Recensione: Strive

Di Gaetano Loffredo - 14 Luglio 2005 - 0:00
Strive
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Anno: 2005
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80

Strive is a Journey… Un viaggio… Un percorso che il musicista ama raccontare descrivendo per filo e per segno le sensazioni, le meraviglie le emozioni ed i luoghi a noi sconosciuti e plasmati dalle sinapsi creative della sua mente sognatrice, un biglietto di sola andata verso posti illibati, incontaminati, perché Strive non è nient’altro che la stampa su silicio della maturazione di uno degli artisti italiani più amati dal sottoscritto: Michele Luppi.

Quanti, come me, l’hanno conosciuto strabuzzando gli occhi durante l’ascolto di Stream of Consciousness dei Vision Divine? Forza, alzate quelle braccia, sono sicuro che almeno la metà delle persone che mi sta leggendo era nella mia condizione…

E’ trascorso non troppo tempo da allora eppure, una ricerca non eccessivamente approfondita, mi ha condotto attraverso “spezzoni” di vita artistica di questo ragazzo classe ’74 ed ho appreso, per esempio che, nel vocabolario della lingua italiana, di fianco alla parola “passione”, possiamo allegare una fotografia che ritragga il suo viso…strano dite? Leggete qua…

C’era una volta, cinque lustri or sono, un ragazzino di nome Michele che, come tanti altri suoi coetanei, cominciò gli studi (di piano in questo caso) in tenera età affascinato dalla musica che più amava e per la quale conobbe il vero significato attraverso la voce che gli apparteneva e che gli appartiene.
Era il 1990 quando le scoperte e gli studi che fece su di essa cominciarono a diventare rilevanti.
1998, il ventiquattrenne dalla folta chioma dorata fece ritorno da Los Angeles, California, graduato al famoso VIT e fu soltanto allora che i sogni cominciarono a prendere forma ed a divenire realtà; non è forse un sogno riuscire a collaborare con Maurizio Solieri (Vasco Rossi), Andrea Braido (Vasco Rossi, Ramazzotti), Glenn Hughes ed Ian Paice?
La formazione continua con gli insegnamenti nelle migliori scuole di musica italiana e con il progetto Mr Pig, deliziosa cover band che, lo consacra grande vocalist e prezioso frontman tricolore ma, che reazione suscita sapere che Michele ha partecipato a due Tour mondiali come tastierista e backing singer di Umberto Tozzi?
2003, Vision Divine ed un ruolo fondamentale: sostituire l’ormai “Star Hollywoodiana” Fabio Lione e contribuire attivamente anche alla composizione ed alla scrittura dell’album che verrà: missione compiuta.
Eccoci infine ai giorni nostri ed a Strive, album che ci consegna un’artista completo: songwriter, produttore, arrangiatore, musicista, tecnico del suono e… ma si certamente… cantante, perché no?

Caliamoci sulla Musica, avete visto correttamente, non è un errore di battitura, la M è rigorosamente maiuscola nonostante stiamo trattando un genere che non ha la benché minima impronta di qualcosa che si avvicini all’estremo, anzi, notate bene, il Melodic Hard Rock/AOR qui presente è quanto di più soffice e sobrio abbia mai potuto apprezzare e potrete stare anni ed anni a cercare tracce di Heavy Metal… come cercare un ago in un pagliaio, si è soliti dire così in queste situazioni non è vero?
Una volta scalato questo picco, ahimè azione faticosa per molti di voi, potrete abbandonarvi nel sogno recondito di Michele che si cela pian piano nel corso della lettura dei testi associando l’estro poetico agli arpeggi armoniosi e sollazzanti: non resta che dedicare la nostra anima e congiungerla con quella dell’artista, proviamo a capire che ne esce…

Si parte con Trust, titolo azzeccato; in poche righe c’è riassunto il messaggio che il tuttofare intende lanciare ai suoi ascoltatori: in un mondo dove è difficile credere in qualcosa (e credere nel mondo stesso) bisogna trovare la forza per alzarsi, aprire gli occhi e vivere giorno per giorno col sorriso sulle labbra, l’amore daltronde, non può esistere senza poter credere l’uno nell’altro… diretto ed efficace, non ha forse ragione?
Messaggio supportato dalla professionalità degli elementi che hanno lavorato sul miglior brano dell’album, a cominciare dalla favolosa operazione di Michael Wolves nella fase di pick sliding & scratching per soffermarci sulle (azzeccate) tastiere di Michele che dimostra di essere uno strumentista poliedrico. E la voce? Tutto pare essere stato scritto ed eseguito in modo da risaltare le indiscutibili qualità vocali, le note registrate su frequenze medio-alte paiono uscire in modo così naturale che bastano gli attimi iniziali per ipnotizzarmi come il famoso e soave canto delle Sirene nell’Odissea, una metafora un po’ forte che trova la consacrazione nella successiva If You Walk Away, universo sonoro ove incontrastata regna la purezza delle liriche confortata dalla dolcezza delle chitarre di Michele Vioni e dalle percussioni di Helder Stefanini.

Fermiamoci un attimino col track-by-track e volgiamo lo sguardo alla produzione di “Strive” che è da menzionare in un paragrafo a parte sotto la voce “Professionalità”. Michele, come potrete leggere nell’intervista, dichiara di aver speso tante di quelle ore sul computer che se gli avessero dato un ora per euro sarebbe miliardario (valuta del vecchio conio ;)), ragazzi, vi assicuro che non ha esagerato: il suono che esce da quel dischetto è tranquillamente paragonabile a quello delle grossissime produzioni riservate alla POPular music, Laura Pausini e Vasco Rossi avvisati…

Dopo la pausa ripremiamo il tasto play: are you ready man? Gotta play some harp in your song e lasciatevi sedurre dall’harmonica di Vic Johnson che ricama atmosfere country in Feel Alive coadiuvato da una Hammond utilizzata da Mirco Camporeale, altro strumentista implementato in seno al “progetto”.
La fluidità delle tracce è un grande pregio di Strive, riuscire a trascorrere una dozzina di minuti tra gli orpelli cadenzati di Tell Me About It,  tra le sgraziate armonizzazioni di Wasting My Time ed il refrain appoggiato sui pregevoli arrangiamenti di Always Remember You fa apparire il tempo come immobile così come il fascino retrò di Stars e quello di Time For Love che ci riportano ai livelli degli Europe di The Final Countdown con la voce che si fa via via più “maschia”. Il carisma che si richiede ai grandi artisti è tutto qui; aggiungete pure una grande propensione nel trasformare la musica in emozioni allo stato brado e… il gioco è fatto.
Journey, Mr Big, Dokken, Van Halen, c’è di tutto qui dentro e non è finita; manca ancora un brano all’appello (due anche se I found a Way to Pay è quello che meno mi ha convinto): sto parlando di The Castle Inside my Head, dolcissimo intermezzo infarcito di dettagli a partire dai testi intimisti e personali dedicati a chi vuol provare ad incontrare le ansie, le gioie, i dolori, le speranze e le aspettative di un sensibile personaggio che prova a metterci tutta la grinta necessaria per riuscire in quello che fa.

Promosso a pieni voti dal sottoscritto nonostante non sia il genere da me prediletto, il disco è un “filetto al pepe verde” da degustare con la massima tranquillità e con la serenità di chi cerca emotività come la gioia di stare al mondo, “Strive” è un arcobaleno di note dipinto da una tavolozza di colori sgargianti, vivi e splendenti più che mai che vi condurranno delicatamente a quello che è il Paradiso del Michele Nazionale. La Musica è qui.

Gaetano “Knightrider” Loffredo

Tracklist:
01Trust
02.If You Walk Away
03.Feel Alive
04.Always Remember You
05.Tell Me About It
06.Wasting My Time
07.Stars
08.The Castle Inside My Head
09.Time For Love
10.I Found A Way To Pay

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80