c’è da dire, se non che, per quanto duri solo poco più di trentacinque minuti, l’album è comunque troppo lungo, dopo un po’ quasi annoia, essendo i brani un po’ tutti simili, senza nessuno che spicchi veramente, a parte l’ultima ‘Don’t Mess Around with the Girls’, non perché sia diversa dal resto, ma perché è cantata da Alba Kerry, brava singer della Prog-Heavy Metal Band spagnola Dr.x, che, in questa performance, dà una buona prova della versatilità della propria voce, melodica con il suo gruppo, ma grezza ed al vetriolo per adattarsi al tiro punk dei Mean Machine, tanto da far tornare in mente un’altra artista che ha avuto a che fare con Lemmy: la compianta Wendy O. Williams.

Un paio di brani in meno, a scelta dal secondo all’undicesimo, lo avrebbero reso, a mio parere, più scorrevole. I paragoni prendono troppo il sopravvento, dopo un po’, per quanto si possa pensare che si stia ascoltando un tributo, uno passa ad ‘Overkill’ od a ‘Bomber’ (giusto per citarne un paio), perché gli originali sono sempre i migliori e perché il groppo della nostalgia è ormai salito alla gola.

Sicuramente i Mean Machine, ripeto, sanno suonare e con ‘Rock ‘n’ Roll Up Your Ass’ riescono pure a far divertire, questo grazie anche ad una produzione che ne ha esaltato il sound ‘sporco’ ma moderno.

Però ricalcare così spudoratamente un gruppo storico e basilare non so quanto giovi alla loro carriera. Sarebbe meglio un po’ di autenticità, anche perché i numeri ci sono.

Sufficienza comunque raggiunta, anche se beccati a copiare.

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