Recensione: Silence The World

Di Daniele D'Adamo - 3 Maggio 2013 - 14:34
Silence The World
Band: Adept
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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86

 

«La bellezza del metalcore».

Parafrasando la tragica storia di Faust, non esiste frase migliore per sintetizzare al meglio “Silence The World”, terzo full-length degli svedesi Adept che, nati nel 2004, possono oggi farsi forza – anche – di una produzione discografica di tutto rispetto (“Hopeless Illusions”, demo, 2004; “When The Sun Gave Up The Sky”, EP, 2005; “The Rose Will Decay”, EP, 2006; “Another Year Of Disaster”, CD, 2009 e “Death Dealers”, CD, 2011) per coniugarla a un indubbio talento artistico e a un’esperienza notevole nel campo specifico.  

Campo che, come si è detto, è quello del metalcore. Metalcore melodico post-1995 (‘seconda ondata’), figlio di due genitori stilisticamente importanti quali l’hardcore e il gothenburg metal; nel caso degli Adept perfetta sintesi fra l’arcigna ritmicità del thrash e l’ariosa armoniosità del melodic death metal.    

Spesso questo genere musicale è accumunato a ensemble i cui membri sono poco più che adolescenti, in possesso di una tecnica strumentale adeguata ma il cui scopo, spesso, appare quello di ‘acchiappare’ quanti più teenager (magari di sesso femminile…) possibili con song semplici e lineari, di facile presa. Dove, magari, la parte metallica è secondaria o comunque poco rilevante nell’economia generale di un sound tirato sempre a lucido non con la brillantina di vecchia memoria bensì con il gel. Robert Ljung e soci, invece, sviscerano tutto il loro retroterra culturale fatto di metal duro, arcigno e possente, incrociandolo a un’incredibile quanto facile capacità di creare ritornelli irresistibilmente accattivanti, evitando accuratamente di cadere nella trappola dell’ampollosità o, peggio, della superficialità. Una sorta di ‘AOM (Adult Oriented Metalcore)’, insomma, definizione calzante per far comprendere quanto sia maturo il sound di “Silence The World”, giudiziosa materializzazione di un talento compositivo davvero raro da trovare in giro. Un talento espresso con genuina semplicità, senza forzature; scevro da pruriti da classifica mainstream, fatto per piacere alla band stessa e a tutti coloro che avranno la fortuna d’imbattersi in questo lavoro. “Silence The World”, del resto, non è una palestra per sperimentazioni: il metalcore che lo permea sino al midollo è da enciclopedia. Quindi, sono presenti mid e up-tempo intervallati da vertiginose immersioni nelle profondità acustiche dei breakdown; riff quadrati e stoppati dalla tecnica palm-muting; cori di ampio respiro e trasognanti; bassi profondi e carnosi; linee vocali agre e scabre; suoni taglienti come lame di rasoio.

Ma le canzoni…

Undici chicche, fra le quali alcune si possono tranquillamente indicare come capolavori del genere. I quaranta minuti di durata del platter scorrono velocemente sin dal primo ascolto nell’irrefrenabile voglia di cominciare daccapo, via via librandosi con la mente in alto nel cielo, travolti da una musicalità che libera il pensiero dalle misere vicende del genere umano. Seppur agile e scoppiettante, il ritmo di “Silence The World” è costantemente ammantato da un velo di languida melanconia che ne approfondisce il valore emotivo. Per citare un esempio, una sensazione di struggente tormento interiore come quella che, così bene, hanno saputo suscitare i Devil Sold His Soul nei loro dischi.

Per tornare ai singoli brani, è del tutto inimmaginabile resistere al fragore torrenziale del micidiale giro iniziale di “Established 2004”, da segnare assolutamente come uno dei migliori momenti della storia del metalcore, in cui si trovano intatti tutti i flavour di cui deve essere pregno il genere stesso. Come, del resto, i fantastici cori di “Forever And A Day” e “The Ocean Grave”, memorabili all’infinito come la distesa dell’oceano. Quando vogliono, poi, gli Adept pestano duro come fabbri (“Secrets”, “Means To An End (The Greatest Betrayer)”), non mancando mai, comunque, di allietare i timpani con le loro incontenibili melodie. Ancora, “Heart VS. Beats” che, come da titolo, propone micidiali stop’n’go in alternanza a chorus da incanto a occhi aperti. Infine, “Aftermath”, le cui accelerazioni sono tese – sempre e comunque – a sostenere una capacità di scrivere passaggi melodici davvero senza pari (o quasi) nell’attuale panorama del metalcore e non solo.

Stupenda sorpresa, questo “Silence The World”, così come i suoi creatori. Gli Adept possono considerarsi, allo stato attuale, una delle migliori realtà di un genere che, spesso considerato artisticamente povero, rivela una potenzialità musicale enorme, se supportato da classe adeguata. E, ai Nostri, questa non manca. Anzi… abbonda!

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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