Recensione: Sons Of Thunder

Di Mauro Gelsomini - 7 Aprile 2002 - 0:00
Sons Of Thunder
Band: Labyrinth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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75

E’ ormai assodato che i Labÿrinth siano la realtà del metal italico, riconosciuta anche in terra straniera, dal momento che le apparizioni del gruppo livornese nei maggiori festival europei sono sempre più frequenti.
Questo nuovo “Sons Of Thunder” conferma tutto ciò che di buono era stato detto a proposito della band, comprese le impressioni che mi ero fatto dei singoli assistendo a diverse esibizioni dal vivo.

Vengo a parlare del disco. La compattezza del sound èdisarmante, come la qualità della registrazione. Il songwriting è come sempre attento e studiato in ogni minimo dettaglio, dal momento che non viene lasciata al caso neanche la più banale plettrata. Spesso ho avuto l’impressione (poi confermata da uno studio più approfondito) che le linee vocali oscillassero troppo sulle stesse tonalità e che alcune entrate fossero costruite troppo superficialmente, rese troppo simili le une alle altre, tanto da confondere l’ascoltatore, e con la grave pecca di non usare bridge scatenanti che aprissero a ritornelli al fulmicotone (per capirci di quelli da cantare a squarciagola con il pungo teso in aria), eccezion fatta forse per la Rainbow-style “Save me”. Queste scelte di sicuro contribuiscono a dare quel senso di compattezza sonora di cui sopra, ma allo stesso tempo non oscurano la bravura del vocalist Rob Tyrant, a mio avviso il migliore in Italia. Rilevante anche la presenza da disco per la prima volta di Matt Stancioiu, altro mostro dello strumento, capace di esaltare una componente che sarà secondo me la colonna portante dell’ Heavy Metal del duemila: gli stacchi. Le parti di stacco di questo disco sono davvero irresistibili, raramente mi era capitato di ascoltare cose del genere, e non mi si venga a dire che siano parti progressive già sperimentate dai vari Dream Theater e compagnia bella. Checchè se ne dica questo è Heavy Metal. Non dimentichiamo poi che alla chitarra c’è un certo Olaf Thorsen, spocchioso e presuntuoso come al solito (tanto da scrivere tra i ringraziamenti “nobody at all”), pluriencomiato per i suoi soli e per i suoi riff veramente impressionanti, ma da citare anche per l’intera opera, tra l’altro un concept, non molto intrigante seppure ben congegnata a partire dalla veste grafica dell’album; concept che a me non è piaciuto particolarmente, sebbene riconosco che molte situazioni narrative sono state avvolte dalla colonna sonora in maniera veramente azzeccata: Siamo a Parigi, nel 1679. Luigi XIV sta banchettando lussuriosamente con le personalità di mezza Europa nella sua reggia di Versailles. Il doge di Venezia dona al Re uno stupefacente ritratto di sua figlia Kathryn, e Luigi rimane talmente impressionato dalla fanciulla dipinta sulla tela che perde ogni barlume di razionalità e passa la notte sveglio tormentato dalle pene d’amore… Così incarica un suo fidato di trovare la fanciulla e portarla al suo cospetto. L’uomo non può far altro che innamorarsi a sua volta dell’incredibile bellezza della ragazza, ma al tempo stesso tenta di controllare i suoi istinti per timore del Re dei Re…
Insomma, un pò le solite cose: lussuria, potere, tradimento, rabbia, vendetta… Cambia un pò la scenografia, da bravi latini ci spostiamo tra Parigi e Venezia, ma niente di troppo originale… Rimane la musica, ovviamente. Ma se il risultato è “Son Of Thunder”, almeno io non ho niente da eccepire!

Tracklist:

   1.   Chapter 1 – 6:02
   2.   Kathryn – 5:03
   3.   Sons of Thunder – 5:01
   4.   Elegy – 4:40
   5.   Behide the Mask – 4:28
   6.   Touch the Rainbow – 5:17
   7.   Rage of the King – 4:54
   8.   Save Me – 6:10
   9.   Love – 4:35
  10.   I Feel You – 4:16

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