Recensione: Stabbing the Drama

Di Alberto Fittarelli - 4 Marzo 2005 - 0:00
Stabbing the Drama
Band: Soilwork
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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75

E’ il sesto capitolo per i Soilwork, quello proposto con Stabbing the
Drama
,
e bisogna dire che anche questa volta non deludono le attese, per quanto
difficilmente grande parte dell’audience abbia saputo adattarsi ai loro
cambiamenti di sound, spesso fin troppo repentini. Mi sento però di poter
giudicare la band svedese come fondamentalmente onesta, anche se è innegabile
che l’apertura ai lidi melodici sia stata dettata dalla voglia di portare la
propria musica alle orecchie di una grande quantità di persone: è
l’impressione che ho ricavato parlando brevemente col cantante Bjorn, che non
esita a dichiarare come nelle sue canzoni il pop sia ben presente, almeno a
livello di strutture.

Detta così la frase potrà spaventare: in realtà Stabbing the drama è un
disco che si prende il sound del precedente Figure Number Five e lo immerge in
una colata di acciaio, con le chitarre e la batteria (con un sessionist di
lusso, Dirk degli Scarve) a farla nuovamente da padrone. I pezzi tornano ad
essere feroci quanto basta, per quanto le strofe si alternino ai
“soliti” ritornelli melodici, con la voce di “Speed” Strid
che torna a farsi pulita; ma è l’insieme che forse si amalgama meglio, con una
grande carica unita al tipico flavour mainstream che caratterizza i Soilwork
ormai da diversi dischi.
Il fatto che con quest’album la band non sperimenti soluzioni particolarmente
nuove non mi sembra un limite. almeno in questo caso: sembra infatti che abbiano
voluto parzialmente correggere il tiro, compattare meglio un suono che sta
ancora cercando la sua forma definitiva.
Del resto più di tutto è la qualità dei singoli pezzi che conta: e brani come
Stalemate, aggressiva come non si sentiva da parecchio, o One with the
Flies
salta subito all’orecchio. Tutto il disco scorre su ottimi livelli,
alternando momenti parzialmente rilassati (pochi) a vere e proprie sfuriate, e
basta sentire anche la sola Blind Eye Halo per capire come per una volta
al gruppo non interessi passare per forza in radio o in televisione, per quanto
l’appeal commerciale sia connaturato alla loro stessa essenza: Strid si lascia
andare addirittura al growl, sembra improvvisare delle intere parti vocali per
dare loro maggiore impatto e ne esce un pezzo distruttivo.

Resta il lecito dubbio che la band sia ultimamente un po’ a corto di idee,
dopo aver spaziato su praticamente tutti i modi di unire la melodia al death di
stampo svedese. Difficile anche eliminare del tutto l’impressione che i Soilwork
risentano del contraccolpo creato (mediaticamente molto più che quanto a
qualità) dalla miriade di gruppi e gruppetti metalcore/thrashcore/deathcore o
come li si voglia chiamare che stanno inondando il mercato musicale, provenienti
ormai da un po’ tutto il mondo, e che vogliano farsi sentire per riaffermare la
propria autorità su gruppi che sino a ieri li vedevano come ispirazione.
“Ansie” che potrebbero essere alla base di un disco nervoso, spontaneo
e non troppo elaborato: ma se è vero che l’essere umano dà il meglio di sé in
situazioni di stress allora si spiega come mai Stabbing the Drama
sia un disco che, a pelle, risulta immediatamente piacevole. Quanto la cosa
possa durare lo dirà ovviamente il tempo, nel frattempo godiamocelo.

Alberto “Hellbound” Fittarelli

Tracklist:

1. Stabbing the Drama
2. One With the Flies
3. Weapon of Vanity
4. The Crestfallen
5. Nerve
6. Stalemate
7. Distance
8. Observation Slave
9. Fate in Motion
10. Blind Eye Halo
11. If Possible

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