Recensione: Still Alive!

Di Giuseppe Casafina - 22 Luglio 2017 - 11:59
Still Alive!
Band: Crack House
Etichetta:
Genere: Grindcore 
Anno: 2017
Nazione:
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70

Premettiamo un mio limite personale: chi scrive non è mai stato un grande fan dei dischi dal vivo.

Bene, l’ho detto. Sono stato onesto.

Ben pochi sono stati i dischi dal vivo in grado di aggiungere realmente qualcosa a livello emozionale nei confronti di una band che già ben conoscevo, mostrano in tali casi tutta l’efficacia di questa in sede live, spesso ovviamente andando oltre alcuni ritocchi in studio, ‘vizietto’ tipico di molte band che a mio parere ha sempre dato molto fastidio.

Ed ecco che mi ritrovo a recensire un bel disco dal vivo! Sfigata la vita a volte, vero? E per di più di una band, tali Crack House, che non conosco, fortemente di nicchia (almeno per quanto mi riguarda, non ne avevo mai sentito parlare finora) e di cui, appunto, in rete si trova ben poco tolta la dovuta pagina Facebook d’occorrenza (e forse dovrei anche ringraziare il caso di ciò). Un disco, a detta della label, prodotto in studio quanto basta per non ritoccare l’essenza dal vivo di questa band.  Vedo la copertina e subito capisco che non dovrei aspettarmi nullo di buono e serio. Invece ascolto e…caso strano, quel ascolto, mi piace. Il genere proposto da questi simpatici americani è grindcore, contaminato  da sonorità hardcore punk in misura maggiore rispetto a quanto ho potuto ascoltare di solito, riproposto con energia e precisione, oltre che un minimo di attitudine cazzona che non guasta mica, soprattutto considerando i due brani strumentali posti in apertura all’esibizione (di cui uno vanta il nome ‘Start The Fucking Song’).

La registrazione ovviamente è abbastanza pulita, consona a quelle che è la registrazione di un disco dal vivo ‘regolare’ oggigiorno (dove ‘regolare’ sta per ‘sapientemente ritoccato in studio’, ma almeno pare che qui non si sia strafatto), mentre l’attitudine dal vivo è quella giusta, almeno a giudicare dalle loro interazione con il pubblico entusiasta alla fine di ogni brano! Undici brani belli tirati, cazzeggioni e con il giusto apporto di vocalizzi ‘maialosi’ quando serve: vado avanti, quel che sento mi piace! Mi piace parecchio, tanto che ho riascoltato questo promo per puro piacere personale numerose volte ed ammetto una cosa, cioè che questo è davvero un bel disco dal vivo, esattamente uno di quelli che mi piacerebbe possedere! Poi, dato che nelle informazioni promozionali leggo che il tutto è stato registrato in una vecchia costruzione abbandonata (ambiente sicuramente non facile da microfonare così bene, parlando da fonico), addirittura me ne innamoro! Insomma, di sicuro ora questi Crack House li conosco anch’io e, cavolo, sono per giunta contento di averli conosciuti direttamente in veste live piuttosto che la solita, spesso blanda, versione in studio: in studio siamo tutti bravi, diciamoci la verità, ma al cospetto di una formazione così precisa in sede live, cavoli, non posso che tirar giù il cappello in segno di rispetto!

Dei brani proposti, non conoscendo ovviamente le versioni in studio, non posso dir nulla e le differenze tra gli stessi sembrano invero pochine, ma considerando la brevità degli stessi (il più lungo dura meno di 4 minuti, mentre il restante viaggia tra il minuto e mezzo e i due minuti) la cosa non annoia, fornendo un simpatico prodotto da pogo casalingo, divertente e ‘cazzeggione’ al giusto. Qui non conta il tecnicismo, quanto l’impatto e la precisione chirurgica nell’assalto.

Una registrazione di una situazione dal vivo particolare perfettamente riuscita dove, sebbene la cassa appaia triggerata rispetto al resto del drumkit, la cosa all’ascolto risulta non esageratamente fastidiosa…e considerate che io sono uno pignolo su queste cose! Insomma, da come si è abbondantemente capito questi Crack House fino a poco fa non li conoscevo ma alla fine ho apprezzatoNulla di rivoluzionario, solo materiale onesto, corposo e coinvolgente: dati i preliminari di come era partita la cosa il risultato finale mi basta, mi avanza e me ne compiaccio. In sede finale quindi, confermo il tutto come un simpatico prodotto da svago che, secondo me, data l’efficacia del tutto potrebbe addirittura diventare un piccolo classico tra gli amanti del genere.

Ed ora, scusate, ma corro a comprare una copia fisica su Bandcamp: facciamo andare avanti il commercio, porca paletta!

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