Recensione: Self Conditioned, Self Limited [Reissue]

Di Stefano Ricetti - 15 Luglio 2014 - 9:30
Self Conditioned, Self Limited [Reissue]
Band: Deathrage
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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70

Alex Vicini dei Deathrage non è mai stato uno che le ha mandate a dire. In una vecchia intervista apparsa sulle colonne di Metal Shock, il bassista prendeva le distanze dall’universo metallico che gravava sulla propria città, Milano, a Suo dire foriero di invidie, rockstar da strapazzo, gelosie fra band nonché una zona nella quale per apparire sui palchi che contavano, tipo quello dell’allora Palatrussardi, bisognava per forza pagare. In virtù di tutto questo i Deathrage si sono sempre sentiti più hardcore, come mentalità, che non altro. Come scritto sul sito che porta il Loro nome, i Nostri prendono forma all’interno delle pulsioni nate presso il Virus di viale Piave 9, a Milano, un ex ritrovo di punk. L’altro fondatore, oltre ad Alex, è Mauro Tonon, che sin da subito si occupa del cantato. La batteria venne affidata a Roberto “Jena” Sambusida, anch’esso frequentatore del locale posto nei dintorni di Porta Venezia. Tramite un’inserzione i Nostri approdano al chitarrista Lorenzo Marconi e da qual momento inizia la vera parabola musicale dei Deathrage. Sin dalle prime prove il gruppo realizza che al proprio suono manca ancora qualcosa e vi è quindi l’entrata all’interno della line-up di una seconda chitarra affidata a Davide Castelli. I milanesi si ricavano il meritato interesse da parte dei fan del panorama underground grazie a un sound possente, nonché a dei testi improntati al sociale che rifuggono completamente i rigurgiti occulti che altre band dell’epoca utilizzano a piene mani.

Il primo demo vede già un avvicendamento alla seconda ascia: fuori Davide Castelli e dentro Massimo De Stefanis. E’ del 1988 l’uscita del primo prodotto ufficiale sotto forma di Lp: Self Limited, Self Conditioned vede la luce sotto Metalmaster e gode della cura tecnica dei lavori da parte di AC Wild dei Bulldozer, autentico Re del rumore di quegli anni. 

Come dichiarato dagli stessi Deathrage, le influenze all’interno del disco d’esordio si sprecano: “si passava dall’ascolto dei Judas fino ad arrivare ai Napalm Death, passando per i Motorhead”. Self Limited, Self Conditioned viene accolto tiepidamente dalla critica italiana dell’epoca mentre riscuote molti più consensi dall’estero. Una su tutte, la recensione in termini lusinghieri ottenuta da parte della bibbia cartacea degli anni Ottanta, l’inglese Kerrang!

E’ recente la ristampa dell’esordio dei Deathrage dalla copertina in bianco e nero da parte della Punishment 18 Records, etichetta che da tempo si distingue per l’attenzione che ripone nei confronti delle riedizioni di album di culto risalenti a qualche decennio fa, andando a pescare nell’estremo ma non solo. Il disco viene riproposto in formato Cd con l’aggiunta di quattro tracce bonus appartenenti al primo demo e si accompagna a un libretto di dodici pagine con tutti i testi comprensivo di varie foto della band, anch’esse rigorosamente non a colori. 

La ferocia espressa fra i solchi di Self Limited, Self Conditioned, da parte del combo meneghino è palpabile, all’interno delle dodici canzoni proposte. Violenza cieca alternata a passaggi massicci che sconta qualche inevitabile momento acerbo, tipico dei dischi d’esordio. Quello che conta in operazioni di questo tipo è però riuscire ad assaporare l’umore di un‘epoca, cioè il modo di proporre un certo tipo di thrash da parte di una band italiana incazzata con tutto e con tutti – a parte qualche selezionata eccezione -, e la reissue targata Punishment 18 riesce a farlo, pienamente, grazie a un suono grezzo il giusto ma bello potente. La mano pesante di AC Wild è riconoscibilissima, a partire dal cantato di Mauro Tonon. La ricetta applicata dai Deathrage prende spunto da Metallica – quelli dei bei tempi che furono, ovviamente – e Overkill per quanto concerne la parti più pesanti, mentre Slayer e Bulldozer dettano le coordinate stilistiche in termini di velocità. Hard Times are Coming, Killing for Fame, Call of Death e la stessa Deathrage, dal finale spiritosamente all’insegna della defecatio, sono schegge impazzite che attendono solo di mietere vittime, anche se poi le cronache enumereranno pochi concerti a favore dei Nostri, prevalentemente svoltisi nel nord del Paese.    

Il successivo full length, Down in the Depth of Sickness, del 1990, anch’esso oggetto di ristampa da parte della Punishment 18, vedrà Alex “Nico” Nicolini dietro al microfono, a rimpiazzare il fuoriuscito Mauro Tonon, e segnerà l’ultimo capitolo ufficiale della favola Deathrage, che si scioglieranno di lì a poco, dopo aver inciso un ulteriore demo.  

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

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