Recensione: Scum of the seas

Di Damiano Fiamin - 10 Aprile 2013 - 21:44
Scum of the seas
Band: Calico Jack
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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59

Chi ha detto che il Metal parla solo di diavoli, draghi e motociclette? Dove vogliamo mettere le luride sentine, il rum stantio e le cannonate in amicizia? Tornano i pirati, ciurmaglia e, si sa, tutto è meglio con i pirati. Complice un ritorno di fiamma che ha riportato in auge la feccia del mare che dà il nome a questo demo dei milanesi Calico Jack, abbiamo assistito a un’enorme fioritura di prodotti musicali improntati, con successi alterni, sulle gesta di masnadieri più o meno famosi. Pensiamo solo a gruppi come Alestorm e Swashbuckle che, proprio sull’iconografia piratesca, hanno costruito la propria carriera e la propria proposta musicale.
La giovane band di cui andiamo ad analizzare l’esordio discografico decide di farsi avanti e lanciarsi all’arrembaggio del mercato discografico proprio parlando di colubrine, kraken e tempeste impetuose. Ma in quali acque si muove il combo lombardo? Il quintetto si affianca ai due gruppi appena citati o naviga con un occhio al passato, seguendo le mappe già tracciate trent’anni fa dai Running Wild? Le cinque tracce che compongono questo demo sono votate a un folk metal abbastanza duro, in cui il growl si alterna al violino mentre gli strumenti più “canonici” creano un robusto letto sonoro in grado di resistere a qualunque bordata.

Come già accennavo nell’introduzione, il gruppo è molto giovane; uniti i propri sforzi nel 2011, i nostri hanno da subito iniziato un’indefessa attività concertistica che li ha portati ha maturare la volontà di incidere questa prima fatica discografica. Ma com’è questo Scum of the seas? Gambe di legno e uncini saranno davvero sinonimo di qualità? Una premessa è doverosa e necessaria: la produzione del disco è alquanto grezza e sporca e questo potrebbe inficiare la vostra esperienza d’ascolto; ovviamente, stiamo parlando di un demo e, per di più, di un’autoproduzione, quindi non ha molto senso (e non sarebbe nemmeno troppo giusto nei confronti di questi ragazzi) penalizzare il CD a causa della sua qualità sonora. Andiamo, piuttosto, ad analizzare il contenuto del piratesco pentateuco che è contenuto al suo interno. A dispetto della resa acustica, i brani sono piacevoli, seppur non particolarmente originali. In questo, sicuramente, pesa la mancanza di esperienza dei componenti della ciurma; attenzione, però, non ci troviamo semplicemente davanti a un prodotto mediocre e noioso. I cinque pezzi non saranno particolarmente innovativi, ma al loro interno ci sono degli sprazzi interessanti che mantengono comunque alta l’attenzione dell’ascoltatore.
In alcune parti, inoltre, riusciamo a cogliere le vere potenzialità del gruppo, potenzialità che, con una buona lavorazione, potrebbero dar vita a un prodotto davvero interessante. Caraibica è un buon esempio di brano costruito intelligentemente, che riesce a distaccarsi dalle sue origini armoniche per dipanarsi in una maniera imprevista, specchio di ciò che potrebbe essere ma, per ora, ancora non è riuscito a manifestarsi.

È proprio questo l’aspetto più importante dell’intera disamina: i Calico Jack potrebbero riuscire senza problemi a farsi largo nell’affollato oceano del folk metal. Al momento, però, è il caso che si limitino a qualche schermaglia e che continuino a irrobustirsi, personalizzando ulteriormente la propria proposta musicale e sgrezzando ulteriormente il proprio lavoro nel caso siano intenzionati a continuare lungo la difficile rotta del professionismo.
Le potenzialità ci sono e si percepiscono facilmente durante l’ascolto di Scum of the seas. Purtroppo, senza un ulteriore opera di cesello, i cinque lombardi rischiano di venire soverchiati da forze più grandi di loro. Sarebbe un peccato. Nel frattempo, il loro demo viene promosso con riserva, in attesa di future conferme.

Damiano “kewlar” Fiamin

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