Recensione: Sattyg

Di Tiziano Marasco - 11 Novembre 2014 - 6:00
Sattyg
Band: Kaipa
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2014
Nazione:
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75

I Kaipa, per lo meno quelli del dopo rifondazione, sono un autentico oggetto misterioso. Hanno tutte le carte in regola per sfondare: linee melodiche accattivanti, un prog leggero, sognante e tutt’altro che spigoloso. Sono anche una delle poche formazioni prog a due voci, maschile e femminile.  Hanno anche sfondato delle canzoni davvero epiche, da A Complex Work of Art a Electric Power Water Notes. Eppure non sfondano. I grandi nomi del prog svedese sono altri. Questo per due motivi essenziali. Il primo è la ripetitività dei loro prodotti. I dischi dei Kaipa – ben sette in dodici anni – si somigliano un po’ tutti. Difficile trovare spunti davvero originali da Mindrevolution in poi. In secondo luogo, molte delle canzoni di questo gruppo sono viziati da una prolissità che ha dello sconcertante. Molti lavori potenzialmente buoni vengono allungati da riff e passaggi strumentali che potrebbero essere carini presi singolarmente, ma non se infilati a ripetizione in una suite. Soprattutto se sono infilati col chiaro proposito di far sorpassare alle suite il quarto d’ora di durata canonica richiesta nel gran libro dell’estetica prog.

È lecito aspettarsi qualcosa di diverso dal loro nuovo Sattyg (aggettivo che peraltro deriva da Satan)? In realtà no. Ad una prima analisi ci troviamo anche in questo caso davanti ad un album fatto di pochi brani di durata opprimente con una title track breve. Anche il primo ascolto dà l’idea di un disco di prog con inserti finto folk, prolisso e piuttosto annacquato, come a voler vanificare delle melodie indubbiamente buone.

Col progredire degli ascolti però, ci si rende conto che le cose stanno diversamente. In effetti il songwriting risulta più calibrato e le sezioni strumentali molto più godibili e meno prolisse. Canzoni come A Map of your Secret world o World of the Void mettono in evidenza un pathos che sembra davvero genuino, soprattutto grazie all’intensa prestazione di Aleena Gibson. A Sky full of Painters risulta meno tesa ma comunque molto piacevole a dispetto dei suoi 15 minuti di durata, ed anche Without Time – Beyond Time risulta essere un buon pezzo a dispetto di un testo buonista ed un po’ melenso, in linea con poetiche ottantiane in stile Live Aid. La vera sorpresa tuttavia risulta essere indiscutibilmente World Of The Void, dominata da un’atmosfera crepuscolare e malata. Buona parte del merito va a Patrik Lundström, autore di un’interpretazione inquieta, piuttosto lontana da quelle a cui siamo abituati. L’altra menzione riguardo a questo brano va alla chitarra di Per Nillson, che qui trasmette un’inquietudine vibrante e si avvicina a certi Anathema, tanto che Screwed-Upness richiama alla mente Flyng in modo più che spontaneo.

Sembra strano dirlo riguardo a musicisti cinquantenni come Hans Lundin e Jonas Rehingold, ma Sattyg rappresenta un piccolo passo in avanti nella discografia dei nuovi Kaipa. Un lavoro più ragionato e meglio costruito. Le linee sonore generali non ne risentono granché, non abbiamo tra le mani nulla di nuovo. Pure l’effetto finale risulta molto più gradevole, senza alti e bassi. Pur restand un disco per soli proghettari, pur non avendo una canzone facile ed immediata come Vittjar, Sattyg regala un’ora di buona musica.

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

Sito ufficiale dei Kaipa

 

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