Recensione: Second floor

Di Eugenio Giordano - 29 Maggio 2003 - 0:00
Second floor
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Anno: 2003
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72

Era il 1996, tutto doveva ancora succedere in Italia, c’era nell’aria quell’atmosfera che precede i grandi cambiamenti, era l’inizio di una vera epoca del metal italiano dopo tanti lunghi anni di ingiusta sudditanza nei confronti del colosso teutonico, ottusamente sordo verso la nostra scena. Negli studi Zenith si riunisce una squadra di musicisti che saranno destinati a tracciare il destino del power metal italiano degli anni che verranno, sono Frank Andiver, Andrè LaFisic, Olaf Thorsen, Chris Breeze, Andrea “Tower” Torricini, Andrew McPauls, Steve Wawamas, Gianca, e il misteriso e ancora innominabile Wild Steel: sono gli Shadows of Steel e dal loro esordio discografico omonimo partiranno le carriere di band che successivamente si imporranno sul mercato europeo raggiungendo risultati mai sperati fino ad allora per degli italiani. Dopo anni di sacrifici e un vero travaglio discografico, finalmente arriva sul mercato il nuovo full lenght del gruppo capitanato dall’eccezionale ugola Wild Steel con al suo fianco il discusso batterista-producer Frank Andiver, il fedele bassista Steve Wawamas e i chitarristi Ice Raven e Jackson, già presenti su “heroes” insieme alla partecipazione di Andrea “Tower” Torricini e del tastierista Andrea DeStefani, in una formazione tutto sommato stabile rispetto all’ultima pubblicazione in senso cronologico. Si parte alla grande con la title-track pezzo potentissimo e veloce che ci regala gli Shadows of Steel nella loro incarnazione più convincente e brillante, forti di una esecuzione sopraffina e di linee vocali inarrivabili come quelle del frontman Wild Steel, inutile dire che già dall’opener si comprende l’importanza di questo platter. Brillante e vivace anche la successiva “Somewhere High Above” che a tratti ricorda l’approccio dei primi Angra, ma che comunque mantiene in pieno il trademark del gruppo nostrano con melodie teatrali e veloci cambi di tempo e accelerazioni imprevedibili, altro ottimo brano. Con la terza “Heroes” già presente sul mini cd omonimo, abbiamo uno dei migliori ritornelli della storia del gruppo, perfetta anche qui la sezione ritmica con un Frank Andiver stellare dietro le pelli, l’approccio dei chitarristi appare piacevolmente differenziato riproponendo il concetto di chitarre duellanti tipico degli anni ottanta. Più ragionata e progressiva “King Of The Island” ci riporta alle sonorità più ricercate ed eleganti degli Shadows of Steel, quelle stesse caratteristiche che ne hanno generato la fama e il prestigio presso il mondo degli addetti ai lavori e che si spera possano essere apprezzate anche dal grande pubblico. Il tiro della composizione rimane invariato nella successiva “Dame And Lord” dove troviamo spesso spunti progressivi e tecnici delle testiere abbinati all’ottimo duetto vocale tra Wild Steel ed Eleonora Benvenuti che possiede un timbro elegante e personale, lontano dal solito gorgheggio angelico tanto di moda oggi. Splendida e drammatica arriva “December” che ci regala una prova vocale sopraffina del leader, sulla falsa riga del suo maestro artistico, quel mito incredibile chiamato Midnight che dominò gli anni ottanta con i suoi Crimson Glory e di cui oggi Steel sembra essere l’unico vero erede, ammesso che non sia lui! (Gli Shadows of Steel hanno anche reso omaggio ai Crimson Glory con la cover di “Painted Skyes” su “Twilight”, ndr). Altra pallottola impazzita si rivela “Crying” ancora una volta impostata su un power velocissimo e melodico dove i riff serrati e la batteria incessante compongono un’ossatura ritmica tellurica ma anche melodica che dal vivo provocherà un vero putiferio sotto il palco. Il song writing di “Distant Voices” è un altro buon motivo per appassionarsi a questo nuovo “Second Floor”, anche in questo caso è la tecnica e la bravura del gruppo a contribuire alla riuscita del pezzo, ma anche qui gli Shadow Steel si dimostrano ricercati e eleganti. Nonostante più rallentata, risulta teatralissima “Talk To The Wind”, ancora una volta dominata da intersssanti strutture progressive e ricca di passaggi tecnici con il solito Wild Steel a tessere intriganti linee vocali. Forse questo brano merita qualche ascolto per essere apprezzato totalmente. Il disco si conclude con la trascinante “The Playing Room V”, brano dalle chiare origini power che ci conduce con la sua ariosa atmosfera verso la conclusione del platter.

Gli Shadows of Steel si dimostrano con “Second Floor” indubbiamente all’altezza delle grandi power metal bands made in Italy. Un album caldamente consigliato a coloro che adorano le sperimentazioni tra i diversi generi metal (heavy, power e prog) e che perciò, secondo me, difficilmente ne rimarranno delusi.

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