Recensione: Scary Creatures

Di Stefano Usardi - 14 Maggio 2016 - 0:00
Scary Creatures
Band: Brainstorm
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2016
Nazione:
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70

Avevo lasciato i Brainstorm una decina abbondante d’anni fa, dopo l’interessantissimo Soul Temptation: da allora parecchia acqua è passata sotto i ponti, con i nostri rocciosi tedeschi ormai arrivati al traguardo dell’undicesimo (ebbene sì, sono undici) album da studio. Dal lontano 2003 la proposta del combo alemanno non è cambiata, sempre devota al verbo del power metal più roccioso e granitico, e allora non perdiamo altro tempo e tuffiamoci nella loro ultima fatica.
Un’apertura “orchestrale” introduce lo spettacolo delle creature spaventose, col sipario che sale pian piano a liberare la carica del gruppo nella deflagrante opener. “The World to See” dice tutto quello che ci si deve aspettare in questi casi: melodie rocciose, riffoni quadrati e muscolari, una batteria che picchia alla grande e la voce di Andy Franck che si erge stentorea su tutto, guidando gli immancabili cori. Inizio arrembante, sotto a chi tocca.
How Much Can You Take” rallenta i ritmi per puntare maggiormente sul groove, complici anche il cantato più maligno di Andy e, soprattutto, i cori che ostentano un livello di ignoranza paragonabile solo a certi Rammstein (tanto siamo sempre in Germania, alla fine). Bellissima. Discreto l’assolo, ma alla fine si tratta solo di un trascurabile intermezzo, visto che in breve si torna di gran carriera nel regno della tamarraggine tutta cori, che accompagna l’ascoltatore fino alla conclusione del brano sfumando in “We Are…”. Ecco, devo dire che questo brano mi ha spiazzato, non tanto per il livello qualitativo dello stesso, tutto sommato più che sufficiente, quanto per il sapore di deja vù che mi ha pervaso all’attacco del ritornello, catapultandomi in una celebre quanto vecchiotta canzone dei P.O.D.(sì, avete letto bene); questa sensazione si è fatta ancora più pressante nella seconda metà della canzone, con il rallentamento e l’agghiacciante coretto di bambini che poi farà capolino qua e là fino al termine del brano.
Where Angels Dream” parte a spron battuto, macinando riff e tornando a ritmi più sostenuti dopo i brani più atmosferici che l’hanno preceduta. La canzone procede bene, rallentando nel bridge e lasciando poi spazio ad un chorus molto melodico che però, dopo ripetuti ascolti, stanca un po’. È il momento della title-track, che piazza una delle zampate migliori dell’album: “Scary Creatures” torna a tempi più contenuti e punta su un’atmosfera malsana e inquietante, sorretta da un chorus maligno e squarci orchestrali che donano profondità alla composizione. L’unico punto che qui non mi ha pienamente convinto è dato da Andy che, in alcuni momenti, utilizza un timbro acido che sembra quasi fare il verso a Tobias Sammet: al di là di questo trascurabile dettaglio, che potrebbe essere solo una mia impressione, non ho problemi a dire che ci troviamo davanti a uno dei punti più alti dell’album.
Con “Twisted Ways” i Brainstorm tornano ad incalzare con ritmi e riff più corposi e potenti, confezionando una bella cavalcata aggressiva che esplode nel classico chorus tutto melodia che ci si aspetta in una canzone power: niente male, canzone orecchiabile e a tratti parecchio adrenalinica, ma anche qui la voce non mi convince fino in fondo. Intendiamoci, il brano è accattivante, ma in più di un’occasione mi sembra che Andy tiri troppo sulla voce e non riesca ad averne il completo controllo, risultando un po’ sguaiato. “Caressed by the Blackness” persegue più o meno lo stesso intento percorrendo però una strada diversa, rallentando i ritmi che si fanno più quadrati e vicini a certe sonorità hard rock. Il risultato non è affatto male, un power metal più anthemico della traccia precedente e con un Andy che torna ad esprimersi su un terreno che domina alla perfezione.
Qualcuno sentiva la mancanza dei cori tamarri a cui ho accennato prima? Io, lo ammetto, sì, ed ecco che “Scars in your Eyes” arriva a confortarmi con una bella iniezione di testosterone. Anche qui i ritmi sono piuttosto robusti, sostenuti da chitarre grasse e una batteria marziale che si fa ancora più pesante in concomitanza col coattissimo chorus. Inutile dire che ho adorato questo brano fin dal primo ascolto e lo considero degno del podio dell’album, punto e a capo. “Take Me to the Never” cerca di infilare la doppietta, in coda all’album, proponendo una canzone simile alla precedente aggiungendo solo un paio di elementi: il troppo stroppia, dicevano i nostri padri, e mai come qui si avverte la verità di tale affermazione. L’alchimia e la carica ignorante di “Scars…” qui vengono portate all’eccesso, contribuendo a confezionare una canzone francamente bruttina, sbracata, che avrebbe fatto alzare un sopracciglio già negli anni ’80, figuriamo ci adesso. Peccato.
Chiude questo Scary CreaturesSky Among the Clouds”, brano tutto sommato senza infamia e senza lode che però, alla fine, si lascia ascoltare e supplisce abbastanza bene al suo ruolo di traccia conclusiva, puntando su un respiro quasi “da titoli di coda” infarcito di cori un po’ dappertutto.

Che dire di quest’ultima fatica dei cinque teutonici? L’album è buono, aggressivo e melodico, e se si escludono alcuni momenti che mi hanno fatto storcere il naso si lascia ascoltare fino alla fine senza difficoltà, presentando anzi diversi brani decisamente coinvolgenti. Tutto bene, dunque? No, o almeno non del tutto: per puro scrupolo, dato che come dicevo in apertura non conoscevo i trascorsi più recenti del combo alemanno, sono andato ad ascoltarmi qualche stralcio dei loro ultimi album notando che, bene o male, la loro proposta non sia cambiata quasi per nulla col passare del tempo. Ciò non inficia il valore di questo Scary Creatures, dato che ogni album dovrebbe fare testo a sé, ma potrebbe fornire qualche indizio a chi già possedesse qualche altro album dei Brainstorm: per farla breve, se siete loro fan sfegatati o se dei Brainstorm non conoscete nulla fatevi sotto, troverete sicuramente pane per i vostri denti; se invece conoscete i Brainstorm e la loro proposta non vi faceva impazzire già prima, allora non sarà certo quest’album a farvi cambiare idea.

 

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