Recensione: Sanguine Scales

Di Daniele D'Adamo - 23 Maggio 2010 - 0:00
Sanguine Scales
Band: Disgod
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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58

Anche in Bielorussia, e specificamente nella capitale Minsk, non manca il «gruppo-bandiera» della scena locale che, coraggiosamente, fa emigrare all’estero la sua profferta musicale. Nel caso in ispecie ci riescono i Disgod con “Sanguine Scales”, grazie alle clausole del contratto discografico firmato con la connazionale Possession Productions, indie specializzata in ambito black/death/thrash.

Non a caso, il «power-trio» (così si definivano, una volta, gli act la cui consistenza numerica era inversamente proporzionale all’impatto acustico, vedi Motörhead, Venom, Sodom), sciorina con brutalità una sulfurea mistura dei tre generi anzidetti. Difficile se non impossibile inquadrare correttamente lo stile dei tre: gli stilemi del metal estremo ci sono in pratica tutti, mischiati in maniera un po’ barbarica. Probabilmente l’influenza dei gruppi scandinavi e mitteleuropei è stata fondamentale, nella crescita del background culturale di SP, Ogrish e Bes Trefoil. Quasi avessero assimilato tutto lo scibile dai già menzionati Motörhead sino ai Death, poiché, come da sua stessa ammissione, il combo fonda le proprie radici espressive nel metal estremo situato a cavallo della fine degli anni ’80, inizio degli anni ’90.

Nonostante questo coacervo d’induzioni, quasi incredibilmente l’insieme riesce a proporre uno stile personale. Uno stile rozzo e involuto, basato sull’aggressività, dimentico di qualunque orpello che possa ingentilire un sound ruvido e primordiale. La preparazione tecnica dei musicisti è appena sufficiente per incidere un disco, soprattutto per la disarticolata prestazione del batterista, che ricorda il terribile Abaddon. Con che, rovesciando la logica, ci si ritrova in mano un CD «piacevolmente» ferino, lontano anni luce dai tecnicismi che ormai sono bagaglio della maggior parte di coloro che decidono di percorrere i confini del metal nelle sue forme più brutali. Il songwriting pare derivare da una matrice basata semplicemente su ciò che viene fuori dagli strumenti, senza cioè impulsi raziocinanti all’origine.
La cover, buia e rappresentante un paesaggio arido e desolato, fa bene da cappello alla musica dei Nostri, giacché il mood è senz’anima; nel senso che, dietro allo spietato attacco sonoro, non si percepisce che il nulla.

Le canzoni, costruite su quest’anima gelida, si susseguono con lo stesso atavico groove, non manifestando mai un impulso melodico o un tentativo di abbellimento. La corrente elettrica che fluisce dagli strumenti passa direttamente agli altoparlanti senza filtri o effetti: pura e semplice così com’è originata dalle mani dei musicisti. A tutto questo contribuisce SP, il cui compito è, semplicemente, quello di urlare nel microfono tutta la sua rabbia, così come gli arriva dal sistema neurologico. Dalla trascinante “Rising Hate” alla sinuosa “The Ancient Dreamer”, passando per la violentissima “Ghouls”, non si ha mai un attimo di tregua; la feroce battuta di caccia all’arma bianca dei tre nelle fredde foreste della regione prosegue per tutta la durata del platter. La preda? Chi ascolta!

Un album minimale, immune a ogni contaminazione, per ciò sincero, direttamente rappresentante l’«ignorante» istinto iracondo del gruppo. La valutazione complessiva non può arrivare alla sufficienza per la manifesta arretratezza tecnico/artistica del terzetto. Tuttavia, “Sanguine Scales” potrà piacere agli amanti delle emozioni di base, frontali; cioè prive di qualsiasi forma di elaborazione etica o culturale.

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Track-list:
1. Rising Hate 1:57
2. Spasm 2:50
3. Grind Peace 3:06
4. Undercover Enslavement 1:47
5. For The Transient 1:28
6. Mirror Of Mors 2:22
7. Stabbin’ With A Nail 1:59
8. Ghouls 2:15
9. To Shoot To Be 2:20
10. The Killed 3:04
11. Sharp 1:40
12. The Ancient Dreamer 5:02

Line-up:
SP – Guitar, Vocal
Ogrish – Bass
Bes Trefoil – Drums
 

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