Recensione: Second Coming

Di Fabio Vellata - 14 Novembre 2018 - 0:01
Second Coming
Band: Nordic Union
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2018
Nazione:
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83

Quando si dispone di classe, abilità, esperienza ed una indubitabile destrezza nella nobile arte del rock, tutto è più facile. I risultati, potremmo dire, vengono da se.

L’idea dei Nordic Union nasce nel 2015 dall’estro di uno dei più talentuosi volti nuovi dell’hard rock scandinavo, quel Erik Martensson che a cavallo degli Eclipse ha saputo rendersi negli ultimi anni autentica punta di diamante dell’intera scena. La base, una serie di canzoni scritte pensando ad una voce in particolare, quella dell’eterno ed inesauribile Ronnie Atkins, leader dei Pretty Maids, condottiero di lungo corso a cui vanno attribuite alcune delle pagine migliori del melodic rock dal 1985 ad oggi. Uno, per farla breve, che non ha praticamente mai sbagliato un colpo o patito un passo falso, nemmeno a volerlo cercare con la proverbiale lanterna.

Da una coppia così, non poteva nascere altro che un qualcosa di assai notevole. Un bel misto, come dicevamo in apertura, di classe ed abilità, mescolate ad energia, eleganza e godibilità d’ascolto.
Il disco d’esordio, edito nel 2016 per Frontiers Music era stato tutto questo, tanto da meritarsi in un attimo il titolo di una delle migliori uscite dell’annata.
Dati gli esiti, non era quindi difficile supporre un possibile seguito per un side project “nato bene” ed indubitabilmente destinato a crescere di conseguenza: la seconda uscita, o “second coming” come la chiamano loro, era in pratica scontata.
E tant’è, eccola puntuale manifestarsi sempre sotto la rassicurante ala di “mamma” Frontiers con tutto il carico di belle aspettative connesse ed inevitabili. Inevitabili soprattutto alla luce delle considerazioni esposte in apertura, relative ad un livello e ad una caratura dei promotori che potrebbe sorprendere solo qualora i risultati fossero in qualche modo sconvenienti o forieri di qualche delusione.

Macché. 
Nemmeno in questo caso Martensson e Atkins sembrano voler lasciar spazio ad un barlume, anche solo piccolo-piccolo, di banale mediocrità. Il primo, è perfetto in ogni ruolo, il compare “microfonato”, migliora addirittura con il tempo, confermandosi come uno dei singer migliori su piazza in tali ambiti.
La sensazione, come già accaduto con l’eccellente esordio, è istantaneamente positiva. Sin dal primo passaggio è facile notare come l’impasto melodico che si pone trasversalmente tra le anime delle due band d’origine – Eclipse e Pretty Maids – sia stato mantenuto in perfetto equilibrio, cristallizzato in un bilanciamento che non permette a nessuna delle due di prevalere sull’altra.
L’ibrido tra l’esuberanza hard rock degli Eclipse e l’orecchiabilità talora più melodica dei Pretty Maids viene conservata come una ricetta i cui ingredienti non possono e non devono essere modificati. Proprio da lì, infatti, sgorga la bellezza di un progetto che riesce a sintetizzare il meglio di due band straordinarie, mettendone in evidenza i risvolti ed i tratti identificativi senza che questo significhi tuttavia un eventuale mancanza di personalità.

Non quindi “un po’ Eclipse ed un po’ Pretty Maids”. 
Molto semplicemente “Nordic Union”.

Più in generale, la percezione autentica che deriva dall’ascolto è la medesima verificata con il debut album: una serie di brani costruiti sfruttando con disarmante leggerezza le enormi doti in termini di songwriting ed esecuzione in possesso di una coppia d’assi.
La qualità viene distribuita con disinvoltura e si uniforma lungo l’intera tracklist, zampillando, qua e la, all’interno di ogni episodio.
Capita poi, di reperirne pure qualcuno perfino superiore: “Because of Us”, “Breathtaking”, “Rock’s Still Rocking” e – soprattutto – “Die Together”, sono tra questi, simboli di un disco che bissa in toto la bontà del suo predecessore, assumendone in tutto e per tutto i connotati anche per quanto riguarda il potenziale di crescita in esso racchiuso. 
Con il procedere degli ascolti, è facile legarsi sempre di più, assorbendo atmosfere e suggestioni che una volta metabolizzate sedimentano a lungo, cementificando l’idea di un lavoro costruito con competenza e passione, senza lasciar nulla al caso e libero dal “mestiere” fine a se stesso. 
Quello che ti permette di tirare a campare ma non lascia trasparire particolari emozioni.

Un grande album in sostanza che, ci sia concesso, offre l’assist per una considerazione finale.
Dopo la pubblicazione nel corso del 2018 di gioielli come le ultime uscite di W.e.t., Gioeli/Castronovo, Treat, Groundbreaker, Seventh Wonder, Creye ed ora Nordic Union (giusto per citarne qualcuno) non possiamo che tributare un proverbiale “tanto di cappello” ad un’etichetta come Frontiers Music, autentica e stimabilissima custode del miglior melodic rock.

Intanto, come per tutti gli altri appena citati, proseguiamo con l’ascolto reiterato anche di “Second Coming”: le orecchie ben abituate alle delizie melodiche ed AOR ringraziano sentitamente…

 

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