Recensione: Sound Of Existence

Di Daniele D'Adamo - 2 Dicembre 2011 - 0:00
Sound Of Existence
Band: Novel Of Sin
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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70

Chi afferma che il metal/death-core sia tutto uguale, dovrebbe ascoltare con calma i nostrani Novel Of Sin. Per comprendere, una volta per tutte, che non è il genere suonato ad avere dei limiti teorici, bensì chi lo interpreta. I generi *-core, avendo avuto enorme sviluppo nell’ultimo decennio soprattutto in termine di quantità, hanno prodotto una miriade di band assai simili fra loro. Una conseguenza inevitabile che, però, non ha impedito a molti ensemble di emergere dalla massa in virtù della propria classe. Fra essi, seppur parzialmente, proprio i Novel Of Sin.     

Formatisi nell’estate del 2006, il gruppo ha inciso quasi subito l’EP di ordinanza (2007) e ha iniziato ad andare in giro per l’Europa. Nel 2010 si è stabilizzata la line-up e, quest’anno, è arrivata la chiusura del contratto discografico con la Kreative Klan. Quindi, il primo full-length: “Sound Of Existence”; registrato ai Convolution Studio di Bagnacavallo (Awaken Demons, Hierophant), missato da Giampiero Ulacco e masterizzato da Alessandro Vanara.

Lo stile proposto dai Nostri deriva da un amalgama i cui due componenti sono il death di stampo classico e l’hardcore; mistura rinvigorita e ammodernata sì da essere un buon esempio di deathcore, immaginando di dover trovare per esso un giusto termine di paragone. Niente fronzoli e orpelli, quindi, ma una botta di potenza terribile, sottolineata, più che dalla velocità, dai micidiali rallentamenti che rispondono al nome di breakdown. I Novel Of Sin non ne fanno un uso esagerato, di questi famigerati tuffi nelle abissali frequenze dell’orrido, ma quanto basta per caratterizzare, anche se non solo con ciò, la propria musica e per rendere il proprio suono dirompente. A questo si deve sommare la ferina aggressività della voce di Davide, harsh che più harsh non si può, davvero ai limiti dello scorticamento della gola. Non solo, il ripetersi dei durissimi riff e la struttura monolitica della sezione ritmica squadrano in modo addirittura (quasi) insopportabile le bordate caricate a chiodi sparate dal quintetto romagnolo. Una tipologia sonora scabra, agra, che non concede niente a nessuno ma dannatamente efficace, concreta. Una sostanza densa, massiccia; dalla foggia matura e professionale.

Un po’ meno coinvolgente, invece, il songwriting. La rinuncia a soluzioni melodiche, in teoria foriere di arricchimento e variazione delle canzoni, porta ineluttabilmente a un certo appiattimento delle medesime. Si tratta di una scelta voluta e quindi non imputabile a una carenza di abilità artistica. Tanto è vero che in “Ghost Of Existence” c’è un’improvvisa apertura armonica decisamente riuscita, tale da rendere la song – a parere di chi scrive – la migliore dell’intero lotto. Il rischio di cadere nella trappola della noia, per chi sceglie certe strade, è a portata di mano. I Novel Of Sin rasentano soli i bordi, di quest’agguato, evitando di cadervi dentro. Tuttavia, alla lunga, emerge la punta di una stanchezza che non trova sicuramente giovamento dal continuo, pressante assalto sonoro da essi operato.

Brani come “Fragile” (interessante, anche se non originale, l’esperimento del remix “Fragile 1.9”, frutto della collaborazione con il duo elettronico Demon Kids), per esempio, sono davvero difficili da digerire; soprattutto se inseriti di seguito ad altri della stessa specie (“I’ve Stared In The Face Of Life”). Pur demandando ai gusti personali di chi ascolta il gradimento di ciascun pezzo e, più in generale, dello stile dell’act ravennate, è innegabile che una maggiore variazione del tema principale che contraddistingue “Sound Of Existence” avrebbe senz’altro portato maggior sostegno alla causa. Causa che è a buon punto, comunque: la bontà del CD è inconfutabile, poiché non c’è alcuna differenza qualitativa con le migliori realizzazioni deathcore in campo internazionale (As I Lay Dying, Heaven Shall Burn, Neaera). 

I Novel Of Sin possiedono una forza erculea spaventosa. Manca, loro, un pizzico di agilità in più. Quella variabilità dell’approccio compositivo, cioè, in grado di fare effettivamente la differenza.

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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Tracce:
1. 728(16)102 0:49
2. Voices, Prayers And Remembrances 3:21
3. Alone Through The Tides 3:53
4. Dethroned 4:12
5. A Key For Nowhere 5:16
6. I’ve Stared In The Face Of Life 3:43
7. Fragile 3:59
8. Ghost Of Existence 5:04
9. Extinguish 2:27
10. Fragile 1.9 (Matta vs Demon Kidz Remix) 4:17

Durata 37 min.

Formazione:
Davide – Voce
Roberto – Chitarra
Edoardo – Chitarra
Michele – Basso
Marco – Batteria

Ospite:
Scott Kennedy – Voce (Bleed From Within)

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