Recensione: Serpenthrone

Di Alberto Fittarelli - 27 Aprile 2005 - 0:00
Serpenthrone
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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80

Pare proprio che la nuova frontiera del metal estremo, almeno sino a quando
non si saturerà anch’essa, sia la Polonia: nazione relativamente
“giovane” quanto a mercato che sta quindi sfornando una serie
impressionante di gruppi e rispettivi dischi magari non originalissimi, ma di
ottima qualità e con una personalità comunque ben definita. Impossibile non
ricollegare questi Abused Majesty ai già recensiti Naumachia:
in Serpenthrone troverete meno tastiere ed una più spiccata
aggressività, ma l’habitat sembra essere lo stesso del gruppo di Wrathorn.

I punti di collegamento iniziano con lo splendido artwork, firmato dallo
stesso artista e di stampo prettamente “anni ’90”; così come al
passato decennio si rifà un po’ tutta la musica del combo, i cui primissimi
rimandi potrebbero essere i Naglfar ed i Dissection dei demo e di The
Somberlain
. Un black/death metal aggressivo ma melodico, quindi, con una
buona capacità strumentale in tutti i reparti e un accento particolare sul
feeling epico degli arrangiamenti, sempre attenti a creare un certo tipo di
atmosfera che sa molto di Scandinavia. Il problema di un lavoro – segnatamente –
underground come questo è che non c’è una canzone che emerga tra le altre in
modo netto: tutta la tracklist si assesta su ottimi livelli, ma senza enormi
picchi; va giudicato quindi il disco nel suo complesso e i singoli passaggi con
esso. Vocals recitate che si inseriscono nello screaming generale di Hal,
capace di usare anche tonalità più basse, in pieno stile Jens Rydén, con
ottimi risultati; una batteria ben articolata e suonata con gusto e perizia,
senza esagerazioni di sorta; e un riffing di alto livello creato da Maar
e Socaris, i due veri perni su cui poggiano tutte le composizioni del
gruppo, con i classici inserti melodici di stampo heavy (mai però in grosse
quantità) e la capacità di spaziare dagli stoppati ai riff lineari in pieno
stile black svedese.

Non che manchino, anche in quest’album, le tastiere: ma il loro ruolo non è
quello di strumento solista o di copertura della musica coi tipici
“tappeti”: si parla infatti di inserti brevi ed estemporanei,
perlopiù, a sottolineare la cadenza del riffing e le ritmiche; e con un effetto
suggestivo, non c’è che dire.
i limiti del gruppo, come per tutte le band giovani, risiedono nell’ingenuità
di alcuni passaggi e nei facili rimandi al sound di dischi più celebri usciti
in passato: come è giusto che sia bisogna dare il tempo agli Abused Majesty
di sganciarsi dagli idoli della propria cultura musicale per rendere brani più
che buoni come Reviving the master of the dead, la melodica A burning
army
o The crown of the serpentine king dei veri anthems, come già
si pongono ora. Un pizzico di maturità in più, quindi, e questo gruppo ne
farà vedere delle belle: ma agli appassionati non posso che consigliare
questo Serpenthrone, uno dei dischi più genuini ed ispirati usciti negli
ultimi anni nel filone death/black
.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. A Dream of Sleeping Warriors 
2. The Path of Sword 
3. Reviving of the Master of the Dead 
4. The Crown of the Serpentine King 
5. The Fall of Black Fortress 
6. A Burning Army 
7. Upon the Throne of Serpents 
8. Ravens Brought Them Victory 
9. The Inferno that Took His Life
10. Epilogue – A Prophecy: Fall of the Last Temple of Time

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80