Recensione: Shapeshifter

Di Andrea Bacigalupo - 19 Novembre 2016 - 16:24
Shapeshifter
Band: Mortillery
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2016
Nazione:
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65

Il Thrash Metal ebbe origini nei primi anni ’80 principalmente negli Stati Uniti, con epicentro nella Bay Area di San Francisco, ed in Germania. La musica, però, non ha confini e questo nuovo genere si espanse, quasi in contemporanea, anche in molte altre parti del globo, tra le quali il Canada, fucina di tanti gruppi passati alla storia.

Tra i fabbri più tenaci, che continuano a battere il martello sull’incudine forgiando metallo rovente, citiamo gli Anvil di Toronto con il loro Heavy Metal, gli Exciter e gli Annihilator di Ottawa con il loro energico Thrash e gli innovativi e sperimentali Voivod di Jonquière.

Questi, insieme ad altri quali Razor e Piledriver, gettarono le basi del movimento canadese le quali, alla fine degli anni ’90, furono ulteriormente rinforzate dall’entrata in scena dei 3 Inches of Blood di Vancouver, uno tra i primi gruppi a contrapporsi al preponderante Nu Metal di allora, preferendo seguire le coordinate dettate dai gruppi della decade precedente.

In tempi più recenti, a rappresentare la terra dei grandi laghi si sono aggiunte giovani band quali i The Agonist, dediti ad un Melodic Death / Metalcore, ed i Thrasher Mortillery. Questi ultimi si sono formati nel 2008 e sono presenti sul mercato con tre full-lengths; l’ultimo, intitolato “Shapeshifter”, è uscito il 27 maggio 2016 sotto la label Napalm Records.

Con la nuova fatica il combo prosegue il lavoro dei gruppi della cosiddetta seconda ondata, quali Nuclear Assault e Stormtroopers of Death (S.O.D.) proponendo un Thrash molto istintivo ed arrabbiato, prodotto della fusione tra i toni più forti dell’Heavy Metal ed il dinamismo spregiudicato dell’Hardcore.

La velocità è il fuso sul quale i Mortillery filano il loro songwriting: una sezione ritmica dirompente lega strofe e refrain repentini; la Vocalist Cara McCutchen è al contempo aggressiva, selvaggia ed ha una buona estensione; gli assoli di chitarra, derivanti dalla scuola più tradizionale del Metal, s’integrano bene nei pezzi in cui sono inseriti.

L’album lascia senza respiro per tutta la sua durata, di poco più di quarantadue minuti e mezzo.

Tra i nove brani presenti si eleva l’opener “Radiation Sickness”, traccia velocissima introdotta da un pezzo marziale e potente in chiaro stile Heavy Metal. La successiva “Age of Stone” inizia con un tempo medio con la doppia cassa in evidenza, che conduce a strofe dinamiche e prepotenti frammentate da un buon riff di chitarra. Passando per la terza “Bullet” si arriva a “Mantis”, in questo caso la velocità eccessiva si dimostra un’arma a doppio taglio: non si riesce quasi a distinguere la strofa dal refrain. In “Black Friday” la sezione ritmica basso – batteria forma un muro sonoro di grande impatto, è il primo pezzo in cui Cara sfoggia la sua voce naturale, dimostrando di avere una buona padronanza degli acuti e di possedere un’estensione in sintonia con quella di un Rob Halford dei bei tempi. Buona la sua capacità interpretativa, soprattutto quando dal cantato in clean passa allo scream. Nella sesta traccia, “Wendigo”, le sonorità della NWOBHM vengono estremizzate ed affiancate a quelle più tipiche dell’Hardcore, particolare è la parte finale dove le strofe vengono via via sostituite da un assolo di chitarra.    

La Tittle-Track “Shapeshifter” chiude l’album; la traccia ha una struttura moderna, evidenziata essenzialmente da un cantato in clean contrapposto ad una seconda voce growl. Un basso in prima linea accompagna un ricco assolo che anticipa l’ultima strofa, poi un arpeggio di chitarra, unico momento “tranquillo” di tutto il disco, porta alla parte finale della composizione, dove esplode tutta la potenza del gruppo. Esaltante è la chiusura del brano, d’intensità pari a quella della fine di un concerto. La differenza con i pezzi precedenti ed il suo titolo (mutaforma) accrescono la curiosità sulla prossima direzione evolutiva che i Mortillery vorranno intraprendere.

La band con l’album “Shapeshifter” ha espresso molte buone idee, attingendo a piene mani dal passato per produrre un album moderno ed al passo con i tempi. Un disco di vero Thrash Metal, con poche sbavature che però non ne pregiudicano il giudizio positivo.

Infine, per i più appassionati, si segnala che oltre alla versione di nove tracce dell’album, ne è stata stampata un’altra contenente tre ulteriori bonus-track, di cui una è la cover di “Shine” dei Motorhead.

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