Recensione: Soulside Journey

Di Alessandro Cuoghi - 4 Settembre 2009 - 0:00
Soulside Journey
Band: Darkthrone
Etichetta:
Genere:
Anno: 1991
Nazione:
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80

Oscurità allo stato grezzo. Il primo lavoro ufficiale della band che più di ogni altra si è fatta portabandiera della seminale ondata di Raw Black Metal Norvegese è rappresentato in realtà da un buon esempio di old school Death Metal. In questo album affondano le radici di quell’atmosfera tipicamente darkthroniana che si evolverà da lì a breve portandoci quei neri capolavori immortali che tutti conosciamo.
La line up della band presenta un totale di 4 elementi: Ted Skjellum (che in seguito adottò lo pseudonimo di Nocturno Culto, chitarra e voce), Gylve Nagell (in seguito Fenriz, batteria e testi), Ivar Enger (in seguito Zephyrous, chitarra) e Dag Nilsen (basso).  Il gruppo, il cui nome originario era Black Death, cambiò moniker nel 1988 in Darkthrone (appellativo che secondo Fenriz sarebbe stato maggiormente riconducibile ad una death metal band di scuola americana) e dopo l’uscita di 4 demo tapes: Land of Frost, A New Dimension, Thulcandra e Cromlech, venne messa sotto contratto dalla Peaceville Records, partorendo nell’anno 1991 questo Soulside Journey.
L’album in sé è un concentrato di grezzo e primordiale Death Metal legato alle sonorità di bands come Entombed, primi Death e Obituary. L’atmosfera livida e lugubre regna sovrana ed è supportata dall’impiego (decisamente inusuale per l’epoca) di alcuni brevi stacchi di synth innestati sapientemente nei punti di maggior pathos. Vi è un prepotente uso del growl che accompagna chitarre possenti e avvolgenti. Anche la sezione ritmica si rivela di buon livello, il basso infatti emerge distintamente e Gylve Nagell, alla batteria, dimostra di essere tutt’altro che impreparato, riuscendo a dare buona varietà ai pezzi evitando di scadere nel banale. Da sottolineare inoltre la discreta qualità della produzione, artefice di un sound pieno e corposo e garante di una buona distinzione tra gli strumenti.
 
Direi però che discutere di tecnica e affini in terra darkthroniana sia quantomeno sminuente, quindi basta così e parliamo di emozioni.

L’intero disco è pervaso da un’atmosfera mortale e plumbea, marcia, umida e paludosa che penetra nei più reconditi anfratti dell’animo. Per tutta la durata di Soulside Journey vi sembrerà di essere risucchiati in un abissale sepolcro celato nelle profondità della terra. Ad accoglierci in questo tetro scenario troviamo (o meglio esumiamo) l’opener Cromlech, termine che identifica le costruzioni monoliche della preistoria riconducibili ai resti delle camere sepolcrali. La song si apre con un riff granitico e violentissimo che sfocia in un rallentamento per rituffarsi repentinamente in un deciso attacco frontale accompagnato dal gutturale growl di Ted Skjellum e termina con un assolo psicotico. Qui viene affrontata la tematica della transizione tra la terra dei viventi e il regno dei morti (questo concetto del passaggio verrà ripreso in seguito in diverse songs tra cui Under A Funeral Moon, sebbene in modo decisamente più blasfemo).
La traccia successiva, Sunrise Over Locus Mortis, dal sapore estremamente old school, si muove principalmente sulle stesse coordinate, alternando rallentamenti ad improvvise quanto letali accelerazioni e manifestando nelle lyrics una forte attrazione per la morte e per ciò che ne consegue. La title track presenta una struttura letale: attacco frontale no-compromise supportato da un blast beat assassino, rallentamento che odora di morte lontano un miglio, nuova smitragliata  selvaggia, assolo malinconico e conclusione che funge da brutale colpo di grazia. Tematicamente lovecrafitiana, narra di un viaggio spirituale in dimensioni parallele, dove il viaggiatore viene trasportato attraverso un sogno psichedelico.

La strumentale Accumulation Of Generalization manifesta la presenza di synth e che esclusion fatta per la mancanza della voce (se si lasciano da parte un ruggito e alcuni lamenti zombie like in sottofondo) si muove in modo parallelo alle altre composizioni.
Giungiamo così all’atmosferica Neptune Towers che attraverso il suo incedere cupo e malato descrive il paesaggio di Nettuno e le sue torri erette da antiche culture aliene, osservate da un viaggiatore dimensionale, rifacendosi nuovamente a tematiche di stampo lovecraftiano.
Sempiternal (past/present view) Sepulchrality, inizialmente malinconica, prosegue in maniera più ritmata e si conclude, dopo un caotico assolo di chitarra, con un ancor più caotico solo di basso sparato letteralmente in faccia all’ascoltatore.
Siamo ormai persi negli umidi anfratti del mondo sotterraneo quando sentiamo giungere dall’oscurità un suono nero e malefico, lento e spettrale, che ci trascina verso la sacrilega Grave With A View, che si contorce in un’atmosfera angosciante e claustrofobica legandosi perfettamente alle tematiche necro-blasfeme così care a Fenriz. L’ideologia satanica viene nuovamente ostentata nella mortifera Iconoclasm Sweeps Cappadocia, canzone che si solleva qualitativamente dalle altre presentando riff di buona fattura ed una struttura complessa. Si snoda fra giri malinconici e sferzate metalliche per una (de)composizione di tutto rispetto. Il marciume musicale che permea il disco non viene a mancare nemmeno nella successiva Nor The Silent Wispers, sebbene sia meno varia, mentre The Watchtower è una scheggia ignorante e impazzita pronta a maciullare le orecchie dell’ascoltatore ed  è caratterizzata da lyrics che manifestano ancora una volta l’interesse nutrito da Fenriz per la morte come simbolo di passaggio. L’album si chiude con la strumentale Eon, che come Accumulation… segue in modo fedele la struttura principale dei pezzi precedenti .

Possiamo ora scalare le pareti dell’abisso, riemergere alla luce del sole e trarre le dovute conclusioni, pur rimanendo segnati dall’oscura violenza di Soulside Journey.
Questo primo gradino della scala discografica dei Darkthrone non è un album per tutti (come ogni loro altro lavoro d’altronde). E’ marcio e catacombale all’inverosimile, cosa che può essere vista come un pregio o un difetto a seconda dell’ascoltatore e sulla quale è inutile sindacare. Sebbene la struttura dei pezzi risulti a volte ridondante e siano presenti ingenuità compositive il disco presenta diversi spunti interessanti e canzoni di ottima fattura come Cromlech, la title track, Neptune Towers, Grave With A View, Iconoclasm e The Watchtower.
Probabilmente se non fosse uscito a nome Darkthrone sarebbe in breve tempo scivolato nell’abisso da cui è emerso benché attitudine, talento e feeling non manchino.
Mi sento quindi di consigliarlo agli estimatori dell’Old School Death Metal, ai blackster di mentalità aperta e a chi come il sottoscritto crede che i Darkthrone siano soprattutto atmosfera gelida e sentimenti malati sparati in faccia senza alcun compromesso.

Alessandro Cuoghi

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TRACKLIST:

1. Cromlech
2. Sunrise Over Locus Mortis
3. Soulside Journey
4. Accumulation Of Generalization
5. Neptune Towers
6. Sempiternal Sepulchrality
7. Grave With A View
8. Iconoclasm Sweps Cappadocia
9. Nor The Silent Wispers
10. The Watchtower
11. Eon

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