Recensione: Shrine To The Trident Throne

Di Vittorio Sabelli - 19 Novembre 2014 - 21:31
Shrine To The Trident Throne
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2014
Nazione:
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79

Gli Imperial Triumphant sono un trio americano formatosi nel 2005 ma non particolarmente attivo sotto il punto di vista della produzione, poiché in quasi dieci anni possiamo contare nella loro discografia tre EP, un demo, un singolo e un solo full-length. Nonostante la scarsa vena produttiva il materiale proposto è di buonissima fattura, e va a scardinare i prototipi old-school del black metal norvegese.

 L’occasione di rivederli con una nuova uscita suscitava tanto interesse, ma “Shrine To The Trident Throne” altri non è che l’unione del loro unico album “Abominamentvm” del 2012 con l’EP “Goliath” dello scorso anno…allora prendiamo la palla al balzo per entrare in pieno nella musica del trio

L’intro(spettiva) “Hierophant” è dominata da poche note distorte del quattro corde di Malave sul quale si staglia un riff paranoico e atonale che detta i tempi di “Manifesto”, nuda e cruda come tradizione norvegese vuole. Buoni gli inserti che si contrappongono al massacro sonoro: stop e attimi di respiro atonali e zeppi di effetti stralunari sempre ben sostenuti dall’incessante drumming di Alex Cohen e dall’ottima presenza del basso di Malave, non solo in fase costruttiva ma anche di assolo, che portano a un finale mozzafiato.

Le chitarre psichedeliche nella parte iniziale di “Crushing The Idol” sono ben distribuite per dettare uno slow-time che incalza in un riff di puro stampo scandinavo, sul quale la doppia cassa inizia a rullare per portare il brano verso ambiti medium. I cambi di tempo si susseguono in maniera lineare con le chitarre e la voce di Ilya Goddessraper paranoiche all’inverosimile, che blatera dal profondo degli inferi, portando il brano in un fader che si collega in maniera spontanea a “Credo in Nihil”, brano più che strumentale parlerei di effettistico.

“Devs Est Machina” riparte a mille e si sviluppa in maniera aggressive e con una sorta di invocazione di massa:

“Devs – Est – Machina

Rusting Behemoth

Souls Writhe In Torture

Singing Hymns Of Ecstasy“

La band non molla la presa per un attimo e le atmosfere restano oscure e tetre per tutta la durata del brano, soprattutto nella sezione che anticipa il finale: un grande slow atonale in cui la libertà d’azione della band permea l’aria in maniera massiccia e greve, chiudendo con una distorsione che distrugge i timpani. “Scaphism” è il secondo episodio effettistico con una mosca e un pianoforte scordatissimo che esplode in “S.P.Q.R.”, omaggio alla Roma che fu:

“Breathing In The Cold

Winds Of Hell

A New Rome

For Us To Burn”

Ancora una volta tempi dispari si alternano a sezioni veloci e slow, ma sempre tenendo alto l’interesse. “Bellvm” chiude il primo cerchio dell’album “Abominamentvm” in maniera grave, incessantemente lento ed evocativo.

I due brani aggiuntivi provenienti dall’EP “Goliath” dello scorso anno estremizzano ancor di più il discorso atonale, a tratti caotico della band, sempre comunque mantenendo un giusto equilibrio tra follia e ragione. Mentre “Sodom” è variopinta e presenta diversi livelli di sezioni folli, “Gomorrah” gira abbastanza pulita inizialmente, prima di riprendere in mano le radici oscure della band, tra tempi dispari e riff che non danno comunque l’impressione di ‘scontato’, nemmeno quando il tempo rallenta e torna il basso di Malave a dare nuovi colori, prima di un ultimo decisivo attacco per chiudere questo capitolo.

Che dire, soddisfatto al 100% da questo trio proveniente da New York, che è riuscito a destare nel sottoscritto un interesse psichico non indifferente. Ottima musica, ottime idee, ottimo filo conduttore…insomma, un disco da avere!

Aspettando con interesse il prossimo lavoro.

Vittorio Sabelli “Dawn Of A Dark Age”

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