Recensione: Sad Wings of Destiny

Di LeatherKnight - 13 Febbraio 2002 - 0:00
Sad Wings of Destiny
Band: Judas Priest
Etichetta:
Genere:
Anno: 1976
Nazione:
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100

Judas Priest – Sad Wings of Destiny: solo queste sei parole potrebbero bastare a descrivere meglio di chiunque altro un album storico, rivoluzionario, originale e inscalfibile agli effetti del tempo; Judas Priest: una (all’epoca) giovane band che dopo un modesto debutto, “Rocka Rolla”, si accingeva a intraprendere un percorso musicale/stilitistico che ne avrebbe fatto nella decade seguente l’esponente principale del movimento Heavy Metal, venendo considerati poi i forefathers del Metallo Pesante.
Sad Wings of Destiny: non un semplice disco, ma un emblema del verbo del Sacerdote di Giuda.
Una proposta musicale eccezionale che va al di là della sua esecuzione tecnica e che rappresenta un vero e proprio punto di rottura con la “musica dura” del periodo.
Molti dicono che questo sia l’album che ha marcato le differenze tra Hard Rock e Heavy Metal. Al di là delle opinioni personali, oggettivamente dobbiamo dire che “Le Tristi Ali del Destino” hanno portato in alto la “qualità” della proposta musicale di quel periodo: infatti soprattutto le sonorità e l’approccio adoperato dai Priest conferiscono a quest’album l’importanza storica che esso ha ancora oggi.
Tutto questo si può subito intuire partendo con le melodie originali ed incredibili della struggente Victim of Changes, del classico da concerti The Ripper (un assoluto concentrato di spiccata melodia HM): due esempi di magistrali di genialità artistica e professionalità tecnica perfettamente congiunte. Si continua con la terza traccia, Dreamer Deceiver, dove soprattutto l’espressività dei suoni di chitarra e l’interpretazione di Rob “Metal God” Halford nuovamente di convincono della magnificenza piena di quest’album. Discorso simile per Deceiver (dai toni un po’ più sostenuti), la storica Tyrant, l’indimenticabile Genocide e Island of Domination (cariche di emozione e potenza). Più cupe e malinconiche la strumentale Prelude e la breve Epitaph che completano il quadro d’insieme di un album pieno di sfaccettature che (tutte insieme) formano un meraviglioso gioiello di innovazione tecnica ed emozioni. Tra partentesi, era il 1974: non aspettatevi ritmiche spacca-vertebre o chitarre squartatrici!
Il pregio di quest’album è l’originalità da cui poi la Storia del rock n roll è stata cambiata.
Questo è un album da ascoltare e riascolare…indispendabile per comprendere tutto ciò che ne è venuto dopo: l’Heavy Metal.

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