Recensione: Runnin Wild

Di Alessandro Zaccarini - 9 Settembre 2008 - 0:00
Runnin Wild
Band: Airbourne
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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90

Warrnambool, villaggio di 30.000 anime nella contea di Villiers, Victoria, il più piccolo degli stati dell’Australia ma probabilmente quello a più alto voltaggio. La punta meridionale dell’isola, quella della Tasmania e di una città chiamata Melbourne, che dal 2005 ha adottato questi quattro rockers come già aveva fatto con una combriccola di nativi scozzesi qualche decennio fa. Combriccola che senza ombra di dubbio fu ed è la luce e il sentiero spirituale degli Airbourne: gli Ac/Dc.

Ci sono le Gibson, ci sono i cognomi di chiara provenienza europea, ci sono due fratelli, c’è l’attitudine e soprattutto c’è la musica in pieno stile Young-Young-Scott, sulle orme dei vecchi, vecchissimi Ac/Dc di Beating Around the Bush o Problem Child. Quelli marchiati a fuoco nel cuore di chi nella sua vita ha abbracciato una causa chiamata rock’n’roll. Le citazioni non sono solo musicali: Fat City, Blackjack, Girls in Black, Cheap Wine and Cheaper Women… vi dicono nulla? E quella fuga dal penitenziario in copertina non è forse cominciare con un vero e proprio Jailbreak? Così sia.

Nel giro di pochi mesi questa band ha shockato tre continenti, ha calpestato le assi di legno più pregiati del mondo e in tempi in cui la vera musica fatica a trovare spazi, palchi, frequenze e citazioni, ha presenziato manifestazioni ed è stata inserita in contesti ahimè solitamente dominati da personaggi di ben altro spessore e genere.

Gli Airbourne hanno quella forza elettromotrice di 20anni appena compiuti: sono alcolici, sfrontati e soprattutto eletrizzanti grazie a un’impagabile insolenza sonora che rende ogni pezzo di questo ‘Runnin’ Wild’ un ordigno carico di adrenalina. Ecco il disco che con un po’ di utopia e un po’ di ingenuità vorremmo vedere partorito dalle vecchie glorie ogni volta che qualche profeta o pioniere degli anni che furono torna con un nuovo album: un sanguigno impasto di classe e vitalità. Ecco gli anelli di congiunzione tra il marcio hard rock dei fine 70′ e lo street tutto jeans e chiodo degli 80′, traghettato ai giorni nostri dalle coste sud del continente più lontano.

Non esagero se dico che questo è il debutto che più di una generazione di amanti dell’hard rock crudo, sudato e più vicino alla vetrina di un off-license che al portone del conservatorio ha aspettato per anni. Mi metto in prima fila. Ci hanno provato in tanti, chi più e chi meno bene, ultimi forse i Tokyo Dragons, ma mancava sempre qualcosa. Il giorno sembra essere arrivato, forse abbiamo gli eredi, i nuovi tedofori. Di sicuro abbiamo undici brani che somigliano a undici segni del destino, undici fulmini, undici scariche pronte a incenerire qualsiasi cosa.

Stand up for rock’n’roll… and let your ears bleed!

Tracklist:
01. Stand Up for Rock’n’Roll
02. Runnin’ Wild
03. Too Much, Too Youg, Too Fast
04. Diamond in the Rough
05. Fat City
06. Blckjack
07. What’s Eatin’ You
08. Girls in Black
09. Cheap Wine & Cheaper Women
10. Heartbreaker
11. Hellfire

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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90