Recensione: Runway To The Gods

Di Mauro Gelsomini - 20 Ottobre 2006 - 0:00
Runway To The Gods
Band: Zeno
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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80

Sono passati otto lunghi anni da “Listen To The Light”, ultimo gioiello del Roth meno famoso, oscurato dalla presenza eufemisticamente ingombrante del fratello maggiore, Uli Jon.
Dall’AOR tedesco delle origini, ovvero da quel progetto “Zeno” fondato nel 1984 con Ule Ritgen dei Fair Warning, il polistrumentista ha progressivamente deviato verso lidi più metallico-sinfonici, prendendosi le sue soddisfazioni – certo poca cosa se confrontate con le vendite milionarie degli Scorpions – soprattutto in Giappone, dove il genere era ed è amatissimo.

Il nuovo album, oltre al ritorno gradito dell’eclettico Zeno, sancisce l’affermazione dal punto di vista compositivo di uno dei più chiari e riusciti esempi di quello che oserei definire neoclassic melodic hard rock, degno erede di quel Rainbow sound fin troppo spesso riveduto in maniera dozzinale e scorretta dalle power-band di mezza Europa. Ad affiancare Zeno, che suona tutti gli strumenti e si concede persino l’interpretazione vocale di un brano (“Do You Feel The Time”), troviamo l’ex Jaded Heart Michael Bormann, una scelta decisamente azzeccata.
Il risultato è un album che trova nella magniloquenza degli arrangiamenti, nella perizia esecutiva, ma soprattutto nella melodicità delle linee vocali i suoi punti di forza, che delineano alla perfezione, come già accennato, un sound sicuramente derivativo, ma raramente così ben confezionato: citerei, giusto per avere un termine di paragone, i Brazen Abbot di Nicolo Kotzev, sebbene anche Malmsteen, nelle sue incarnazioni più rock, si sia avvicinato al genere con classe.
Certo è che nei brani più rappresentativi, che per chi scrive sono i primi tre, “Fanfares Of Love”, “Land Of Illusion” e “Shades Of Blue”, il tipico sound del melodic hard rock tedesco viene fuori con maggiore veemenza, con i Fair Warning a fare da punto di riferimento: non dimentichiamoci che Zeno fu uno dei “promotori” della band, mentre personalmente trovo la timbrica e lo stile di Bormann molto vicini a quelli di Tommy Heart.
Fanno da contraltare i due episodi strumentali, “Sogno Di Angelo”, riarrangiamento del “Sogno di Ratcliff” di Mascagni, e la conclusiva “Sunset Birds Flying Home (Celestial Touchdown)”, di stampo più marcatamente neoclassico.
Trovano ancora posto in tracklist, la purpleiana “I Feel – I Live”, non più di tanto decontestualizzata, mentre è proprio la ballatona precedentemente citata, “Do You Feel The Time”, a doversi prendere le note di demerito, dovute più che altro all’interpretazione di Roth, che sulle strofe, quando cioè perde il supporto delle backing vocal (ma soprattutto quello di Bormann!), mostra tutti i limiti di uno Zeno Roth che in questo frangente, forse, pecca un po’ di presunzione.

Restano ad ogni modo valide le premesse entusiastiche per un prodotto che svela, sì, alcune evitabili leggerezze – ad iniziare dell’abusatissimo tipo di carattere utilizzato sulla cover – ma che nella sostanza riesce a convincere al di là di tutte le difficoltà riscontrabili, ahime, quasi naturalmente nel genere proposto.

Tracklist:

  1. Fanfares Of Love
  2. Climb The Sky
  3. Land Of Illusion
  4. Shades Of Blue
  5. Runway To The Gods
  6. Sogno Di Angelo (Mascagni arr. Zeno) (Instr.)
  7. Refugees (Longing For Paradise)
  8. I Feel – I Live
  9. Purify (Pilgrims Of Remembrance)
  10. Do You Feel The Time
  11. Sunset Birds Flying Home (Celestial Touchdown) (Instr.)

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