Recensione: Rock & Roll Is Alive

Di Eric Nicodemo - 4 Settembre 2013 - 0:01
Rock & Roll Is Alive
Band: The Jokers
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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65

Che il rock’n’roll sia un’entità immortale è cosa risaputa ma forse il fulcro del problema non è constatare il suo stato di salute, quanto piuttosto capire se ci troviamo di fronte ad una condizione di non vita…

Perché è questa la domanda che sorge spontanea ascoltando “Rock & Roll Is Alive”, “griffato” The Jokers, quartetto di Liverpool formato dai fratelli Paul e Simon Hurst (rispettivamente chitarra e basso) e completato da Wane Parry (voce) e Chris Poole (batteria).   
L’album in questione (il secondo dopo il debutto intitolato “The Big Rock’n’Roll Show”) è, senza ombra di dubbio, assimilabile ad un vero e proprio lavoro di ricapitolazione, proponendoci una formula che da lungo tempo denota immobilità nei suoni e nei contenuti.
Fin dal primo riff ci troviamo di fronte a un “manuale” sulla musica dura: “Silver City” è senza dubbio un amarcord contagioso con il suo spirito frizzante ma il citazionismo della title track è a dir poco spiazzante; infatti, “Rock & Roll Is Alive” è animata dal refrain di “Rock City” (Riot), mentre il ritornello cadenzato si compiace di citare Steven Tyler (… ma c’è pure spazio per una scorribanda in stile Johnny B. Goode, di certo un riff seminale per la storia del rock).
La cosa più imbarazzante è che il combo non si sforza di nascondere le proprie influenze in “Let It Rock”, “illegittimo” hard’n’blues privo di fronzoli, pesantemente segnato dagli Ac/Dc nel suo drumming impastato con rochi vocalizzi a là Bon Scott.

Riciclo a parte, il disco risulta abbastanza piacevole e, pur non esaltando, nemmeno dispiace seguire la frenetica batteria di “Night Driver” (ennesimo tributo ai Riot): le vocals sorvolano le note del chorus per poi ripiombare nel vortice convulso e frenetico della ritmica impetuosa – la track serpeggia tra tempi più veloci e periodi più lenti e controllati… ma non vi preoccupate: nessun indulgenza all’estetica prog! Solo tanta voglia di puro e selvaggio rock’n’roll!
Un certo interesse suscita pure “Find My Way Home”: la chitarra si avvicina all’audience con brevi accordi mentre la voce si preoccupa di allestire un chorus ritmato, interrotto da inserti tipicamente country rock, evidente lascito di Tesla e Bon Jovi (“Wanted Dead Or Alive”).
Qualche spunto personale emerge in “N.Y.C.”, che ovviamente non brilla di originalità né per quanto riguarda i testi né per il songwriting, diviso in accelerazioni e ritornelli cadenzati fusi con il tintinnio dei piatti; onnipresente nella song (e nella breve “Sky Line”) un pattern chitarristico che  richiama il celebre riff degli Helix in “Gimme Gimme Good Lovin'”, cover dei Crazy Elephant.
Echi dal passato giungono ancora una volta dall’arpeggio vellutato della ballad “Bring Your Love Back To Me”, dove il risveglio della sei corde tributa onori ai Free, senza tralasciare le voci sofferte del chorus, amplificato d’accordi intensi e vibrati di tonalità mutevole.

Conclude il “ripasso” “Dr. Rock Head”, ennesima reinterpretazione di Tyler e soci, dove sfioriamo l’overdose di “old rock” grazie ad accelerazioni di basso, voci sanguigne e innesti chitarristici hard blues.     
Considerata la natura derivativa del platter, non sorprende che Paul Hurst abbia rivelato apertamente la propria musa ispiratrice, tant’è che non sarebbe stato difficile scoprirla: insomma, meglio prevenire accuse di plagio indicando da subito le evidenti somiglianze (nel nostro caso chiamate “influenze”), mascherate da un amore fin troppo ostentato per la musica dura anni sessanta (The Who, Jimi Hendrix) e settanta (Led Zeppelin, Free).  

Probabilmente i novizi (o gli ascoltatori meno esigenti) lo apprezzeranno ma i The Jokers hanno tralasciato un dettaglio, suggerito dal loro stesso titolo: il rock è vivo ed immortale ma con esso anche la sua memoria, una memoria lunga, caratteristica comune dei suoi adepti più fedeli…

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