Recensione: Screw It!

Di Simone Leone - 10 Dicembre 2008 - 0:00
Screw It!
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Anno: 1991
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84

Screw It! è il secondo album dei Danger Danger che, uscito nel lontano 1991 rappresenta, insieme al suo predecessore del 1989, i vertici compositivi e qualitativi del gruppo hair-metal newyorkese. Il platter in questione vede un innumerevole numero di partecipazioni (si contano una ventina di coristi) tra cui spiccano Gary Cherone, Nuno Bettencourt e Pat Badger degli Extreme.
Il successo dell’album porterà la band a fare da spalla ai Kiss in europa e ad intraprendere una fortunatissima tournee in Giappone.
Il quintetto base di questo disco è composto da Ted Poley alla voce, Andy Timmons alla chitarra, Bruno Ravel al basso, Steve West alle pelli e Kasey Smith alle tastiere.

Un album davvero notevole, ricco di spunti interessanti e canzoni dotate di valore, alle quali solo un adeguato commento “track by track” può rendere giustizia.

Benvenuti in una giungla selvaggia dunque, dove scimmie urlanti saltano fra le liane e una voce femminile (quella della pornostar americana Ginger Lynn) ansima nel sottobosco…
Dopo l’intro Ginger Snaps, siete i benvenuti in Monkey Business, arazzo hair-metal con riff sostenuti, che scavano nella tela impreziosita dai colori sgargianti impressi dalla vivacità delle parti vocali e dei cori. MAGNILOQUENTE.

Slipped Her The Big One è puro hair-metal con tastiere pompose che incidono complesse strutture su una colonna splendidamente sostenuta dalla maestria del guitar-hero Timmons e dalla orchestrale perizia delle parti vocali, il tutto condito dall’incessante sezione ritmica. Devastante il ritornello Elvissiano “One for the money, two for the show”. POMPOSA.

C’est Loupe’ (Prelude)/Beat the Bullet, è inizialmente aperta da un arabeggiante intro, ben presto lacerato dalle devastanti scorribande di Timmons, a cavallo della sua 6 corde, coadiuvato dal fedele Ted Pole, singer che entusiasma passando con destrezza dalle tonalità dolci e suadenti a quelle più acute e incisive. ESPLOSIVA.

La poesia ci avvolge grazie ad I Still Think About You, ballata dolcissima in cui Poley ci trascina lontano con un tono suadente e dolcissimo che s’incastona perfettamente nell’alone di magia creato dalla tastiera di Kasey Smith. Menzione a parte merita Andy Timmons capace di estrarre dal cilindro un assolo degno della maestria di un chitarrista virtuoso qual’è. SOGNANTE.

Get your Shit Togheter è frizzante ed esplosiva. La formula è quella made in Danger Danger con chitarra graffiante e assolo pirotecnico, tastiere pompose, sezione ritmica incessante e parti vocali curatissime. SFRIGOLANTE.

Neanche il tempo di riprendere il respiro e veniamo travolti dalla saltellante Crazy Nites. La spensieratezza permane per tutta la durata della canzone, grazie alle parti vocali ricercate e accattivanti che, insieme all’apparato strumentale, creano l’atmosfera adatta a stimolare il movimento forsennato del corpo. La traccia si chiude con il ritornello intrecciato con quello di Another Piece of my Hearth di Janis Joplin. SPENSIERATA.

La strumentale Puppet Show, a dire il vero è un assolo di chitarra coadiuvato dalla batteria. Ci fa comprendere ancora una volta e in meno di 2 minuti le immense capacità del guitar-hero Andy Timmons. SOGNANTE.

Everybody Wants Some rispecchia nitidamente i canoni del genere e porta impresso a fuoco il marchio di fabbrica Danger Danger, mettendo in risalto la grande sinergia tra strumenti e voce, sempre molto elaborata, ricercata e mai fine a se stesso. ENERGICA.

Don’t Blame it on Love si canta che è una bellezza grazie alle sempre riuscite parti vocali ed ai cori immediati. Fascinosi gli stacchi di basso e chitarra che riescono a ricreare una sensazione di viaggio. Sembra di stare su una sterminata route americana. DA VIAGGIO.

Inizialmente sembra un pezzo dei Negrita poi invece Poley, ammaliandoci con la sua splendida voce, ci riporta in territorio Danger Danger con la splendida ballata Comin’ Home, un ritorno a casa dolcissimo, sottolineato dalle note emesse dalla onirica chitarra di Timmons. MALINCONICA.

Horny S.O.B. è una raffica sparata e velocissima che rende omaggio all’irriverente nome della canzone (s.o.b. sta per Son of a Bitch). Timmons si diletta con le distorsioni wha-wha, mentre Poley sfoggia una veste inedita, fino ad ora, cantando con incedere aggressivo. FICCANTE.

Find your Way Back Home, ci parla ancora di ritorni a casa (forse soffrivano di nostalgia in quel periodo) ma questa volta ne viene fuori una ballata con meno trasporto e meno sincera rispetto alle precedenti. RUFFIANA.

Yeah, You Want it! è spiazzante, si tratta di una canzone rap (canta un certo Todd T-Boy) su base musicale composta da basso funky, tastiere synth e drum machine. Solo verso la fine si ode un assolo di chitarra. Sinceramente un pezzo inutile, che rappresenta l’unico pezzo debole del platter. INUTILE.

D.F.N.S. non è altro che Get your Shit Togheter (solo 50 secondi però) suonata solo con la chitarra acustica e cantata insieme da tutti i coristi. RIEMPITIVO.

Al termine della lunga analisi, è utile segnalare la compattezza dell’album (fino a Find your Way Back Home), formato da un corpo di canzoni omogenee e ben amalgamate fra di loro nonché di grandissima qualità. A ridurne la maestosità tuttavia, intervengono gli ultimi 2 brani che, come detto, risultano inutili riempitivi.

Purtroppo, dopo questo splendido esempio di hard americano, i Danger Danger attraverseranno una fase di declino che li porterà alla non pubblicazione nel ’93 di Cockroach per motivi legali con l’ ormai ex singer Ted Poley (che abbandona la band dopo la sessione di registrazioni) e alla pubblicazione nel ’95 di Dawn, ormai lontano delle sonorità hair-metal a vantaggio delle più in voga melodie grunge.

Fortunatamente, nel ’98 i Danger Danger ritornano al loro rango di alta classe, pubblicando Four the Hard Way, disco che riceverà ampi consensi di critica e pubblico così come i 2 successivi.

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Tracklist:

01. Ginger Snaps – (intro)
02. Monkey Business / Slipped Her The Big One
03. C’est Loupe (Prelude) / Beat The Bullet
04. I Still Think About You
05. Get Your Shit Together
06. Crazy Nites
07. Puppet Show
08. Everybody Wants Some
09. Don’t Blame It on Love
10. Comin’ Home
11. Horny S. O. B.
12. Find Your Way Back Home
13. Yeah, You Want It
14. D.F.N.S.

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