Recensione: Silhouettes of Stars

Di Tiziano Marasco - 20 Settembre 2017 - 7:00
Silhouettes of Stars
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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80

La sbadataggine, spesso e volentieri, è un difetto. Ma non sempre, e in quei rari casi di solito riserva sorprese. Prendiamo il caso odierno, in cui operiamo il doveroso recupero di “Silhouettes of Stars” dei Midnight Odyssey, one man band australiana retta dal genio peculiare di Dis Pater. Sbadataggine prima e colpevole di esserci persi in un primo momento l’uscita di questo doppio, avvenuta in primavera. Sbadataggine seconda e salvifica di non aver notato che questo “doppio” non è un album – entrambi gli album del progetto sono doppi di una lunghezza disarmante.

Si fosse letto la presentazione di “Silhouettes of Stars”, probabilmente questa recensione non sarebbe mai stata vergata, poiché il prodotto in questione non contiene brani effettivamente inediti del Pater. Si tratta invece di una raccolta di brani già pubblicati nei vari split ed Ep emessi dal prolifico australiano, o semplicemente di pezzi che non sono stati inseriti in un album per un motivo o per un altro (motivi peraltro elencati con dovizia di particolari dal nostro). La si potrebbe definire “una raccolta di scarti”.

Ma che scarti!

I 15 brani qui inclusi – per una durata di sole 2 ore e 16 minuti – ripercorrono tutti i 12 anni di carriera dell’odissea di mezzanotte, formando una sorta di grandioso collettivo, come vedremo.

Guardiamo “The Night has Come for Me”, biglietto da visita e opener dell’album. Una cavalcata di black metal agile e veloce, sorretta da un riff con cori a traino di una bellezza impressionante. 12 minuti che tolgono il fiato e aumentano il battito cardiaco, riportando vagamente alla mente quel capolavoro ineguagliato di “Ashen Eidolon” dei Gallowbraid. Con il non trascurabile dettaglio “The Night has Come for Me” è il primo pezzo mai scritto da Dis Pater in assoluto ed è di 3 anni antecedente ad “Ashen Eidolon”.

Un buon inizio ma non è tutto. La brevità dei pezzi – perché durate dai 6 ai 15 minuti per i Midnight sono brevi – risolvono uno dei principali limiti che, a nostro vedere, caratterizza la band, ovvero l’eccessiva prolissità. Perché, ad esempio, “Shards of Silver Fade” era costituito di 8 pezzi tutti sopra il quarto d’ora, e provateci a sentirle d’un fiato.

In secundis, il già menzionato fatto di raccogliere pezzi distanti nel tempo, dona una grande varietà all’album, che pure non significa che si salti di palo in frasca. Questo anche perché il black metal è un genere conservativo che non ammette molte variazioni, e il piglio cosmico che fa da sfondo alle composizioni del Pater è un ottimo collante. Ma il black ammette anche diversi sottostili, e qui li troviamo tutti. Al black epico della opener fanno da contraltare tante piccole perle, come ad esempio la cover degli Emperor “Cosmic Keys To My Creations & Times”. Per poi tornare alle atmosfere epiche della opener nella mirabolante “The World Tree burns the Vapour”.

Ma troviamo anche tante somposizioni di black atmosferico. Da “The Sorrow of Deadalus” fino a “Fighting the Seraphin”(autentiche burzumate elettroniche), passando attraverso l’incantata “What was is no More” fino alla distortissima “Dis Pater”. Le grandi atmosfere e le ritmiche lente sono una costante che domina quasi per intero tutto il secondo cd, e regalano momenti di grande atmosfera da “Nocturnal” a “The Tempest Entranced”. Fino a chiudere con due enormi capolavori (in totale fanno 29 minuti). Il primo “A whisper’s Emptiness”, coniuga alla perfezione black e psichedelia malata. Il gran finale poi “Themes and Forest and Firmaments” è un incredibile trionfo di tastiere e pianoforti rugiadosi. E questo è l’unico pezzo effettivamente nuovo, essendo stato registrato l’anno scorso.

Possibile fare un “disco di scarti” senza riempitivi? Possiamo dire senza patemi che “Silhouettes of Stars” potrebbe essere un fascinoso precedente. 130 minuti che scorrono via coinvolgenti ed emozionanti e confermano, se ce ne fosse bisogno, che i Midnight Odyssey sono una delle migiori realtà del black attuale. Con la speranza che magari Dis Pater in futuro scorci un po’ le durate dei pezzi e ne aumenti il numero nei prossimi album. Dovessimo avere un’altra prelibatezza simile potremmo solo essere felici.

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