Recensione: Stains of Sin

Di Alessandro Calvi - 2 Gennaio 2008 - 0:00
Stains of Sin
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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60

I Grinning Shadows nascono nel 2003 ad opera di Simone Cirani che raccoglie attorno a se amici e musicisti per dare corpo alle sue idee compositive. In breve tempo la band giunge ad avere i brani necessari per incidere il proprio primo demo intitolato “Elegy in Blood”, ben recensito dalla critica. Forti dell’apprezzamento, il gruppo si mette al lavoro su nuovi pezzi. Nel frattempo la line-up viene modificata, entra una chitarra in più, ma cambiano sia basso che voce femminile. Questo non ferma la band che nel 2006 registra questo “Stains of Sin”, qualche problema di produzione rallenta l’uscita del demo, che vede finalmente la luce nel 2007.

Questa loro seconda opera si presenta a noi con una confezione in grado di far impallidire molte uscite professionali. Un digipack di cartoncino che si ripiega su se stesso e presenta foto della band e testi delle canzoni non facendo per nulla rimpiangere l’assenza di un libretto.
L’apertura poi con “Gates of Erotica”, brano strumentale dal tono epico che si affida molto a una batteria cavernosa e martellante, sembra prospettare un contenuto assoluto di primo livello. Tocca quindi a “Sine Nomine” farci sentire di cosa son capaci di Grinning Shadow.
Si parte con un ritmo sostenuto che lascia presto spazio a uno stacco epico e dai toni medievali affidato alle tastiere che poi prosegue come sottofondo alla melodia del brano. La voce passa da un clean piuttosto roco allo scream, fino al growl in qualche breve frangente, mentre gli strumenti riescono a mixare bene momenti gothic ad altri di matrice black e thrash. Bisogna però ammettere che la pronuncia inglese del singer lascia un po’ l’amaro in bocca ai primi ascolti risultando un po’ “scolastica”.
Da questo punto in avanti le tracce assumono tutte per titolo un nome di donna: Dianne, Ophelia, Scarlet, Ivy, Chimera, donne ora dannate, ora fonte di dannazione per gli uomini che si son innamorati di loro.
“Dianne” assume toni più cupi rispetto alla precedente, ma al contempo anche un ritmo più veloce. Fa inoltre la sua comparsa la voce femminile di Silvia Rigoni che dona un tocco etereo al brano nei brevi passaggi in cui interviene. Si sottolinea il lavoro delle tastiere che crea più di un momento inquietante lungo la durata della canzone.
Si apre come una ballad “Ophelia”, dedicata al disgraziato personaggio dell’Amleto di Shakespeare, ma ben presto si trasforma nella traccia più aggressiva del cd. In questo caso emergono maggiormente le chitarre, responsabili di riff molto accattivanti e grintosi che danno al brano una marcia in più.
Più cupa, dall’incedere più lento e a tratti quasi doom “Scarlet”, quinta song del cd. Naturalmente non mancano i cambi di tempo e gli inserti di voce femminile e gli stacchi demandati principalmente alle tastiere. L’atmosfera che comunque si respira per tutta la sua durata è più dark rispetto a prima.
Sottilmente inquietanti i brevi interventi della voce di Silvia in “Ivy” a imitare la voce di una bambina. Leggermente meno brillanti al contrario i tentativi dal tono più lirico della stessa singer che sembran difettare un po’ di fiato.
La carrellata di bellezze in grado di far desiderare la morte o di tramutare la vita in agonia giunge al termine con “Chimera”. E con un nome simile non ci si può certo aspettare un finale alla “e vissero per sempre felici e contenti”. L’apertura in growl sussurrato e voce femminile su una base quasi acustica funziona molto bene e così il proseguo con l’inserimento degli altri strumenti e l’aumento esponenziale di ritmo della traccia.

Le critiche a questo demo son principalmente rivolte alla produzione, colpevole (se così vogliamo dire) di non aver dato un adeguato peso e suono alle chitarre, che quindi risultano spesso un po’ sottili. Con una maggiore potenza delle suddette l’impatto sonoro dell’album avrebbe potuto essere notevolmente maggiore e raggiungere una ideale pienezza. Migliorabile anche il mixaggio del volume della voce, spesso troppo alta e quasi scollegata dagli strumenti.
Infine, come già espresso all’inizio, sarebbe consigliabile migliorare un po’ la pronuncia dell’inglese che è al momento un po’ troppo scolastica.

In definitiva i Grinning Shadows realizzano un secondo demo molto buono a livello teorico, la cui messa in opera lascia qualche spazio di miglioramento. La sensazione è che con una produzione adeguata la band potrebbe veramente far sentire di che pasta è fatta regalando diverse soddisfazioni ai propri ascoltatori.

Tracklist:
01 Gates of Erotica
02 Sine Nomine
03 Dianne
04 Ophelia
05 Scarlet
06 Ivy
07 Chimera

Alex “Engash-Krul” Calvi

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