Recensione: Soul Rot [EP]

Di Vittorio Sabelli - 13 Novembre 2013 - 17:49
Soul Rot [EP]
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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74

 

I Disfigurement sono una giovane e promettente band di Atlanta, formatasi nel 2011 dalla volontà del chitarrista Adam Besserer, ideatore anche del nome alla band, che sta a significare la ‘separazione dell’Io’, in pratica il momento in cui anima e corpo si ‘salutano’. E l’autodistruzione e l’isolamento, uniti a odio e rabbia sono gli argomenti principali che ritroviamo nei testi del loro primo EP, “Soul Rot”, che segue a distanza di un anno il loro primo demo “Abyss Of Hatred”. Il disco, registrato da Scott Prian e missato da Dan Klein negli Arcane Studio, vede la partecipazione ‘speciale’ dell’artista Juanjo Castellano per quanto riguarda l’artwork.

Cosa aspettarsi da loro? Una miscela esplosiva fatta da un death metal riffoso e aggressivo, che prende spunto da act quali Malevolent Creation e Vader, oltre a una spruzzata di thrash metal che va a scomodare non poco i Sepultura delle origini. Con curiosità ammetto che la band sa il fatto suo e riesce a essere coinvolgente e allo stesso tempo intrigante, nonostante nessuna forma innovativa sia innescata in questi ventitré minuti. Ma i brani riescono ad avere una loro identità, e anche le sezioni sono equilibrate e ben distinte.

Le parti up-tempo regnano sovrane in tutti i cinque brani di Soul Rot, ma vari episodi riescono ad emergere per inframezzarsi ad esse. È interessante la contrapposizione tra la voce e la musica, che vanno a compensarsi con le rispettive velocità, particolarmente evidente nella devastante “Entrance to Emptiness”. Altra caratteristica del disco i diversi soli di chitarra che riescono anche loro in qualche modo a stemperare la furia generale, sia nell’opener “Noxious Sensation”, così come in “Solitude”.    

La title-track ricalca lo stile fin troppo chiaro della band, e la voce sotterranea di Godbee a tratti è ipnotica, così come lo è la sezione quasi-doom sulla quale il vocalist si staglia con ferocia, come a voler divorare qualcosa (o qualcuno). La conclusiva “Foul Light” oltre al riffing micidiale dell’accoppiata Besserer/Olsen e al drumming da ossesso di Vaedis, vede ancora la voce di Godbee scendere negli inferi, prima di una sequenza di guitar-solo dissonanti (e non) ben incastonati nel brano, e anche il finale è la giusta ricompensa per questa prima apparizione dei Disfigurement sulla scena del metallo.

A questo punto non resta che aspettare con curiosità il loro primo full-length, con la speranza che non perdano questo tiro e questa cattiveria, armi vincenti di Soul Rot.

 

Vittorio “versus” Sabelli

 

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