Recensione: Slave of Vengeance

Di Alessandro Calvi - 3 Gennaio 2004 - 0:00
Slave of Vengeance
Band: Bejelit
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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65

Slave of Vengeance, è questo il titolo del miniCD, ma potrebbe benissimo passare per un singolo, autoprodotto dai Bejelit come apripista in vista del loro primo full lenght targato Underground Symphony. L’uscita dell’album, dal titolo Hellgate, sembra essere stata definitivamente fissata per febbraio 2004 benchè il disco fosse ormai pronto e finito già ad agosto 2003. Gli infiniti problemi legati all’uscita del disco, sempre posticipata, hanno indotto i Bejelit ad autoprodursi questo miniCD per saziare le crisi di astinenza da cui i loro fan più accaniti sembravano essere affetti.

Delle quattro tracce presenti su questo cd in pratica solo una di queste, la prima, che è anche la titletrack, è del tutto nuova. Slave of Vengeance è infatti una delle tracce completamente nuove che andranno a comporre il loro album di prossima pubblicazione. A completare l’album troveremo anche le 6 canzoni già presenti sul demo “Bones and Evil” ma che saranno presentate in una nuova versione: riarrangiate, ri-registrate e rese se possibile ancora più belle di quanto fossero in origine. Questa Slave of Vengeance è quindi un assaggio di quello che vi dovrete aspettare per il mese di febbraio, un vero e proprio assalto di classico heavy metal, granitico e senza compromessi che con la nuova e migliorata produzione garantisce sicuramente un acquisto azzeccato per gli amanti del genere.

Come seconda traccia troviamo una nostra vecchia conoscenza, I Won’t Die Everyday, una ballad veramente bellissima e da me considerata come una delle canzoni preferite sia sul vecchio demo sia sul prossimo disco. Non si tratta però di una ripresentazione della solita canzone già ascoltata, perchè in questo caso ci troviamo di fronte a una song completamente riarrangiata e suonata acustica. A completare questa song, che alle orecchie dei fan della prima ora potrebbe suonare un po’ strana al primo ascolto, troviamo la voce sempre versatile di Fabio che dimostra ancora una volta di saper passare da un genere all’altro, da uno stile di canto all’altro, con una facilità disarmante.

Infine a chiudere questo miniCD troviamo due canzoni live registrate durante l’esibizione di Busto Arsizio. Sinceramente all’interno di questo mini sono secondo me le due canzoni più deboli, non perchè non siano delle belle canzoni, al contrario sono due delle mie canzoni preferite tra quelle composte dalla band. Il problema è dato dal fatto che per chi abbia seguito qualche concerto dei Bejelit ci si rende subito conto che queste due song non rendono per niente giustizia alla band. Qui troviamo per cominciare dei volumi non ottimali e sicuramente una registrazione mediocre, inoltre la prova della band è sicuramente sotto alla media. Se si dovesse giudicare i Bejelit da queste due canzoni purtroppo per me si prenderebbero una insufficienza. E sarebbe un grosso errore perchè di solito questa band dal vivo rende molto ma molto di più.

Per concludere un voto non altissimo a causa soprattutto della natura di “singolo” di questo CD che presenta praticamente solo una canzone e mezza nuova. Sicuramente diretto a tutti i fan più sfegatati della band che ameranno collezionare anche questa nuova uscita dei Bejelit in attesa dell’album Hellgate per febbraio che si preannuncia già come un mezzo capolavoro.

Alex “Engash-Krul” Calvi

Davvero una gradevole “chicca” questo inaspettato mcd a tiratura limitata dei giovani Bejelït che rappresenta la loro ultima fatica autoprodotta in tutti i sensi.
Questo gruppo, nato sul finire del 2000 e ben noto a tutti i defenders della parte nord della nostra penisola e non solo, ha infatti, ormai da quest’estate, firmato per la nostrana Underground Symphony, vera talent scout in fatto di band power e affini.
Un’ottimo affare per entrambi, almeno ascoltando questo “Slave of Vengeance” nato come aperitivo, per stuzzicare l’appetito degli affezionati fan, da settembre in attesa del piatto principale, ovvero di quell’Hellgate, debut ufficiale, che tanto si sta facendo attendere.
Quattro brani per quasi 17 minuti di “potente metallo” fatto alla vecchia maniera, in cui troviamo la band immortalata in più circostanze: sia in studio che in ambito live. Ma andiamo con ordine.
A fare da opener troviamo la titletrack, estrapolata dall’imminente Hellgate: sostanzialmente immutato questo episodio ben si adatta ad esprimere le ottime qualità dei nostri. Inserito soprattutto per essere il preferito del combo, Slave of Vengeance si rivela essere una canzone dal superbo songwriting, che racchiude gran parte del loro modo di suonare e di comporre i pezzi: una struttura lineare ed al contempo articolata nella quale un’incredibile sezione ritmica sorregge un intelaiatura dove possenti chitarre la fanno da padrone, accompagnate dalla camaleontica ugola del cantante.
Tutto questo oltre ad essere terribilmente appassionante e ben suonato fa molto ben sperare per il loro futuro full lenght.
A colpire è anche la discreta produzione assai migliore del vecchio “Bones and Evil”, promo dal quale è invece ripresa la seconda traccia “I Won’t Die Everyday”. Attenzione, però, perchè non si tratta di un semplice riproposizione della loro già nota ballad ma di una nuova versione inedita in cui i Bejelït si sono divertiti a sorprendere il pubblico con un arrangiamento totalmente acustico, sperimentando un unplagged che con le sue chitarre pulite rimane, in alcuni tratti, piacevolmente simile a certe composizioni di Kürsch e soci. Positiva anche l’interpretazione del singer, qui alle prese con un cantato più melodico e soave, mentre unico piccolo neo potrebbero rivelarsi certi “coretti” che pur essendo adatti alle circostanze rendono il brano un pizzico troppo ruffiano.

Qui si conclude la prima metà composta da registrazioni in studio per lasciar spazio a due canzoni prese dal repertorio live della band: Bloodsign e Bones and Evil. Due cavalli di battaglia dall’impatto micidiale che, pur non essendo stati successivamente ritoccati in alcuna maniera, non risultano affatto malvagi e riescono nell’intento di rappresentare il buon potenziale che i 5 giovani musicisti esprimono dal vivo, facendolo apprezzare anche a coloro che non avessero avuto ancora il piacere di vederli in azione.
Inizia tiritassima Bloodsign con una batteria indiavolata, e un basso sopra le righe,
e prosegue indisturbata il suo cammino fra i vari virtuosismi chitarristici per poi lasciare spazio alla storica Bones and Evil, vivacizzata da innumerevoli cambi di tempo e stacchi differenti che rendono la song sempre nuova e avvincente, lasciando intravedere anche contaminazioni heavy à la Manowar o, come verso i due terzi dell’esecuzione, riff di chiaro stampo maideniano. L’interpretazione del singer, tolto qualche raro episodio, non è affatto lontana dalle consuete perfermance, lasciandosi decisamente apprezzare per estenzione vocale ma in modo particolare per la propria duttilità.
Un mini molto buono insomma, specie considerando l’autoproduzione ben al di sopra della media, che a questo punto ci rende ancora più ansiosi di ascoltare il travagliatissimo Hellgate.

Emilio “Armif3r” Sonno

Tracklist:
01 Slave of Vengeance
02 I Won’t Die Everyday (acoustic version unreleased)
03 Bloodsign (live at Busto Arsizio)
04 Bones and Evil (live at Busto Arsizio)

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