Recensione: Sepulchral Temple

Di Vittorio Sabelli - 16 Dicembre 2014 - 14:08
Sepulchral Temple [EP]
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2014
Nazione:
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72

Una band ‘Internazionale’ i Sepulchral Temple, i cui membri provengono dal triangolo Finlandia, Gran Bretagna e Cipro.

Nomi impronunciabili, in attività dal 2009, si presentano con un EP omonimo, prima traccia della loro esistenza, vista l’assoluta mancanza di demo o registrazione passate.

Le due tracce che lo compongono sono l’inno al death metal. Rozze, grezze, suoni old-school, voce da orso polare, che potrebbero ricondursi, se proprio ci fosse l’esigenza, alla scuola polacca, quella di Stillborn, primi Vader e con un pizzico di Morbid Angel per quanto riguarda le parti slow.

“Salvific Dance” dopo un’intro incerta sulla quale le chitarre impazziscono su uno slow-time, ecco che il ‘ride’ di VVSXL scandisce un 12/8 che porta a un ‘quattro’ sul quale la voce di THLLTNJ viene fuori alla grande dagli abissi. Inserti di follia si inseriscono fuggitivi, ma la matrice resta sempre ancorata alla old-school, con un sound granitico e poderoso. La sezione centrale è free e caotica prima di riprendere il tema della chitarra iniziale, e ancora sotto con tempi pesantissimi e scanditi prima di ulteriore attacco mirato, che chiude questa prima parte.

“Sepulchral Temple” è più varia della precedente, se non altro per la presenza di riff melodici scandinavi, che si alternano a tempi che però non accelerano mai, lasciando questa sensazione di pesantume fisico e cerebrale. Anche quando il brano decolla la cosa che risulta essere più pesante non è la velocità quanto l’insieme’. Perché seppur tecnicamente la band non faccia scintille, il sound e la costruzione dei brani è da far girare la testa.

Per gli amanti della vecchia scuola, perché di novità neanche una traccia. Ma non è per questo che i Sepulchral Temple sono nati, quanto per assalirci con una massiccia dose di grinta e sudore.

Che dire, li aspettiamo su full-length, sperando che mantengano fede alla loro spontaneità.

Da tenere sott’occhio.  

Vittorio Sabelli

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