Recensione: Spaceman

Di Marco Tripodi - 31 Ottobre 2018 - 8:00
Spaceman
Band: Ace Frehley
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2018
Nazione:
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70

Venti anni dall’ultimo album con i Kiss (“Psycho Circus“), da allora tre nuovi album solisti, “Anomaly” (2009), “Space Invader” (2014) e oggi “Spaceman“, i quali vanno ad aggiungersi agli altri album solisti già pubblicati da Ace nello scorso millennio e a quelli della Frehley’s Comet, due full-length ed un live tra l’87 e l’88. Nel mezzo l’incessante ruomorìo sul possibile, sempiterno, auspicato rientro di Frehley nei Kiss, un ritornello che non abbandonerà mai il ragazzo del Bronx (e la sua ex band) fino alla fine dei suoi giorni. Forse accadrà (ancora), forse no, poco importa, anche perché nessun sostituto potrà mai oscurare il lascito di Ace nel songbook del Bacio, e oltretutto pare anche che gli stessi Kiss siano prossimi ad appendere i costumi di decine e decine di kg al chiodo per sopraggiunti limiti di età (dico pare perché con Simmons e Stanley davvero non si può mai sapere….). Quel che è certo è che intanto noi possiamo assaporare una nuova fatica musicale del neyorkese figlio delle stelle il quale, per non smentirsi, intitola l’album proprio “Spaceman“, ad indicare che il cordone ombelicale con il suo personaggio nei Kiss è inscindibile. Sarebbe stato Gene Simmons a suggerirglielo, eh già perché Simmons partecipa pure alle registrazioni, mettendo ben in evidenza il suo basso in un paio di tracce, “Without You I’m Nothing” e “Your Wish Is My Command” (non tra le migliori a mio avviso, nonostante il potente martellare del basso nella opener, che Simmons ha anche collaborato a scrivere).

Ascoltare “Spaceman” è come tuffarsi in un ambiente caldo, confortevole e protetto, del quale si conosce fin dall’inizio il tipo di atmosfera e vibrazioni che riceveremo. Frehley rimane ancorato al nocciolo duro della sua essenza musicale, quel rock settantiano poi sviluppato e glamourizzato nei Kiss, che oggi torna a snellirsi di strass e swarovski super luccicanti per farsi concretezza e prosaicità. Quanto ascoltato in “Anomaly” e “Space Invader” prosegue coerentente anche in queste tracce, riproponendo l’eterna formula di un ragazzo sempre innamorato del rock blues delle origini. Diverse di queste tracce sarebbero potute andar bene per la golden age dei Kiss (su tutte mi vengono in mente “Rockin With The Boys” e “Bronx Boy” ma, come detto, non sono certo le uniche); non che con le restanti ci si discosti poi molto dal tipico marchio Frehley & Kiss, che poi è il motivo per il quale si torna sempre volentieri ad ascoltare una sua nuova produzione, consapevoli che non verremo scaraventati in avventure contemporanee all’inseguimento di chissà quale trend del momento. Un disco di Ace è come una bevuta al pub con gli amici di una vita, nulla di nuovo ma ci si sente a casa, un invito al quale difficilmente si può rinunciare.

A mio parere sia “Anomaly” che “Space Invader” erano forse un gradino superiore a “Spaceman“, ma il bello di Ace è che fondamentalmente casca sempre in piedi. Intendo, prendete questa manciata di pezzi e mettetela in mano a qualcun altro, ad una band di quelle che devono ancora farsi un nome; ne verrebbe fuori un album carino, discreto, ma che forse rischierebbe di rimanere intrappolato nel pantano della concorrenza, tra miriadi di uscite in ambito hard rock (per altro in un momento nel quale il recupero di sonorità “antiche” tira molto). La differenza la fa proprio Ace, la sua impronta, il suo marchio, la sua personalità, il suo carisma. A cominciare dai suoni, dal tocco della chitarra, dagli assoli, passando anche per la sua voce, che certo non sarà quella di un Freddy Mercury, di un David Coverdale o di un Paul Rodgers, ma che scalda il cuore come poche altre, grazie a quel mix di indolenza, guasconeria ed eterna fanciullezza che accompagna il miglior chitarrista dei Kiss di sempre. Se ci fate caso, un pezzo come “Rockin With The Boys” pare persino rallentato, sembrerebbe aver bisogno di una sveglia, di una scrollata, perché Ace dà l’impressione di arrivare quasi “in ritardo” ad ogni attacco, ed è proprio quella pigrizia sorniona che rende personale e inimitabile la sua fisionomia come artista, un po’ come la celebre “lentezza” di Clapton, inconfondibile tra mille, o il tocco di Joe Perry, un altro che con pochissimo fa tantissimo. Frehley ha i suoi tempi ed i suoi modi, tra una bevuta e l’altra. Butta giù il riff, sviluppa il pezzo, ci mette sopra la linea vocale più lineare e ruffiana di questo mondo, poi cesella con un assolo di classe. Il massimo risultato col minimo sforzo. Questo perché è un talento innato, uno al quale le cose vengono facili, anche quendo non pare metterci neppure chissà quale impegno.

Spaceman” scorre via liscio liscio, impossibile annoiarsi o rimanere estranei al mood, al groove, all’empatia che il vecchio filibustiere del Bronx ci scaglia addosso a secchiate. Ad Ace si vuole bene perché di riffa o di raffa la sfanga sempre e tira fuori un lotto di pezzi che stanno in piedi e che fanno inesorabilmente centro. Tra le cose migliori dell’album mi piace citare anche “Pursuit Of Rock And Roll” – Frehley ha un master in “Scopi ed Obiettivi del Rock n Roll” – nella quale il chitarrista dello spazio tributa il proprio rispetto e la propria ammirazione ai miti del rock che lo hanno ispirato (gentaglia come Little Richards, i Beatles e gli Stones, per dire) e la strumentale “Quantum Flux“, posta in chiusura del platter e che continua la tradizione di Ace di deliziarci con un brano privo di cantato le cui suggestioni sono sempre a sfondo cosmico e spaziale, perfettamente in linea con il suo make-up storico. Infine da segnalare “I Wanna Go Back” cover di Eddie Money e dichiarazione programmatica di intenti valida anche per il nostro Ace. In conclusione, un buon album da parte di Mr. Frehley, l’ennesimo; nulla di trascendentale se non la consueta spalla solida ed affidabile a cui aggrapparsi in tempi di magra e mala musica. La vecchia pelle non si smentisce… non rimane che brindare alla sua salute con un bicchierino di Gin (ghiacciato, of course).

Marco Tripodi

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