Recensione: Spaghetti Intifada

Di Damiano Fiamin - 2 Maggio 2012 - 0:00
Spaghetti Intifada
Band: Betrayers
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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69

Sebbene il nome del CD e la copertina evochino decisamente una certa iconografia da centro sociale, tipica del sottobosco di gruppi punk e hardcore che prolifera nelle grandi città, non dobbiamo lasciarci ingannare: i Betrayers suonano un hard rock sporco e potente, che omaggia gruppi come i Black Label Society, portando alla mente grandi autostrade che attraversano il deserto, una buona birra gelata e una bella ragazza sul retro della nostra moto. Classico, non è vero? Di certo, sappiamo a cosa andiamo incontro. Non resta che scoprire se questi quattro ragazzi, giunti alla prima prova ufficiale dopo tre anni di esibizioni live e di cambi di formazione, riusciranno a far breccia nel nostro cuore…

Dopo la breve e cisposa introduzione, affidata ai lenti strascichii di New Morning, il disco accelera bruscamente, in un crescendo rock impregnato fino al midollo di birra, deserto e asfalto. Sono sonorità piuttosto canoniche quelle di Wrangler Rockstar, ma non per questo risultano meno appaganti. Qualche momento di incertezza prima del ritornello non pregiudica in maniera rilevante l’esecuzione complessiva. Proseguiamo l’ascolto con Sail Away, in cui il quartetto si allontana dalle Highway per entrare in un universo più intricato, con armonie meno d’impatto che, in conclusione, non riescono a risaltare particolarmente. L’incipit mediorientaleggiante della title-track è il segnale di partenza per un nuovo concentrato di spregiudicato rock ‘n’ roll. Chitarra, basso e batteria si danno da fare per accompagnare Ghezzi e la sua voce, tra fraseggi e riff che risultano possenti senza mai esagerare.  I musicisti si ricollegano ai suoni che hanno aperto il brano prima di accompagnarci al successivo, Black Label. Polveroso, sporco, dall’anima dura e pura nonostante sia uno dei pezzi meno rabbiosi. Una delle canzoni migliori dell’intera produzione, alterna momenti melodici a strumentali più aggressivi, pur riuscendo a non snaturarsi durante il cambiamento.
Freedom esordisce pacatamente, dando vita a un brano melodico e rilassante. Pulito e ben suonato, non riesce però a trovare quella scintilla che lo renda veramente interessante. Dopo numerosi ascolti, non si arriva mai a saltarlo a piè pari, ma certo non si prova nemmeno a cercarlo ansiosamente. Proseguiamo dunque con le distorsioni di Downheaven. Dopo l’apertura dissonante, le sonorità si compattano in maniera massiccia e concorrono a realizzare un pezzo solido e possente, una sequela di riff vigorosi e un bel pestaggio ritmico che rinvigoriscono l’ascoltatore e lo portano dritto verso la cadenzata Blue Eyes. A farla da padrone, bassi pulsanti che delineano un ritmo meno spedito di quello delle tracce precedenti, una marcia ossessiva che esplode alla fine in un crescendo armonico che si intreccia e si annoda prima di sfumare definitivamente. Creature Of The Night è un’altra traccia più pacata, con arpeggi melodiosi e strumenti che vengono spremuti quel tanto che basta per produrre un buon suono, ma evitando esagerazioni. Non male. Giungiamo all’inevitabile epilogo sulle briose ali di Bad Again, hard rock veloce e senza compromessi, un finale scoppiettante in cui tutti sembrano voler dare il meglio. Cambi di ritmo, intriganti parti strumentali e ammiccamenti sessuali…cosa volere di più?

È giunto il momento di prenderci una pausa. Scrolliamoci di dosso la polvere accumulata durante il viaggio, sediamoci comodi e riflettiamo sul da farsi. I Betrayers hanno confezionato un buon disco di sano, duro e grezzo rock ‘n’ roll. Evocativi quanto basta, hanno dalla loro una discreta capacità tecnica e la capacità di scrivere pezzi accattivanti. I brani più lenti sono i momenti meno convincenti dell’intera produzione, non perché siano brutti, ma perché mancano, piuttosto, di quell’estro che traspare dai loro fratelli più spediti. Volendo tirare le somme, questi quattro ragazzi sono sicuramente partiti col piede giusto. Di strada da fare ce n’è ancora, ma le premesse ci sono tutte. Un po’ di attenzione in più per i dettagli basterebbe per distinguersi dal marasma di gruppi similari; vedremo cosa ci riserverà il futuro.

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