Recensione: Skull

Di Gianluca Nocini - 2 Agosto 2013 - 21:54
Skull
Band: Evile
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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70

Quando ho iniziato ad occuparmi di “Skull” sapevo che non avrei potuto dare un giudizio basandomi solo ed esclusivamente sull’ultima fatica degli Evile. E’ stato quindi imprescindibile andarmi ad ascoltare gli altri album della band inglese, constatare se l’approccio musicale al “Thrash” sia veramente maturato negli anni. Gli Evile si formarono nel 2004 ad Huddersfield, una piccola cittadina dello Yorkshire. I componenti della band condividono tutti una passione profonda per il “Thrash e l’“Heavy Metal”, tanto da essere riconosciuti negli anni antecedenti alla loro formazione come una delle prime cover band dei Metallica in tutto il West Yorkshire. Finita l’esperienza del “covering” Matt Drake e soci decidono di iniziare a scrivere qualcosa di loro polso. In breve tempo la band rilascia due EP auto-prodotti, sebbene in quantità decisamente limitate. Stiamo parlando di “All Hallows Eve” e “Hell Demo”,  rispettivamente datati 2004 e 2006.

Negli anni delle prime due incisioni gli Evile intraprendono un lungo tour che li vede aprire i concerti degli Exodus nelle date inglesi e in Olanda. Nel 2006 la band firma con la casa discografica Earache Records e un anno dopo esce il loro primo album, “Enter The Grave”. Apprezzato dalla critica e dal pubblico, l’album riceve consensi un po’ dappertutto. Definito un “old school as fuck”, “Enter The Grave” suscita fermento ed eccitazione nella scena “Re-Thrash”. Canzoni come “Thrasher” e “First Blood” richiamano molto il “Thrash” immortale degli 80’s, e questo viene visto come un pregio dalla critica, almeno inizialmente. Nel 2008 gli Evile sono ancora una volta in Europa, ma stavolta a salire sul palco dopo di loro ci i  Megadeth. Dave Mustaine è un’autentica leggenda per la band britannica, nonché fonte d’ispirazione musicale. E’ indubbio che gli Evile abbiano fatto tesoro di quell’esperienza. Aprire un concerto dei Megadeth può essere motivo d’orgoglio per dei ventenni che fino a poco tempo prima ascoltavano i loro beniamini sull’iPod. Il 2009 è un anno dolce-amaro per la band. Esce il loro secondo album “Infected Nations”, ma ad ottobre una tragica notizia scuote la band: il bassista Mike Alexander muore a causa di un embolo polmonare. La strada è tutta in salita per gli Evile. Dopo una serie di concerti in onore del compianto Alexander, la band decide di ingaggiare Joel Graham come nuovo bassista. Dopo una serie di tour che arrivano a toccare anche gli Stati Uniti la band entra in sala di registrazione per la loro terza creatura. L’album esce nel 2011 con il nome di “Five Serpent’s Teeth”. Le critiche sono ancora una volta positive e il disco vende molto nelle prime settimane, soprattutto negli Stati Uniti.

Personalmente ho ascoltato molto i lavori della band e ho trovato “Five Serpent’s Teeth” un album impressionante, decisamente un passo in avanti per la band dopo due album validissimi ma ancora piuttosto classicheggianti . Le tracce epiche di “E.T.G.” rimangono il fiore all’occhiello della band, ma con il terzo lavoro (prodotto da Russ Russell) gli Evile sembrano davvero aver imboccato il sentiero giusto.
Come si dice però? Un passo in avanti e due indietro. Questo è avvenuto con “Skull”.

Il talento non manca loro e ci sono prove tangibili a dimostrarlo (vedete qualche loro live per credere). Purtroppo però l’ultimo album è in parte un buco nell’acqua, tenendo conto delle aspettative che si erano create. La band ha sfruttato solo parzialmente il proprio enorme potenziale, che a sprazzi emerge in canzoni comunque godibilissime come la opener “Underworld”, “The Naked Sun” e l’omonima “Skull”. L’orientamento musicale dell’ultimo album assume una forma molto più melodica rispetto agli altri lavori, caratterizzati da un beat maggiormente aggressivo. Dell’aspetto melodico ne beneficiano in particolar modo alcuni assoli veramente molto belli, dei quali quello di “Tomb” ne è il perfetto esempio.

Meno convincente è Matt Drake stavolta. Il fondatore e cantante sembra non essere all’altezza di alcuni pezzi cantati in “clean”. Quando invece entra in modalità “Hetfield” se la cava piuttosto bene. Gli Evile hanno tentato in vano di invertire la rotta. Plauso alla band di averci provato, ma ritornare sulla retta via intrapresa alle origini non sarebbe una pessima idea. Un cambio di tendenza non poi così radicale però, se pensiamo che l’addolcimento melodico non è mai un buon segno per una band che fa un certo tipo di musica. Sarà stata la paura di ripetersi a spingere il quartetto inglese ad allontanarsi così tanto da un certo tipo di “Thrash”? Sia chiaro: “Skull” è un album più che discreto e forse a molti piacerà alla morte. Conoscendo però il background della band mi sarei aspettato qualcosa di più incisivo e originale, sulla scia di “Five Serpent’s Teeth”, disco assolutamente devastante. Quando gli Evile devono menare di certo non si tirano indietro, la velocità è la loro migliore arma, e collima alla perfezione con il thrash che ci è stato proposto fino ad oggi. Quando invece i ritmi si placano allora insorgono delle difficoltà. E’ evidente che gli Evile non sono in grado di gestire alcune atmosfere alla Opeth per intenderci. E’ proprio qui che ritorniamo al concetto espresso precedentemente. Secondo il mo punto di vista gli Evile hanno tentato in tutti i modi di scrollarsi di dosso lo spettro dei Metallica e hanno pensato di riuscirci adottando un nuovo stile, per l’appunto più armonioso e meno denso di thrash duro e puro.

Chiuderei un occhio circa il song-writing (piuttosto approssimativo) ed altri elementi secondari e ininfluenti. Ho preferito concentrare l’analisi del disco su degli aspetti “storici” se mi si passa il termine. Gli Evile hanno alle spalle un buonissimo curriculum e non è il massimo compromettere una bellissima carriera per delle inezie stilistiche. “Skull” non lascia molto spazio all’ottimismo per i prossimi lavori, ma ammetto di confidare molto negli Evile, avendo ascoltato sempre della buona musica nei loro cd. Un errore ci può stare, purchè questo non diventi consuetudine.

Gianluca Nocini

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