Recensione: Speak of the Dead

Di fi-ghter - 18 Aprile 2006 - 0:00
Speak of the Dead
Band: Rage
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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85

Sono tornati. Più forti di prima, più forti di sempre. La “rabbia” è profusa nelle loro interiora, la “rabbia” è dentro di noi…

Anno Domini 2006, dopo l’eccellente “From the Cradle to the Grave”, live album che ha coronato i vent’anni di storia e, soprattutto, dopo l’ultimo devastante studio album, Soundchaser, l’istituzione power metal tedesca, i Rage, da alle stampe Speak of the Dead: full length che si presenta come un uragano sonoro in grado di inghiottire tutto ciò che gli si para davanti.
Chissà se proprio l’album diciassette non sia, a dispetto del numero, quello che determinerà l’esplosione definitiva di una super-band da sempre sottovalutata e relegata nelle posizioni di medio-bassa classifica. Perché? Proveremo a spiegarlo nel corso della recensione.
Se dei Rage avete apprezzato il percorso storico che va dal 1996 al 1999, quello del matrimonio con l’orchestra Lingua Mortis (Lingua Mortis,  XIII e Ghosts) tanto per intenderci, rimarrete estasiati dalla nuova produzione che, è stata divisa in modo semplicemente geniale: i primi otto brani costruiti e ricreati con l’atmosfera dell’orchestra sinfonica di Minsk (cinque dei quali totalmente strumentali) e gli ultimi sette a rappresentare lo sfogo naturale di una band che trabocca tecnica da ogni dove, una band che emana energia elettrostatica, una band esplosiva.

Cercavate una colonna sonora che potesse contemplare l’immagine delle costellazioni nella infinita galassia? Mortituri te Salutant fa al caso vostro: socchiudete gli occhi e comincerete a mettere a fuoco una quarta dimensione, la profondità astrale immergerà le vostre anime al ritmo di Prelude of Souls, anthem teatrale che, poco per volta, vi rivelerà l’universo orchestrale dei Rage, con un picco massimo registrato sull’attacco della meravigliosa Innocent, la prima delle tre perle (non strumentali) firmate Lingua Mortis.
Che Victor Smolski abbia una innata predilezione per comporre musica classica è sotto gli occhi di tutti (ricordo ad esempio il suo solo-album orchestrale del 2004), ciò che stupisce è l’eccezionale fantasia con la quale l’artista è riuscito a mescolare due così diverse fonti di pensiero, in questo contesto abbracciate e legate quasi a promettersi amore eterno.
Il riff di chitarra (più distorta che mai) è di quelli vincenti e il chorus del pezzo è semplicemente stratosferico. Top Song.
La lunga suite si “demoralizza” per una settantina di secondi a favore di una Depression che implementa una corazzata di archi strozzati dalla successiva No Regrets. Suoni futuristici e tridimensionali, esordio con un Peter Wagner che comanda il vascello spaziale e Smolsky nei panni di un direttore d’orchestra sino all’immenso e nostalgico coro supportato prima dalla potenza della batteria di Mike Terrana poi da un organo tanto struggente quanto indispensabile.
Confusion e Black ritagliano ulteriore tempo assegnato alle dimostrazioni tecniche dei tre moschettieri che, con la dolce Beauty salutano la dimensione da “Teatro Alla Scala”. Applausi.

Pronti per la colata d’acciaio fuso?
Si ritorna ai fasti di Soundchaser e di Unity a partire da No Fear (che verrà utilizzata per un film psycho-thriller tedesco intitolato “Ludgers Fall”) e si caracolla senza respiro attraverso quella che appare come il naturale seguito della bellissima Great Old Ones (Soundchaser), Soul Survivor, dirompente nelle linee di batteria e sensazionale negli assoli di chitarra.
Facile capire perché le bonus tracks presenti sulla versione digipack di Speak of the Dead (La Luna Reine e Vollmond) siano le versioni ispaniche e teutoniche della qui presente Full Moon, perfetto connubio di aggressività e melodia che non avrebbe certo sfigurato se scelta come singolo apripista.
I Rage, con Kill Your Gods, tributano loro stessi e quanto prodotto in passato e si confermano spettacolari con Turn My World Around, appena prima dell’unico semi-passo falso dell’intero lavoro, Be With Me Or Be Gone: non impeccabile sul continuo contrappunto di batteria e poco incalzante sull’asse bridge/chorus/solos.
Sollazzante, invece, la definitiva title track in grado di sbalordire sul piano tecnico e convincere nei duelli chitarra-batteria di livello avanzato.

Per un convinto fan dei Rage, quale sono, è sempre estremamente triste e al contempo frustrante constatare che band a fine carriera (fantasmi del loro glorioso passato), formazioni che ricorrono al plagio più o meno esplicito e gruppi che propinano dischi banali, quanto tecnici, della durata effimera di pochi ascolti, riescano a vendere più della creatura di Peavy Wagner. Ancora una volta, a 21 anni di distanza dall’esordio degli Avenger, i Rage hanno messo a segno un lavoro importante il quale unisce la teatralità e la melodia dell’orchestra con un power heavy metal potente, arcigno, devastante (e tecnico come pochi) e prodotto con classe assoluta. Io non voglio, non posso, credere che tali caratteristiche non possano piacere ad un fan medio del metal in generale. Possibile per esempio che chi ama il power metal made in Germany e che idolatra tutto il movimento vecchia scuola non possegga lavori come Perfect Man, Trapped, End Of All Days, Lingua Mortis, Missing Link, Soundchaser…? Purtroppo, ed incredibilmente aggiungo, conosco persone in questa paradossale situazione. Io credo che parte della colpa sia di noi recensori che forse abbiamo eretto una sorta di muro definendo i Rage come una sorta di ibrido a mezza strada tra il power ed il thrash, un qualcosa di elitario e strano: un gruppo verso il quale si deve rispetto, ma che pochi hanno il privilegio di ascoltare e idolatrare. Assolutamente sbagliato!! Parte della colpa però è anche Vostra che leggete, che non comprate e non Vi avvicinate ad un sound davvero stupendo per tecnica, composizione, ed appeal. Storicamente questa band ha cercato di non fossilizzarsi, di cambiare e di spaziare, per dare alla luce una discografia imponente e varia caratterizzata da un livello qualitativo complessivo enorme. Speak Of The Dead, come già esaurientemente detto, non è che l’ultimo tassello il quale prosegue parzialmente sulla strada di Soundchaser riprendendo anche la magia di Lingua Mortis. A questo si devono aggiungere gli automatismi crescenti raggiunti dalla corrente line-up: Terrana e Smolsky sicuramente tra i migliori chitarristi e batteristi in circolazione, album dopo album, diventano con gli anni una coppia sempre più devastante ed in perfetta sintonia con Peavy.

Invece di constatare con tristezza l’ingiusta nomea di band sottovalutata la quale sembra si diverta a perseguitare e rincorrere i Rage, io mi ribello e invito con forza tutti gli amanti del metal in generale (fans e soprattutto chi non li conosce) a prendere il portafoglio e a spendere 18 euro per Speak Of The Dead. In un periodo di transizione nel mondo power/heavy, nel quale i grandi nomi fanno una enorme fatica ad avvicinare quanto fatto nel loro glorioso passato ed in cui i giovani non sono ancora maturi per rimpiazzarli, emergono, spiccano e svettano oltremodo ancora una volta i vecchietti Rage con questo lavoro di ottima fattura. Non dimentichiamo che sono proprio loro (gli Avenger) che a metà degli anni ‘80 in bella compagnia con Grave Digger, Running Wild, Helloween (di Walls of Jercicho) e Lucifer’s Heritage (Blind Guardian) hanno dato via al vero power metal europeo: una musica potente ed aggressiva dotata di una carica travolgente unita a melodie avvincenti ma non eccessive. Le cose dopo 20 anni sono cambiate molto nel power ma una delle poche certezze alle quali ci si può ancora aggrappare in questa fase di cambiamento generazionale sono proprio i Rage. Speak Of The Dead, nonostante sia di un livello inferiore rispetto ai grandi lavori della loro carriera, spazza via a nostro parare quanto pubblicato nel settore nell’anno corrente (finora abbastanza mediocre) e si candida per diventare uno dei migliori album del 2006. Ricordiamoci infatti che se fare un grande album è umano…perseverare è Rage.

Top Songs: Innocence, No Fear, Full Moon.
Skip Song: Be With Me Or Be Gone.

Gaetano “Knightrider” Loffredo e Paolo “FIVIC” Beretta

Tracklist:

1.Mortituri te Salutant (instrumental)
2.Prelude of Souls (instrumental)
3.Innocent
4.Depression (instrumental)
5.No Regrets
6.Confusion (instrumental)
7.Black (instrumental)
8.Beauty

9.No Fear
10.Soul Survivor
11.Full Moon
12.Kill your Gods
13.Turn my World Around
14.Be With me or Be Gone
15.Speak of the Dead
16.La Luna Reine (bonus track)
17.Vollmond (bonus track)

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