Recensione: Shades of Solstice

Di Alessandro Calvi - 19 Novembre 2008 - 0:00
Shades of Solstice
Band: Hin Onde
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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45

Secondo, e ultimo, album per i finlandesi Hin Onde questo “Shades of Solstice”. Son passati 3 anni dal precedente disco d’esordio “Songs of Battle” che aveva sollevato diversa attenzione nel fandom del viking-folk. Le promesse di questo nuovo gruppo furono in parte deluse, quindi è con nuove speranze e un po’ di trepidazione che gli appassionati si avvicinano a questa loro seconda opera.

Purtroppo le aspettative, è il caso di dirlo subito, son andate quasi totalmente infrante.
L’ibrido creato sul precedente album, che annoverava influenze folk, black e, a volte, anche heavy, si ripresenta immutato su questo nuovo platter. In effetti la proposta degli Hin Onde risulterebbe anche piuttosto personale e interessante, se suonata e prodotta con un minimo di convinzione in più.
I difetti di produzione son gli stessi messi in luce per il precedente cd. Mix degli strumenti che varia da brano a brano, risultando ora buono e adeguato, ora sbagliando tutti i volumi e andando a confondere la base strumentale sotto a una voce che copre tutto, altre volte, al contrario, tenendo una o entrambe le voci così basse da risultare quasi incomprensibili.
Non contenti, gli Hin Onde sembrano volerci mettere anche del loro. Se già la produzione martirizza le tracce, i musicisti sembrano aver voluto fare altrettanto, se non peggio, sotto il profilo del songwriting e dell’esecuzione. Gli arrangiamenti son spesso abborracciati, quasi casuali, producendo inascoltabili salti di note da una melodia all’altra che stridono terribilmente.
Il peggio però lo si tocca con la voce pulita. La band infatti vanterebbe un singer arruolato esclusivamente per le clean vocals. Tanto sarebbe stato meglio per gli Hin Onde se si fossero dedicati esclusivamente al growl. Mentre la voce di Narqath (al secolo Tomi Kalliola) è infatti sempre adatta, anche se un po’ monocorde, quella di Kiana (alias Jani Hytonen) è quasi perennemente stonata. Là dove riesce a seguire, forse per puro miracolo, la melodia, canta con una verve pari a quella di un comodino suonando non convinto, svogliato, assente. Quello che risulta quasi incomprensibile, almeno al sottoscritto, è come sia possibile che proprio il brano in cui questi difetti sono maggiormente evidenti, cioè “Ukonvasara”, venga piazzato addirittura in apertura del disco. Il risultato è, ovviamente, di rovinare l’ascolto anche del resto del cd sminuendo anche quei successivi capitoli non così pessimi come l’inizio. Canzoni come “Lamentations of the Wind”, “Perileous Journey” o “In the Forest of Mourning” sembrerebbero, infatti, avere anche qualche freccia al proprio arco, ma il tutto è sommerso da difetti tali in grado di squalificare anche tracce qualitativamente molto migliori.

Gli Hin Onde salutano i propri fan dopo soli due album di studio e, duole dirlo, non sembra essere del tutto un male. I pochi spunti positivi e interessanti della loro musica risultano infatti pressoché annegati in una serie di errori di produzione e di song-writing. Un acquisto consigliato solo agli strenui collezionisti della scena viking-folk, col consiglio di non ascoltarlo mai.

Tracklist:
01 Ukonvasara
02 Sorcery of the Nameless
03 Supreme Chaos
04 Lamentations of the Wind
05 At the Gates of Pagandom (unreleased bonus track)
06 Perilous Journey
07 In the Forest of Mourning
08 Galdr
09 The Archaic Traveller
10 Shades of Solstice

Alex “Engash-Krul” Calvi

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