Recensione: Split

Di Alessandro Di Clemente - 16 Dicembre 2002 - 0:00
Split
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Anno: 2002
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75

A pochi mesi dall’uscita di Master Of All Times, eccomi di nuovo a parlare del mitico Paul Chain grazie ad uno split cd con la progressive rock band Johar. Si parte subito con l’analizzare questi ultimi che ci propongono 6 brani di puro prog rock italiano molto influenzato dalle composizioni nostrane dei ’70. La Band è composta da Fabrizio Monadi (flauto e voce), Massimo Esposito (chitarra), Davide Leoni (tastiere e synth), Loris Testori Ferri (basso), Mirko Morri (batteria, percussioni e voce). Le cinque composizioni scivolano via, in un revival settantiano, piacevolmente, molto sobrie per ciò che concerne gli arrangiamenti e i suoni utilizzati. Questa è la seconda uscita discografica dei nostri dopo “Effetto Placebo” del 1998, un album completamente cantato in inglese e orientato verso un prog rock psichedelico; in quest’opera i nostri si cimentano in un prog rock dove la componente psichedelica viene abbandonata in favore di una progressione molto accentuata. I ragazzi hanno buon gusto riuscendo ad inserire richiami alla musica medio-orientale (in “Ire”) senza forzare troppo le composizioni, oppure patterns funkeggianti (in “funky wha cafè”), o ritmi da bossa nova quasi stile Santana (in “Franz”) per rendere il tutto meno ripetitivo e scontato.

La composizione che preferisco è “X Cicle”, forse la più commerciale, la meno progressiva e più basata su schemi assimilabili al rock (mi è sembrato di ascoltare, ad un certo punto del solo di chitarra, una strana commistione tra i Deep Purple e gli Iron Maiden). Una band, forse non originale al massimo, che vanta un buon gusto negli arrangiamenti e un’ottima tecnica strumentistica.

Passo a Paul Chain e la storia cambia… rispetto al precedente Master Of All Times queste tre nuove canzoni sono più prog e meno psichedeliche forse, più dark (soprattutto la prima veramente bella “Before The War”).

“Before The War” ha un incedere che direi quasi industrial con delle voci femminili in sottofondo, una base ritmica identica per dieci dei quattordici e passa minuti di canzone sulla quale si alternano voci femminili e maschili ed un violino (a là My Dying Bride per fare un esempio), dopo di che si passa ad una colonna sonora da film horror(…veramente pauroso questo pezzo…sotto tutti i punti di vista) in cui la fa da padrone l’ormai consolidato violino. Il brano si conclude acquistando velocità: una batteria in mid tempo sostenuto, Anna Auer che parla in un linguaggio incomprensibile e il violino in risalto assoluto.

La seconda “Listening Chaos” è più simile a Master Of All Times, un trip di circa venti minuti, in cui l’improvvisazione è la chiave di lettura della composizione…originale e psichedelica.

Il cd si conclude con “The End Of A Love Conflict”, in cui si ascolta finalmente una chitarra che tesse un accompagnamento che supporta una voce proveniente da trent’anni fa, un violino che sforna melodie tristi ed un synth straniante. Forse la song più classicamente prog. Davvero uno split convincente, per padiglioni auricolari senza tempo: I Johar sono una band da tenere d’occhio, anche se il filone prog ha fatto la sua stagione; Paul Chain, in qualsiasi situazione musicale si barcameni, possiede una classe unica. Interessante…ma per orecchie allenate.

tracklist:

1- 7

2- China

3- Ire

4- Funky Wha Cafè

5- Franz

6- X Cicle

7- Before The War

8- Listening Chaos

9- The End Of A Love Conflict

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Genere:
Anno: 2002
75