Recensione: Spirito di pietra

Di Emanuele Calderone - 20 Luglio 2011 - 0:00
Spirito di pietra
Band: Deadman
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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68

Nati a Torino nel 2008, i Deadman rappresentano una realtà relativamente giovane del panorama black metal nostrano.
Arrivata con “Spirito di pietra” al fatidico traguardo del primo album, la one-man band riesce a guadagnarsi un contratto con la piccola casa discografica Dusktone, la quale sembra puntare molto su questo progetto italiano.

“Spirito di pietra” è un’opera che attinge a piene mani dalla scena norvegese di inizio anni ’90, risultando influenzata soprattutto da artisti quali Darkthrone e Satyricon e inglobando al suo interno anche passaggi più vicini all’ambient.
Musicalmente siamo dunque al cospetto di un lavoro piuttosto classico in quanto a sonorità: chitarre zanzarose e sature, riffing scarno e molto lineare, batteria martellante ma non particolarmente varia e, non ultimo, uno screaming acidoo e mai sopra le righe.
Diviso in nove capitoli, tutti nominati secondo la numerazione cardinale romana, per un totale di 46 minuti e 33 secondi, l’album riesce a farsi ascoltare con discreta piacevolezza, facendo mantenere quasi sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore. Se da un lato il musicista piemontese non propone infatti assolutamente nulla di nuovo e innovativo, d’altra parte è innegabile che le scelte melodiche e il risultato finale siano apprezzabili.

Dei nove brani, quelli che maggiormente riescono a colpire e a farsi ricordare sono “II”, “III” e “VI”. Nelle prime due, a catturare l’interesse sono la potenza e la violenza espresse: le chitarre tessono melodie ossessive e volutamente ripetitive; i ritmi serrati contribuiscono ad incattivire i pezzi, rendendoli decisamente aggressivi e accattivanti, oltre che assai più “robusti”. Azzeccatissimi anche i passaggi più rilassati dal sapore quasi ambient, che riescono a far recuperare il respiro all’ascoltatore.
“VI” rappresenta invece la vetta più alta, qualitativamente parlando, che si possa rintracciare in tutta la tracklist: grazie al minutaggio relativamente elevato (siamo appena oltre i sei minuti), il musicista riesce a giocare con le melodie, creando gradevoli variazioni sui temi musicali.
La sei corde, satura come non mai, macina riff tanto semplici quanto efficaci, donando al brano un’atmosfera ora disturbante ora malinconica. A tutto ciò si aggiunga anche l’ottima interpretazione vocale di Deadman, che influisce assai positivamente sul risultato finale. La canzone è un crescendo di emozioni: a una prima metà più lenta e cadenzata, quasi soffocante nel suo avanzare minaccioso e nella quale riaffiorano anche vaghe influenze post-rock, si contrappone una seconda parte assai più esasperata e violenta, creando in tal modo una gradevolissima alternanza che aiuta a mantenere alta la soglia di attenzione.
Se queste tre tracce rappresentano quanto di meglio si possa trovare nell’album, i restanti episodi non scadono comunque mai in banalità o passaggi che sappiano troppo di già sentito: il punto di forza di quest’opera è, infatti, una qualità media che, pur senza presentare picchi di eccessiva genialità, è stabile sempre e comunque su livelli più che dignitosi.

Volendo spendere qualche parola nei confronti degli aspetti più tecnici, “Spirito di pietra” gode, senza ombra di dubbio, di una qualità di registrazione piuttosto buona: i suoni, pur risultando “secchi”, sono naturali e chiari. Molto ben regolati anche i volumi, in modo tale da rendere distinguibili al massimo tutti gli strumenti.
La preparazione tecnica del torinese si attesta per di più su standard discreti, non mostrando quasi mai il fianco a critiche troppo dure. Pur senza sfoderare una prestazione da virtuoso, il musicista riesce, da solo, a suonare basso, chitarra e batteria con la giusta sicurezza.

Tirando le somme, “Spirito di pietra” è un lavoro di qualità ampiamente accettabile, capace di regalare una manciata di canzoni appassionanti e, più in generale, in grado di donare quarantasei minuti di black metal violento e al contempo atmosferico.
Se state cercando un lavoro che rivoluzioni un intero genere, probabilmente quest’uscita non fa per voi, se invece siete alla ricerca disperata di un album gradevole e classico, allora qui troverete quello che fa al caso vostro.

Emanuele Calderone

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