Recensione: Si Vis Tere, Para Bellum

Di Giuseppe Casafina - 4 Ottobre 2018 - 17:30
Si Vis Tere, Para Bellum
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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75

“Spegni quel Pandemonio!”

Tali furono le parole recitate, anzi urlate, dalla mia genitrice la prima volta che inserì il suddetto disco nei meandri del mio impianto stereo: a conti fatti, devo ammettere che il termine ‘Pandemonio’ ben si adatta a quanto contenuto in questa Opera Prima (debutto per i meno avezzi) dei Death Metallers siciliani Humanity Eclipse. Ok, non prendiamoci in giro, il Death Metal generalmente non piace alle mamme e men che mai alla mia, la quale urla di casino anche solo all’accenno di un pezzo dei Thin Lizzy, però l’impatto mostruoso e senza compromessi di “Si Vis Tere, Para Bellum” in effetti non te lo spiegheresti in altri termini, perché sarebbe come definire Rocco Siffredi un semplice spogliarellista (ignorandone la vera carriera) oppure un cancro un dono…no aspè, mi dicono che quest’ultima è già successa!

Eh sì, puniscici Mondo allora! Che ‘Universal Scum’ sia, come recita uno dei pezzi di questo gradevolissimo platter ‘brutallico’ ad altissimo tasso di velocità.

Ma calma, andiamo con ordine…ok, calma ed ordine non sono proprio due delle doti fondamentali richieste con cui lasciarsi andare ad un disco Death Metal, ma in fase di analisi lo sono eccome. I Brutal Death Metallers catanesi, attivi sin da fine anni ’90 e riformatisi tre anni or sono, sono finalmente giunti all’agognato debutto discografico, e francamente mi chiedo cosa diamine abbiano aspettato per rendere questo sogno realtà solo ora. “Si Vis Tere, Para Bellum” si rivela, oltre che un piacevolissimo episodio discografico come poco sopra accennato, anche un vero e proprio manifesto di brutalità senza compromessi, ingiustamente sbeffeggiato da pubblico ed addetti ai lavori. Gli Humanity Eclipse, sia chiaro sempre, come tantissimi altri non inventano poi chissà cosa, bensì si limitano a suonare un Death Metal che sia il più possibile schizzato, assassino, viscerale e pieno di odio e risentimento verso la razza a cui apparteniamo. Già, perché non so voi ma a conti fatti risulta che ne esista una sola: quella umana, ed a quanto pare ai cari Humanity Eclipse questa razza fa parecchio schifo, almeno a giudicare da elementi quali testi e titoli del brani, che ben si adattano a brani tanto aggressivi quanto brevi, con il risultato finale di regalare al malcapitato ascoltatore un disco sì violentissimo, ma mai noioso ed infarcito di schemi eccessivamente inutili, già sentiti e ripetitivi.

I numerosi campionamenti poi, posti tra un brano e l’altro, smorzano la tensione al giusto prima di caricare nuovamente un nuovo missile allì’interno del cannone del Panzer di Trinacria.

A livello di influenze, giusto per lasciar intendere su quali binari insanguinati dovremo attendere il nostro treno della morte, quanto proposto dai cari siculi è un Death Metal che a livello personale mi risuona moltissimo come una versione realmente tirata all’eccesso degli eternamente adorati (tranne in fasse Gabber/Raver, sapete a cosa mi sto riferendo…) Morbid Angel, con leggere punte Deicide: ci muoviamo nei pressi della pura scuola americana quindi ma sia chiaro, facile fraintendere quanto scritto qui in quanto su questi binari si estremizza davvero il tutto, il suddetto treno viaggia più veloce di un Freccia Rossa (anzi Rosso Sangue) e la tensione rimane altissima dall’inizio alla fine di ognuna delle singole cartucce qui caricate, quasi come se avessimo a che fare con un “Panzer Division Marduk” in chiave 666% Brutal Death.

Il songwriting è volutamente conciso, secco e l’estrema brevità del platter fa sì che l’innata brutalità non riesca a divenire il punto debole dell’intera opera, regalando così un disco di certo (come già nuovamente accennato) non innovativo ma la cui unica pretesa è quella di prenderci sonicamente a bastonate dall’inizio alla fine. Perché, così facendo, la rissa durerà anche poco ma ma statene certi, farà comunque malissimo e le ferite riportate saranno in ogni caso di estrema gravità. Garantito.

Un delirio automasochistico, in senso buono. E dal vivo, fidatevi, rendon cento volte di più, come se non bastasse la già alta dose di furia qui presente tra questi solchi del decadimento umano.

Gustosi. Forse anche più.

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