Recensione: Starvation

Di Stefano Ricetti - 29 Giugno 2013 - 0:10
Starvation
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Genere:
Anno: 2013
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64

I Blood of kings sono un heavy trio di stanza a Seattle, attivi dal 2011, anno nel quale pubblicano un demo per poter farsi conoscere al mondo tutto. Oggi, grazie ai servigi della My Graveyard Productions, giungono al debutto su full length. Starvation gode di una interessante copertina realizzata da Eric Hopkins e si accompagna a un booklet di dodici pagine vecchia maniera, con i testi delle canzoni, qualche foto del gruppo in bianco e nero e le informazioni minime richieste.

Dalle foto dei tre ‘Kings si può sin da subito immaginare quale sia lo spettro musicale al quale Eric Jelsing, Nick Paul e Pete Yore abbiano consegnato la Loro anima. Chiodo classico, T-Shirt nera, curva del benessere tipica dei buoni bevitori in bella vista e no look come regola imprescindibile: questo il biglietto da visita dei tre musicisti provenienti dallo stato di Washington.         

Old school nell’attitudine e old school nei risultati, come palesemente udibile scorrendo le sette tracce che costituiscono la colonna vertebrale del disco dalla copertina grigia. Un ribollire continuo di HM classico possente che non si fa mancare praticamente nulla, spaziando dalle geometrie più tradizionali dell’heavy rock alle sfuriate speed’n’thrash, forte di una sezione ritmica incessante costruita dalle mazzate del bicilindrico Jelsing/Yore. Se a livello di basso e batteria i Blood of kings se la giocano con un discreto numero di altre band dedite alle sonorità più ortodosse del Metallo, altrettanto non si può dire per il cantato di Nick Paul, assolutamente non all’altezza del resto della band.

Una produzione di molto penalizzante, poi, di certo non aiuta la resa alle casse dei tre artisti americani, anche se va detto che dischi come Starvation, proprio per indole, si rivolgono potenzialmente a un pubblico che non ne fa una malattia dei suoni un po’ arruffati ma punta decisamente al carattere in your face della proposta oltre al fatto di premiare la mentalità defender che porta in seno il gruppo.

Scorrendo il settebello di brani, pressoché all’unisono all’insegna della potenza e della coerenza, è impossibile non riandare ai fasti targati anni 80 di band quali Exciter, Metal Church, Metallica e Tyrant, anche se va sottolineato che i Blood of kings echeggiano il lato più tipicamente grezzo dei quattro monumenti sopraccitati.

Starvation si conferma coacervo di attitudine, quindi, e sarebbe davvero bello un giorno ritrovare i Nostri con sistemato tutto quanto oggi difetta la Loro onorevole proposta e poterseli godere appieno, a calare le proprie carte all’interno di quella sana guerra dei watt che permette alla fiamma dell’Acciaio di restare viva e vegeta dopo tanti anni.       

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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