Recensione: Souls Thieves

Di Eugenio Giordano - 13 Novembre 2003 - 0:00
Souls Thieves
Band: The Prowlers
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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74

La Steelborn Records di Tortona continua nella sua assidua ricerca di nuove rivelazioni in ambito metal classico sul territorio nazionale, in questo caso la combattiva label piemontese ha messo a segno uno dei suoi colpi migliori. I The Prowlers sono originari di Roma dove sono stati fondati nel 1996, già dal nome del gruppo si evince una decisa parentela con il metal di scuola Iron Maiden, infatti i nostri esordirono proprio come cover band di Steve Harris & co. Solo nel 1999 i The Prowlers trovano le risorse e l’occasione per registrare un demo autoprodotto con brani composti dal gruppo nel tentativo di suscitare l’interesse di qualche label in cerca di gruppi da produrre. Insoddisfatti del primo prodotto i nostri romani decidono nel 2000 di entrare ai The Outer Sound Studios di Roma per registrare un nuovo demo molto più ambizioso e professionale intitolato “A descend to maelstrom”. Questa volta il gruppo è riuscito ad accattivarsi notevoli consensi in giro per l’Europa e così giungere al contratto discografico. A me questi aspetti di music businness sono sempre interessati perchè credo possano darvi la dimensione delle difficoltà di realizzare in formato digitale il sogno di ogni musicista, ossia incidere la propria musica e avere un contratto discografico. In ogni modo i The Prowlers si pongono come una risposta coerente e credibile alla evoluzione del sound di platter fondamentali della storia del metal come “The number of the beast” e “Piece of mind”, riletti oggi alla luce di una grande ispirazione e di una indiscutibile dedizione alla causa del metal classico. Io non credo che una band come i The Prowlers possa essere etichettata come clone-band e mi bastano due brevi considerazioni per rafforzare questa mia affermazione. In primo luogo il metal è un concetto indiscutibilmente chiaro e integro, il metal è una musica capace di rigenerarsi ma non cambia, quindi suonare metal siginifica assomigliare ad altre band, in questo caso agli Iron Maiden, non c’è nulla di male in questo. In seconda istanza quando un gruppo ha talento e ispirazione riesce sempre a destare interesse e emozioni utilizzando gli stilemi e i canoni classici del metal storico, non c’è bisogno di stravolgere la tradizione. Già dalla title track di questo “Souls thieves” si comprende che i The Prowlers hanno polso e pelle, e come diceva qualcuno “Tengono botta”, un brano deciso e molto frontale che cresce grazie a un ottimo lavoro di basso e chitarre che ricorda le cavalcate storiche del calibro di “Where eagles dare”, linee vocali sporcate e cattive rendono il sound del gruppo riconoscibile e incisivo. In questo senso si denota subito la prima grande differenza rispetto ai Maiden, i The Prowlers non puntano su un cantato particolarmente pulito e lirico, anzi qui siamo innanzi a linee vibranti e dannatamente metal che mi sembrano molto azzeccate. La seconda “Memories” continua sullo stesso trend della precedente, ancora grandissimi riff portanti alternati ad aperture melodiche dal sapore epico e trascinante, belle le parti soliste delle chitarre molto vicine ai dettami di Adrian Smith dei tempi che furono. Con “It” i The Prowlers si cimentano in un mid tempo granitico e fortemente ritmato, bello il refrain del ritornello basato su un uso riuscitissimo di cori frontali ed epici, in breve il gruppo riesce a concretizzare una prova compatta e decisa. Ottima, davvero ottima sotto ogni profilo, “Once again” è una canzone epica e lunga che esplode letteralmente in un ritornello ispiratissimo sorretto da grandi riff crescenti e parti melodiche fluide, questo è prorpio quello che avrei voluto sentire sul nuovo “Dance of death” degli Iron Maiden e che, mi spiace, non ho sentito. Più veloce e sotto certi aspetti power-oriented, “Fight against the dragon” non scade in un facile e mieloso susseguirsi di parti dal sapore sinfonico ma si dimostra un brano corposo e graffiante, più veloce in certi frangenti ma comunque lontano dal power imperante oggi. Molto più convincente “Incubus” mi rimanda al periodo di Paul DiAnno quando la vergine di ferro basava la sua musica su brani robusti e trascinanti pensando al sodo senza perdersi in composizioni prolisse, queste considerazioni si applicano perfettamente al caso dei The Prowlers. La cover “The voice” degli Ultravox si lascia ascoltare, ma veniamo alla ottima “Freeze on the line” un altra conzone riuscitissima e davvero convincente, bellissimo il lavoro ritmico delle chitarre che contano su un suono distorto e rabbioso ottimo sotto il profilo artistico. La conclusiva “A descend into the mealstrom” riporta i The Prowlers a sonorità ritmate e granitiche, ancora una volta i nostri romani giocano a rielaborare i canoni del metal classico e lo fanno con grande perizia e tecnica. Se siete rimasti delusi dagli ultimi frangenti delle carriera dei Maiden, e non avete paura di gridarlo al mondo, credo che scoprendo questi The Prowlers metterete a serio rischio il vostro apparato cardiaco. Poi c’è chi incomincia le recensioni bestemmiando, che misero uso di trivio.     

1 Last breath

2 Souls Thief

3 Memories

4 It

5 Once again

6 Fight against the dragon

7 Incubus

8 The voice

9 Freeze on the line

10 A descend in the Mealstrom

 

 

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