Recensione: Ruhn

Di Giuseppe Casafina - 21 Ottobre 2017 - 14:42
Ruhn
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2017
Nazione:
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75

Si chiamano Blodiga Skald, io potrei chiamarli “Graditissima sorpresa”.

Chi parla infatti, nonostante sia un estimatore del folk metal di qualsiasi forma ed ispirazione, ha da sempre forgiata nel cuore la schizofrenia folle e divertita dei Finntroll di un tempo: immaginate quindi l’esaltazione del sottoscritto quando, incredulo, inserendo il compact disc nel lettore si è ritrovato di fronte a questi simpaticoni italioti il cui unico messaggio di fondo è una palese incitazione al fare casino sotto ettolitri di birra allo scopo di devastare tutto l’immaginabile che ci si para davanti. Con una formazione che si autodefinisce con la sigla Drunk’n Folk Metal non puoi certo sbagliare e, in tal miscuglio di immaginario fantasy da osteria dell’orco e devastazione alcolica, non puoi mica trattenerti dall’esclamare a piena voce “Qual Gaudio! Era ora!”. E dai, basta con le storie degli angioletti piagnoni in viaggio verso il paradiso e di principesse in attesa del principe azzurro, che qui le cose si fnano serie!

Quindi per una volta tanto basta messaggi profondi, viva l’alcolismo e che di profondo ci sia solo il livello di bionda inserito nel vostro boccale! Leggende, sbronze colossali, orchi in festa dopo un conflitto o forse intenti a bere per riprendersi da una palese sconfitta: l’importante appunto, è bere! Ma soprattutto, non posso non amare una formazione che nel libretto del proprio disco si presenta con una storia in stile “Leggenda medievale”, avente per protagonisti tutti i componenti della formazione tricolore, spesso e volentieri focalizzata sulle pinte di Ale fatta in casa. Cioè, ora ditemi ragazzi miei, come posso essere imparziale con voi, eh?

Dai, che solo per questo dovrei darvi il massimo dei voti!

Tornando seri, “Ruhn” ha proprio tutto quello che serve ad un disco folk metal per esser definito un disco folk metal con i controattributi cioè un songwriting vario, avvincente, mai noioso che sfodera per bene le abilità compositive di tutta la band all’unisono. Il suono ricorda un qualcosa una versione più ponderata e meno caotica di quello dei Finntroll, dove però ad un atteggiamento più ragionato non per forza deve corrispondere una minore pazzia: la band italiana, ma dai testi in russo cantati da un vocalist di origine moldava (…a tal punto mi sarebbero piaciuti dei testi in lingua madre ma, si sa, noi appassionati spesso siamo incontentabili), sfodera  uno stile quasi del tutto proprio e con quel quasi si intende che, sebbene la dose di personalità non sia ancora del tutto completa (e parliamo di una formazione al debutto, mica dei raccattatori seriali di note al quinto album in studio…), ci sono tutte le basi per avere una formazione che potrebbe, sul serio, divenire un punto di forza per il metal italiano tutto.

‘Epicavendemmia’ butta subito nel calderone tutta la follia birraiola della formazione tra tastiere, fisarmoniche e violini, senza mai però dimenticare un impatto metallico in bilico tra power e melodeath, caratteristiche ormai tipiche del comparto rock/metal di tali sonorità ‘folkloristiche’. Rispetto a molti altri però, i Blodiga Skald hanno un approccio come già anticipato più scanzonato, facilmente intuibile anche da titoli di brani quali ‘Blood et Feast’, ‘Laughing with the Sands’ e soprattutto la conclusiva ‘Too Drunk to Sing’ (brano di spettacola fattura con un finale spassosissimo), che mai viene disperso lungo i dieci brani del platter. Più ho ascoltato questo disco e più mi son ripetuto che un track-by-track sarebbe risultato assolutamente inutile, nonostante l’ottima varietà del disco: scrivo ciò in quanto, tutto sommato, siamo al cospetto di dieci classici brani folk metal ottimamente strutturati con uno stile quasi del tutto personale che, di sicuro, dal vivo farà sfaceli…ne son certo, voleranno i fegati e legioni di reni a causa del troppo alcool! Non manca qualche passaggio a vuoto, ma si tratta solo di singoli porzioni forse ripetute all’eccesso (come nel caso della title-track) più che di brani veri e propri, ma i Nostri controbilanciano il tutto con una varietà nel songwriting in grado di differenziare moltissimo l’andamento del brano (assolutamente da ascoltare in tal senso le esaltanti ‘Follia’ e ‘Panapiir’, davvero varie ed esaltanti, con la prima che parte come una languida ballad dal sapore medievale e la seconda come una vera e propria, passatemi il termine, ‘suite da osteria’) ed è pur vero che, sebbene non abbiano di certo dalla loro le soluzioni melodiche più originali dell’intero pianeta folk metal, hanno indubbiamente realizzato un vero e proprio gioiellino Made in Italy per il suo genere!

Una formazione interessantissima con già ottime potenzialità da sgrezzare come si deve e, quando lo farà, non ci sarà scampo per nessuno: segnatevi questo nome intanto, che i Blodiga Skald vi aspettano sotto al palco per fare sfaceli. Come fattore apparentemente non positivo si potrebbe elencare il fatto che il sound comunque a suo modo ancora derivativo potrebbe non colpire al primo ascolto, ma basteranno pochi ascolti approfonditi e li amerete come ho fatto io, soprattutto se siete amanti del folk metal come chi scrive in questo momento! Ultimo accenno alla produzione del disco e all’artwork, entrambi davvero competitivi sul fronte internazionale e già all’altezza di formazioni già note e ben più blasonate solo per via del fattore di ‘anzianità’.

Ci si vede in osteria che, dannato quel troll, mi serve proprio la colonna sonora giusta per andare a far razzie della loro stirpe…sapete, l’ultima volta una di loro mi ha assalito e mi ha derubato di ben cinque sesterzi! Non sia mai, che mai manchi il rispetto per gli abitanti della nostra fazione!

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