Recensione: Rock Until You Drop

Di MotorcycleMan - 16 Luglio 2003 - 0:00
Rock Until You Drop
Band: Raven
Etichetta:
Genere:
Anno: 1981
Nazione:
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85

“The wildest band in the world!” è così che i Raven si autodefinivano, ed è probabilmente vero che il trio britannico, formato dai fratelli John (Basso e voce) e Mark (chitarra) Gallagher e dal batterista Rob “Wacko” Hunter, negli anni d’oro della NWOBHM erano la band più pazza del mondo. Fautori di un heavy metal energico, veloce, melodico, caratterizzato da urlacci ed assoli al fulmicotone, che loro chiamavano “Athletic Rock”, hanno sondato il terrenno per tutto il movimento thrash che verrà qualche anno più avanti regalando al mondo della musica dei capolavori assoluti. Rock Until You Drop è il loro debutto ed il primo dello triade che li consacrò fra i big della NWOBHM (conclusasi con un live e l’abbandono da parte della Neat records, con conseguente contratto alla Atlantic e mediocri dischi di moscio e debole rock melodico).

Il masterpiece si apre con Hard Ride, dotata di riff dannatamente granitici e caratterizza da una prestazione vocale eccellente e molto divertente. Molto catchy e dall’ottimo assolo, è uno degli inni dei Raven per eccellenza e viene suonata in ogni loro live (spesso Rob Hunter eseguiva questa canzone con addosso un casco da football e sbattendo la testa contro la batteria!). Il successivo brano è una vera e propria gemma del disco, Hell Patrol, folli giri ed assoli di chitarra ed una prestazione decisamente esplosiva di John sia al basso che alla voce la rendono unica e speciale, una di quelle che ti fanno sbattere la testa su e giù in preda ad un folle headbanging senza motivo, da brividi l’acuto verso la fine. Don’t Need Your Money è una altra grande canzone, abbastanza veloce e sbarazzina, si mantiene sulle coordinate di prima, riff avvincente ed assolo strepitoso da parte di Mark ed un testo decisamente divertente che recita:”Don’t want no rich fat daddy trying to change my life when I just want to relax”. E’ anche il primo singolo con cui hanno esordito i Raven nella scena metallica, decisamente stupenda.
Si prosegue senza cedimenti con la seguente Over The Top, un brano hard rockkegiante dal riff dannatamente “old style” e dal ritornello così catchy che lo canterete fino alla morte, una testimonianza che i Raven erano e sono nel nostro stereo per rimanerci. Molto bello l’assolo melodico, dimostrazione dell’elevato livello di songwriting del gruppo che riesce a variare in uno stesso brano completamente la struttura melodica portante.
Ma ora, i tre hanno ben pensato di rilassarci dopo tutto questo metallo fuso, e lo fanno nel migliore dei modi, con 39-40, una poetica traccia interamente acustica, che in soli 51 secondi ci rilassa e porta la nostra mente in antichi tempi medioevali. Ma il ritmo torna presto serrato ed il trio ci delizia con For The Future, un cattivissimo inno di battaglia per combattere contro i nemici e proteggere i cittadini, le donne ed i bambini per un futuro migliore. Semplicemente stupendo il connubbio fra i riff malvagi e le parti melodiche, e qui John ci dimostra che la sua voce può essere ringhiosa come può essere romantica. Ed ora è giunto il momento di uno degli inni immortali di ogni vero metallaro (insieme a Wheels of steel, Overkill, Running Free, Breakin The Law) che si rispetti, un intro molto bizzarra di cartapesta calpestata ci introduce nel fiammante riff di quel grande che è Mark Gallagher, eccola la title track, Rock Until You Drop, semplicemente sublime, ritornello da urlare a squarciagola con il pugno al cielo e ritmi da headbanging puro. Semplicemente geniale il pezzo accelerato con l’assolo di basso che manderà in delirio non pochi ascoltatori, seguito poi da assoli che si incrociano fra la chitarra ed il basso, immensa. Dopo un capolavoro del genere, si prosegue con il pezzo più debole del disco, Nobody’s Hero, divertente e bella da ascoltare, ma non aggiunge ne toglie niente al disco, simpatica. Ed ora in occasione della nona traccia, “la band più pazza del mondo” ci sfodera una medley di cover altrettanto folle Hellraiser/Action, entrambe cover degli Sweet, entrambe velocissime, folli e rocciose, per il sottoscritto risultano addirittura meglio delle originali, visto che sono dannatamente heavy metal in questa nuova versione, con assoli strepitosi messi qua e la da Mr.Mark.
Lambs To The Slaughter è un brano veloce, ritmato, ben cantanto e dannatamente NWOBHM, niente di speciale ma farà felici molti headbangers. Ed è giunto il momento dei sette minuti di Tyrant Of The Airways, una altra hit del disco, inizio molto lento e rilassante che sfocia in una parte velocissima con un ritornello dannatamente coinvolgente, per poi tornare lenta e risfociare veloce in tutta la sua carica di energia. Stupendi i riff, stupefacente la prestazione canora e dietro le pelli, un’ ennesima prova che il combo inglese non è solo abile a scrivere canzoni dannatamente varie ma sono anche grandi muscisti, specialmente Mark in questa canzone ci dimostra di avere una “certa dimestichezza” con le sei corde. L’LP originale finisce qui, ma sarebbe un peccato concludere così la recensione perchè tralasceremo gli altri tre capolavori inclusi nella remaster del disco. Wiped Out è estratta da un singolo, e doveva essere la title track dell’album successivo, invece è stata stranamente relegata ad essere solo un singolo, un vero peccato perchè è un capolavoro della produzione Raven. Chitarre distorte ci introducono in un modo di metallo fuso, in questa canzone che inizia con un riff banale ma avvincente per poi trasformarsi in un riff melodico e con un altra metamorfosi un riff cattivo! E’ stupefacente l’abilità di songwriting del gruppo, particolarmente degna di nota la prestazione di John alla voce. Crazy World è un pezzo pieno di grinta su cui scuotere la testa e saltare per la stanza, anche se forse è un pò meno catchy rispetto agli altri pezzi. Inquisitor è l’ultima bonus track del remaster ed inizia con un giro di chitarra veramente estremo, tanto per ribadire chi è Mark Gallagher, ed è dotata di una melodia dannatamente malvagia ed oscura. E’ una traccia che si mantiene a velocità serrate e ci affascina grazie ad una composizione molto articolata ed ad un testo molto singolare, tutto questo mentre John sforna acuti da spaccavetri. In definitiva non mi resta niente altro da dire riguardo questo capolavoro, semplicemente che va ascoltato e goduto al massimo, viaggiate anche voi sulle note di questi pazzoidi inglesi.

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