Recensione: Rrröööaaarrr

Di Orso Comellini - 26 Aprile 2012 - 0:00
Rrröööaaarrr
Band: Voivod
Etichetta:
Genere:
Anno: 1986
Nazione:
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87

I Voivod sono probabilmente il gruppo più sottovalutato, snobbato o frainteso di tutta la storia della musica pesante. Non perché siano il miglior gruppo mai esistito sulla faccia della Terra e nonostante questo non abbiano mai venduto quanto gli sarebbe spettato. Piuttosto perché a dispetto di una mole impressionante di album qualitativamente di altissimo livello, molti dei quali eccelsi o prossimi all’eccellenza, da sempre sono rimasti uno di quegli ‘oggetti misteriosi’ per gran parte del popolo metallico e fin troppo spesso il giusto riconoscimento è arrivato loro solo da parte degli addetti ai lavori. Difficilmente molti di Noi si sono presi la briga di sviscerare composizioni tanto contorte quanto lungimiranti e fuori dagli schemi, come nel caso del trittico “Killing Technology”, “Dimension Hatröss” e “Nothingface”. In più, se molti dei loro dischi possono rientrare di diritto nella schiera dei ‘capolavori’, anche il resto della loro discografia non sfigura di certo al confronto.

Ecco perché andare a riesumare un album di quasi trent’anni fa come “Rrröööaaarrr”, poco accessibile persino agli stessi thrasher di allora e tuttora piuttosto misconosciuto o ingiustamente minimizzato, è senz’altro un qualcosa di dovuto nei loro confronti. Indubbiamente il combo di Jonquière (Quebec) ha costruito la propria fama stravolgendo i canoni del genere stesso, con i tre album citati (ed i successivi), creando un proprio stile unico, inconfondibile e difficilmente catalogabile (una musica che sembra quasi provenire da un’altra dimensione o da una lontana galassia tanto è distante dalla ‘normale’ concezione), eppure che non fossero una band ordinaria si poteva quantomeno intuire già dai lavori precedenti. Personalità da vendere, quindi, evidente già dalla scelta del logo, nelle copertine ad opera del batterista Away, nelle fantascientifiche liriche, nella straordinaria coesione del gruppo (che solo la tragica scomparsa del chitarrista Piggy potrà ledere in maniera significativa), oltre che nella loro musica, ovviamente.

Prima di evolversi verso strutture che rimandano alla musica jazz e atmosfere venate di psichedelia ‘pinkfloydiana’, però, la carriera dei Nostri è iniziata all’insegna del “rumore”: termine che molti dei loro detrattori associavano al debutto “War And Pain” (1984) per descrivere composizioni violente e caotiche, complesse come quelle dei Mercyful Fate (che tributeranno sul demo “To The Death” del 1984 e ripreso recentemente, con la cover di “Evil”) e nate dall’esasperazione di gruppi come Venom, Tank o Motörhead, mescolando il tutto con elementi punk e del nascente thrash. Proprio con la band di Lemmy e soci, che allo stesso modo venne etichettata agli esordi come la band più rumorosa del Mondo (naturalmente con tono dispregiativo), si può fare il parallelo più significativo per parlare del secondo full-length dei Voivod. Più in particolare con l’album “Orgasmatron”, a cui il gruppo canadese sembrerebbe rendere omaggio, ovviamente alla loro maniera, già dalla copertina (non fosse che i Nostri siano riusciti ad anticiparne l’uscita, anche se solo di pochi mesi), che, anche in questo caso, rende perfettamente l’idea del sound fragoroso e sferragliante da cui verremo travolti sin dalle prime note dell’opener “Korgüll The Exterminator”.

Rispetto all’album d’esordio, i tono si fanno ancora più minacciosi, la voce di Snake ancora più sguaiata e insidiosa e il muro di suono eretto da Piggy, Blacky e Away ha davvero pochi precedenti, se non in campo thrash, arrivando a sfiorare talvolta l’aggressività dell’ancora embrionale death metal. Il brano parte su ritmi sostenuti ma non a pieno regime, con il basso di Blacky in primo piano a dettare i tempi, come se quella fredda e meccanica macchina da guerra letale raffigurata sulla cover, stesse mettendo in moto gli stridenti ingranaggi per mietere nuove vittime. Poi, in occasione del solo di chitarra, brusche accelerazioni danno l’idea del carnefice che finalmente ha scovato la preda e non intende lasciarsela scappare o tantomeno fare prigionieri. Quasi anthemica nella sua cattiveria “Fuck Off And Die” e anche questa volta la brusca sferzata sul solo è in grado di lasciare il segno. Nemmeno un attimo di respiro poi nella ‘motörheadiana’ “Slaughter In A Grave”, nella lancinante “Ripping Headaches” e l’incalzante “Horror”, che chiude quello che su cassetta e vinile originali è chiamato ‘Ripping Side’.

Si passa poi al ‘Thrashing Side’ che si apre con la violenta “Thrashing Rage” che vi sconquasserà per mano del terremotante Away e le sue telluriche rullate. Leggermente più controllata, si fa per dire, “The Helldriver”, caratterizzata da un refrain che si imprime in testa immediatamente, nonostante la melodia piuttosto dissonante. Discorso molto simile anche per la successiva “Built Your Weapons” in cui di nuovo si impone Away con le sue scorribande. In chiusura troviamo la cupa e devastante “To The Death”, sorta di manifesto del gruppo, brano in grado di piegare gli ultimi e ormai disperati tentativi di resistenza e poi il silenzio, quasi provvidenziale, che però non fa che enfatizzare quel ronzio di fondo lasciato inevitabilmente da un album del genere.
Provare per credere!

Orso “Orso80” Comellini

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Tracce:
1. Korgüll The Exterminator 4:58
2. Fuck Off And Die 3:36
3. Slaughter In A Grave 4:04
4. Ripping Headaches 3:12
5. Horror 4:11
6. Thrashing Rage 4:32
7. The Helldriver 3:43
8. Built Your Weapons 4:44
9. To The Death 5:08

Durata 38 min. ca.

Formazione:
Snake – Voce
Piggy – Chitarra
Blacky – Basso
Away – Batteria

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