Recensione: Smiling Madman

Di Nadia Giordano - 23 Dicembre 2013 - 13:03
Smiling Madman
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2013
Nazione:
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73

Il detto ” chi fa da sé fa per tre” la dice lunga sul primo full-length di Francesco Giorgianni (Denied, Dephecer, Metal Crucis, WarCryer ed ora Smiling Madman). Si, perché il batterista messinese non solo si è occupato della composizione, produzione e mixaggio dei vari brani del disco, ma anche della parte esecutiva di tutti gli strumenti, questo ad indicare che – forse – se non si ha il giusto feeling con terze persone è meglio arrangiarsi da soli. 
“Smiling Madman”, album composto da nove tracce, in cui viene riproposto un heavy metal classico, orecchiabile, ma “modernizzato” tramite la scelta di cori e parti power.
Sono presenti anche alcune partecipazioni quali quella di Federico “Fano” Indelicato, lead vocal in “The Siren”, Francesco Pirrone e Davide Bucca come soli di chitarra.
A completare l’album si aggiunge anche la bellissima voce di Daniela Sferlazza che conclude la settima traccia con un nostrano e simpatico commento.
 
La bravura del  nostro one-man band si evidenzia particolarmente in “Jack O’ Lantern”, brano della durata complessiva di 10 minuti circa che, tramite l’uso di continui cambi di tempo e di giochi tra le due chitarre, riesce a non far calare l’attenzione dell’ascoltatore per tutta la durata dell’esecuzione.
A concludere l’album ci pensa la ballad “Dancing Shadow”, dove, abbandonate le atmosfere heavy ci si immerge in sonorità più medievali, che ricordano quelle dei Bling Guardian.
Ci tengo a precisare che nessun brano prevale sull’altro, bensì tutto risulta essere molto coerente. Questa non vuole essere una critica, ma sta ad indicare lo spessore dell’intero lavoro eseguito da Francesco, che riesce a mantenere tutto su un elevato gusto stilistico.
 
Come spesso avviene nel piccolo panorama italiano delle band poco conosciute, su cui produttori di rinomate etichette non voglio investire, la soluzione sta nell’autoproduzione. Non fa eccezione il lavoro del nostro Francesco, che vede tra gli elementi più penalizzati, il suo amato strumento, ovvero la batteria, perché questa genera i costi maggiori per la ripresa acustica in studio. Considerando però la meticolosità e la passione che il nostro one-man band ha messo per creare il tutto, si ha un risultato più che soddisfacente e le potenzialità per migliorare ulteriormente non mancano.
In conclusione mi sento di dire che se uno è ambizioso, ostinato e crede nelle sue capacità, alla fine, dopo tanti sacrifici, riesce a realizzarsi.
Per questo e per i motivi precedenti, consiglio vivamente l’ascolto sia agli appassionati del genere che non.

 
Nadia “Spugna” Giordano

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