Recensione: Smoke On This

Di Simone Volponi - 13 Agosto 2017 - 20:22
Smoke On This
Band: Rex Brown
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2017
Nazione:
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70

Ci sarebbe molto da dire riguardo Rex Brown, ma il tutto si può riassumere in un’unica definizione: ex bassista dei Pantera. Band morta e sepolta dopo gli scazzi con l’ingestibile Phil Anselmo e soprattutto l’uccisione di Dimebag Darrel per mano del classico pazzo che può capitare a tutti di incontrare. I Pantera, quella band che a suo modo fu l’ultima a rivoltare il metal come un calzino donandogli nuova freschezza e prendendo a calci in culo la rivoluzione in flanella del grunge (col senno di poi, quanti danni…), le ultime vere star della scena, spentesi da anni, salvo reunion batti cassa di cui si parla da tempo ma che (per fortuna) sembra lontana dal realizzarsi, perché esistono ancora cose che non sanno da fare.

Rex Brown nel frattempo ha suonato un po’ in giro, fa parte dei Kill Devil Hill di cui si sono già perse le tracce, e ora decide di proporsi in veste solista, perché così deve essere, il bisogno di mostrare le proprie radici musicali, la propria dimensione artistica, va oltre qualsivoglia legge di mercato. “Smoke On This” lo vede cimentarsi oltre che al basso, soprattutto alla voce e alla chitarra, affiancato dall’amico  Lance Harvill alla sei corde, e da Christopher Williams (Blackfoot, Accept) alla batteria, per un disco che risulta essere un heavy rock fortemente influenzato dal blues e dalle sonorità anni ‘70.
Il primo paragone che salta subito in mente è Zakk Wylde, specie nei suoi vecchi Pride And Glory e nelle prove soliste. Un heavy blues rustico, malinconico, polveroso, redneck, suonato in un ranch da un cowboy sprofondato nella poltrona mentre fuori i cavalli corrono liberi sotto gli ultimi balugini del tramonto.
Lone Rider” apre il lotto con un classico hard riff settantiano molto semplice e diretto, e scopriamo per la prima volta la voce di Rex, che è proprio come te l’aspetti: ruvida, graffiata dal fumo di mille sigarette e altrettante bottiglie di whiskey. Song diretta, breve, dal refrain insistito e tutto sommato piacevole. “Crossing Line” è più cadenzata, slide guitar e hammond a sostegno della chitarra ruvida, un bel vibe muscolare che crea la già accennata similitudine con Zakk Wylde, e che lascia poi spazio al primo singolo “Buried Alive”, la dedica necessaria e liberatrice all’amico Dimebag. Qui entriamo in un mood alla Alice In Chains nella tonalità dark della melodia e nelle strofe che sembrano uscite dalla penna di Jerry Cantrell, sentire il bridge e il refrain per rendersene conto. Va detto che alla terza traccia il lavoro in sede di assoli è curato e vibrante, come si nota anche dalla più spedita “Train Song”. Il sapore southern è presente in tutto l’album, ma c’è spazio per qualche sperimentazione come le vibrazioni indiano-psichedeliche stile Strawberry Fileds Forever nell’incipit e nel corpo di “Get Yourself Alive”, composizione comunque tosta.
La ballad acustica “Fault Line” è stata dichiaratamente la canzone che ha aiutato Rex Brown a trovare la voce, e forse anche il coraggio di mettersi al microfono, e che ha calibrato il timbro di tutto “Smoke On This”. Sperimentazioni, dicevamo: “Grace” è quanto di più lontano ci si può aspettare da uno come Brown. Una traccia dagli intenti catchy, qualcosa di pop immerso nelle bolle dei sintetizzatori, le strofe strascicate con un che di Scott Weiland… prova non esaltante questa, lavata via dalle slide e dal riff rugginoso della successiva “So Into You” che riporta peso e mood sulla giusta via dell’heavy rock grazie anche alle chitarre lanciate nella coda finale e un Williams che pesta metallo dietro le pelli.
Altra sorpresa dietro l’angolo è “Best Of Me”, traccia lisergica tra Pink Floyd e Kyuss nel suo incedere soffuso e ipnotico, che deflagra in un refrain che poteva calzare bene agli Screaming Trees.
La chiusura è affidata a “One Of This Days” con tamburi da prateria, l’attitudine da cantautore vissuto, appollaiato con tutta la sua malinconia sulla cima di una collina, vento tra i capelli e canto liberatorio.

Libertà è la parola giusta per definire “Smoke On This”. Un atto che rimarrà forse unico, ma che serviva all’uomo Rex Brown per fare il punto della propria importante carriera fatta di alti e bassi, per sentirsi di nuovo un vero artista, scrivendo e cantando le sue canzoni senza doversi preoccupare del business. Sa bene di non accontentare i fans del metal con questo esordio solista, ma “Smoke On This” è comunque rivolto a quanti hanno seguito i Pantera e sono cresciuti con loro, scoprendo il lato più southern e rurale del loro sound. Un disco questo che serve anche a mostrare le radici del bassista, gli ascolti con cui si è formato e che sono alla base della nostra amata musica. Libertà e divertimento, per sfidare un po’ anche il passato la giovinezza andata.
L’essere derivativo, somigliante ai nomi segnalati nella recensione, e il non possedere pezzi sopra la media, non permette al disco di imporsi come ascolto necessario e indispensabile, tuttavia è un disco onesto e passionale che fa trascorrere una quarantina di minuti in modo piacevole insieme a un vecchio amico.

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