Recensione: Stormriders

Di Alberto Fittarelli - 17 Gennaio 2008 - 0:00
Stormriders
Band: Spectral
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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79

Che l’argomento “vichingo” sia un tema popolare ed estremamente adattabile al metal, e specialmente a quello estremo, è ormai un dato di fatto, assodato da anni di discografie di vario tipo, e soprattutto genere musicale, ma unite tutte dalla volontà di rievocare le vere o presunte gesta dei popoli nordici del Medioevo. In questa lunga, lunghissima lista di band, va detto che è raro vedere scarseggiare la qualità: molto spesso i gruppi possiedono una propria identità ben definita, con caratteristiche e sound ben definiti e di ottimo livello: per la lista, fatevi un giro nella ricca sezione relativa al genere presente su questo portale.

Ma ogni tanto salta fuori qualche “nuovo arrivato”, qualche gruppo che sta ancora tentando di farsi le ossa, e in maniera più o meno inaspettata sforna un disco che, pur andando a ricopiare quasi del tutto fedelmente i grossi nomi, si fa notare per brani coinvolgenti e da non trascurare: è il caso dei tedeschi Spectral, che con Stormriders si presentano tra alti e bassi.
Iniziamo subito parlando dei “bassi”: e lo facciamo citando il primo impatto, quello visivo e concettuale, visto che il booklet e la stessa copertina sono infarciti di cliché del genere, tra drakkar nel mare in tempesta, una riproduzione di un funerale vichingo, testi elementari e nicknames esilaranti; insomma, la materia è ancora da sgrezzare, da liberare da un’ingenuità ancora troppo pesante.

Peccato che poi l’ascolto cambi decisamente la prospettiva. Il sound risente infatti sì di tutta l’ingenuità citata, e soprattutto di un problema di cui il metal estremo tedesco purtroppo non riesce a liberarsi, l’incapacità di dare vita a un suono proprio; ma i pezzi sono di indubbia qualità, e il disco è decisamente godibile nel suo complesso. Gli Spectral decidono infatti di andare sul sicuro, imparando a memoria la discografia completa degli Amon Amarth, veri numi tutelari di questo tipo di scena, anche estetica, e dopo averla metabolizzata a dovere la ripropongono miscelata, unendo gli elementi più aspri e violenti di inizio carriera degli svedesi alle fasi più epiche, cadenzate e ripetitive degli ultimi album.

Così, tra una Stormriders dalla vena melodica affascinante, una Cold Steel & Frozen Blood lenta ed evocativa, una Northern Storms (aridaje con ‘ste tempeste!) che più militaresca non si può, i tedeschi mettono insieme un dischetto che avrebbe fatto storia se non esistessero anni e anni di Amon Amarth prima di loro. Non tutto è oro, e le cadute di stile non mancano: Black Viking Power, tra melodie trite e noiose e concept alla He-Man, è quasi esilarante, solo per fare un esempio; ma il tutto si riscatta con brani come quelli citati, o come la bella, toccante To The Gates Of Valhalla, capace di punte folkeggianti da brivido.

Ora, se siete in grado di reggere, a livello nervoso, una batteria sempre e costantemente cadenzata, a passo di marcia, coglierete in pieno la bellezza di uno zircone in grado di diventare diamante nel giro anche solo di un album: sperando che la band cresca, lasci da parte le smanie di fotocopia e punti sul suo indubbio talento, con tutta la propria forza e convinzione. Ottimo passo intanto, ora aspettiamo il definitivo salto di qualità.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Intro
2. Stormriders
3. Army of Odin
4. Black Viking Power
5. Cold Steel & Frozen Blood
6.Kingdom under fire
7. Northern storms
8. Deathcult
9. To the gates of Valhalla
10. Bang your head

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