Recensione: Skeletons in the Closet

Di Matteo Lavazza - 28 Agosto 2003 - 0:00
Skeletons in the Closet
Band: Gamma Ray
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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85

Secondo live album dell’ormai lunga storia dei Gamma Ray, album tratto proprio dal tour che ha dato il nome a questa nuova uscita e che ha proposto ai fans della band tedesca pezzi che ormai non si sentivano da tempo in versione live.
Il livello compositivo della band è ormai fuori discussione da tempo, ma sono proprio i pezzi meno conosciuti che guadagnano notevolmente in questo live, brani come “Rich and Famous”, “No Return” oppure “Last Before the Storm”  riescono a risultare davvero molto più convincenti qui che nelle versioni originali, grazie anche ad una produzione davvero potente e compatta, oltre che naturalmente allo straordinario livello tecnico messo in mostra dalla band.
Davvero molto belle sono anche le versioni di “All of the Damned”, a mio parere una delle canzoni più ingiustamente ignorate della band, “Armageddon”, che nei suoi nove minuti e passa di durata mette in mostra tutte quelle che sono le caratteristiche e i punti di forza del gruppo, cioè un senso della melodia comune a pochi altri e una potenza mai sminuita dalle melodie, “Gardens of the Sinner”, devastante opener del doppio cd oppure “One With the World”, un brano in cui i Gamma Ray dimostrano come sia possibile suonare Power Metal senza sfruttare sempre e soltanto i soliti schemi.
Non manca anche una puntata nel passato di Kai Hansen, gli Helloween. La magnifica “Victim of Fate” viene proposta in questo live in una versione davvero spettacolare, dove pur mantenendo la sua rozza carica di aggressività guadagna parecchio grazie alla classe che da sempre i Gamma Ray possiedono.
Le vere perle presenti in questo “Skeleton in the Closet” sono però a mio parere due songs, cioè “Razorblade Sigh” e “The Silence”; la prima davvero esaltante con quel suo mix di velocità, cattiveria e melodia che la rende secondo me un pezzo davvero vincente, su cui la band avrebbe fatto bene a puntare maggiormente anche in passato, mentre la seconda è a mio parere una delle più belle ballad mai partorite da un gruppo Power, dolce e melodica riesce nell’arduo compito di non scadere mai nel banale.
L’unico pezzo che davvero non mi sembra molto utile è l’assolo di batteria del bravo Dan Zimmerman, francamente un assolo di questo genere su un live album mi sembra quantomeno superfluo, pur con tutto il rispetto per un batterista del calibro di Dan.
Come ho già accennato in precedenza i suoni sono davvero ben fatti, potenti e compatti riescono a far risaltare la potenza e la melodia presente in tutti i brani, gli strumenti sono tutti perfettamente udibili così il pubblico, che riesce sempre a ritagliarsi il giusto spazio.
Tecnicamente è davvero difficile trovare dei punti deboli, tutti i musicisti sono davvero di altissimo livello, è anche la voce di Hansen, che in passato dal vivo aveva lasciato a volte perplessi, su questo disco è al massimo della forma.
Peccato solo che le canzoni presenti siano tratte solo da due concerti, per la precisone quelli di Strasburgo e di Barcellona, credo che una selezione di pezzi da più date avrebbe reso felici molti più fans, ma in fondo questi sono solo particolari, rimane il fatto che questo “Skeleton in the Closet” ci mostra un gruppo al massimo della sua forma.

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