Recensione: Storm Seeker

Di Angelo D'Acunto - 24 Settembre 2011 - 0:00
Storm Seeker
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Anno: 2011
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84

C’era una volta I.C.S. Vortex, cantante (e chitarrista, bassista, batterista) dei misconosciuti Lamented Souls, poi voce dei Borknagar, poi ancora basso e voce (pulita) dei Dimmu Borgir, nonché ultimo cantante degli Arcturus. Se con i primi c’è da segnalare praticamente il nulla (escluso qualche demo), è con i restanti gruppi che il nome dell’artista norvegese ha cominciato ad acquisire una certa importanza nel panorama musicale odierno, grazie soprattutto a qualità vocali di un certo (e ottimo) livello. Dopo il recente split (parola che nasconde un altro termine più antipatico: licenziamento) con i Dimmu Borgir, l’artista norvegese ha sicuramente riguadagnato un’abbondanza di tempo libero che gli ha già permesso di rientrare nei Borknagar (in qualità di bassista e voce secondaria), annunciare la reunion dei Lamented Souls, la tanto agognata reunion degli Arcturus, e poi? E poi un progetto solista che spunta letteralmente dal nulla, e che grazie al nome piazzato in copertina è destinato ad attirare l’attenzione, indipendentemente dalla qualità effettiva della musica.

E la qualità del disco (per fortuna) è molto alta. Ciò che caratterizza Storm Seeker è soprattutto la freschezza delle idee, senza contare che il buon Vortex, per l’occasione, chiama a raccolta alcuni dei migliori musicisti del panorama musicale norvegese (si pensi solo ad un batterista del calibro di Asgeir Mickelson), e che quindi anche a livello esecutivo ci troviamo di fronte a livelli decisamente alti. Sembrerebbe inutile un paragone con i Dimmu Borgir, vista la differenza tra i due generi, ma resta comunque da far notare come Vortex, con questo sua prima prova da solita, sia riuscito a dare un bello schiaffo a Shagrath e compagni, e al loro ultimo Abrahadabra. E lo ripetiamo: non tanto per una questione di generi, ma più che altro per la qualità della proposta musicale.

Angelo D’Acunto

 

Senza girare troppo attorno alla questione, Storm Seeker, questo il nome scelto per la prima uscita discografica di I.C.S. Vortex, è una delle opere migliori partorite in questo 2011. Prodotto niente meno che da un colosso come la Century Media, il lavoro mette in mostra l’immensa sensibilità artistica di Simen Hestnæs che, ancora una volta, si dimostra compositore, arrangiatore e cantante di primissimo livello.
Chiunque si aspettasse un album indirizzato verso sonorità estreme rimarrà però con l’amaro in bocca. Il norvegese decide di allontanarsi in maniera netta dal avantgarde/black metal, indirizzandosi verso territori più vicini al progressive d’annata, venato da suggestive sfumature al limite del folk e da passaggi dal sapore hard rock. Tale cambiamento si riflette, inevitabilmente, anche sulle atmosfere, che in qualche caso si fanno ariose, senza che vengano meno i sentimenti di tensione e, ci si passi il termine, nervosismo, che da sempre caratterizzano la musica del singer di Oslo.  La massiccia presenza di strumenti ampiamente utilizzati nel prog rock, quali organo hammond e flauti, unitamente all’utilizzo di amplificatori vintage, conferisce poi a Storm Seeker un sapore tutto particolare, unico.

Suddivisa in undici episodi di durata medio-breve, l’opera scorre all’ascolto con una piacevolezza inusitata ed inaspettata, appassionando, cullando e deliziando l’ascoltatore, per tutti i 44 primi abbondanti di musica. La tracklist si dimostra abbastanza variegata e presenta numerosi spunti di grande interesse. Gli arrangiamenti denotano una cura certosina e dimostrano come l’ex Dimmu Borgir riesca a costruire brani personali pur senza celare troppo le proprie influenze.
Si parte con The Black Mobile, una delle tracce tracce che maggiormente denunciano il background estremo di Vortex. Impossibile non ricollegare la song ai momenti più pacati di quel capolavoro d’avanguardia chiamato The Archaic Course e firmato dai Borknagar. Più si va avanti però e più i toni cambiano: ecco che si incontrano brani rilassanti quali la meravigliosa title-track, che si muove tra suggestioni progressive e sfumature jazz e la conclusiva, sperimentale The Sub Mariner, pezzo strumentale che richiama alla mente i Kraftwerk più elettronici.
Gli episodi più rocciosi, comunque, non mancano: ecco quindi che si possono incontrare composizioni quali When Shuffled Off, cadenzata ed ipnotica nel suo incedere; a spiccare sono anche le psichedeliche progressioni di Windward, strutturalmente uno dei pezzi più semplici, ma senza ombra di dubbio anche uno di quelli di maggiore impatto emotivo.

Naturalmente non sono solo le belle melodie a decretare la perfetta riuscita di questo full-length. Vortex sfodera una prestazione al microfono eccezionale. La sua voce non sembra risentire del passare del tempo e, sia nelle note basse che in quelle alte, non si notano mai sbavature. Ma non è solo la prova tecnica a convincere: il cantante norvegese interpreta i brani con una carica e una passione palpabili sin dai primi ascolti. E il resto della band? Basterebbe anche solo nominare i musicisti coinvolti per capire quanto sia alto il livello. Asgeir Mickelson, amico di vecchia data e compagno di Simen già nei Borknagar, “gioca” con la sua batteria, disegnando ritmiche costantemente in evoluzione. Ciò nonostante, questa volta, l’ipertecnicismo tipico del drummer viene messo da parte, in favore di uno stile più lineare ed essenziale. Cyrus (già in forza ai Sarke e chitarrista live nei Dimmu Borgir) e Jens (Borknagar) alle chitarre non mostrano mai il fianco a critiche, sia nel riffing, sempre pulito e ben articolato, sia nei soli, dotati di classe e gran gusto. Steinar Gundersen (chitarra negli Spiral Architect), in questa uscita si occupa del basso. Le linee del quattro corde riescono a dare spessore alle composizioni rendendole più ricche e pulsanti. Non mancano i momenti in cui Gundersen si lancia in brevi, ma determinanti, passaggi solisti, che impreziosiscono le musiche.

Nulla da eccepire per quanto concerne il lavoro di produzione ad opera di Børge Finstad, aiutato dallo stesso Hestnæs e da Mickelson (autore, tra le altre cose, della grafica della copertina e del booklet). I suoni dal sapore vintage rappresentano poi quel “qualcosa in più” che conferisce al full-length un fascino tutto particolare.

Emanuele Calderone

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Tracklist:

01 The Blackmobile
02 Odin’s Tree
03 Skoal!
04 Dogsmacked
05 Aces
06 Windward
07 When Shuffled Off
08 Oil In Water
09 Storm Seeker
10 Flaskeskipper
11 The Sub Mariner

Line Up:

I.C.S. Vortex: vocals
Jens F. Ryland: guitars
Cyrus: guitars
Steinar Gundersen: bass
Asgeir Mickelson: drums
 

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